L’estinzione del Neanderthal europeo è cominciata prima dell’arrivo del Sapiens

Scritto da:
Leonardo Debbia
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Nuove scoperte fatte da un team internazionale di ricercatori mostrano che la maggior parte dei Neanderthal  europei si estinse 50mila anni fa, ancora prima dell’arrivo in Europa dell’Homo sapiens, che avvenne attorno ai 40mila anni fa.

A questo evento sopravvisse soltanto un piccolo gruppo di Neanderthal che avrebbe ricolonizzato l’Europa centrale e occidentale, rimanendo da solo per altri 10mila anni.
Questo nuovo scenario che si apre sull’esistenza e l’evoluzione dei Neanderthal in Europa scaturisce da uno studio su DNA antico pubblicato il 25 febbraio scorso su Molecular Biology and Evolution. Lo studio è il risultato di un progetto internazionale condotto da ricercatori svedesi e spagnoli delle Università di Uppsala, Stoccolma e Madrid.

Ma ripercorriamo le varie fasi che hanno caratterizzato quell’epoca remota.
Circa 200mila anni fa, nel Paleolitico medio, in Europa vennero lentamente a definirsi i caratteri di una nuova specie umana, evolutasi con ogni probabilità da Homo heidelbergensi; si trattava dell’Homo Neanderthalensis.
Il primo fossile fu rinvenuto nel 1856 in Germania, nella valle di Neander (thal= valle, in tedesco moderno “tal”), da cui prese il nome la nuova specie.

H. neardenthalensis (La Ferrassie ca 50mila anni)

I caratteri fisici e in particolare la calotta cranica bassa e larga, di capacità simile a quella dell’uomo attuale (1600 cc contro i nostri 1300-1500), ne permisero l’attribuzione al genere Homo.
Il Neanderthal  visse in climi particolari, nell’arco di tempo compreso tra l’ultimo periodo interglaciale Riss-Wurm (200-125mila anni fa) e la prima parte della glaciazione wurmiana (90-11mila anni fa), all’acme della quale, tra i 25 e i 22mila anni fa, si estinse.
Fin dalla scoperta dei primi resti, ci si chiese quale posizione questa specie occupasse e quale ruolo potesse avere avuto nella scala evolutiva. Il dubbio se i neandertaliani potessero avere incontrato i sapiens, procreato e quindi essere considerati o meno nostri antenati è stato a lungo discusso e ora finalmente dissipato.
Oggi tutti gli studiosi concordano: le due specie si sono incrociate e l’ibridazione è di certo avvenuta, ma soprattutto – e questo è l’importante – l’ibridazione fu fertile, dette origine a prole.
Nel 2001 Damian Lauda, del Dipartimento di Pediatria dell’Università di Montreal, aveva individuato un frammento sconosciuto di DNA del cromosoma X, presente in una percentuale media del 9% in tutti i popoli della Terra, ad eccezione degli africani.
Si sospettava che potesse appartenere al Neanderthal, ma non fu possibile allora fare confronti.
Nel 2010 fu sequenziato il genoma del Neanderthal  e, comparando il DNA di oltre 6.000 esseri umani moderni sparsi in tutti i continenti, si scoprì che il frammento misterioso era proprio quello del Neanderthal. Era una prima conferma genetica dell’avvenuta ibridazione.
Le tracce genetiche presenti negli eurasiatici e nei nativi americani, ma non negli africani, suggeriscono che il contatto tra le due specie sia avvenuto circa 80mila anni fa nel Vicino Oriente, dopo che i sapiens avevano lasciato l’Africa.
A conferma di tutto questo, la rivista  Science ha riportato che una percentuale, sia pure bassissima (1-4%) del genoma degli esseri umani moderni proviene senza dubbio dalla specie Neanderthal.
Sulle basi genetiche, da ulteriori analisi del DNA si è potuto verificare che la varietà delle popolazioni neandertaliane antiche fu grande, analoga alla varietà dell’uomo attuale. Ad una grande variazione genetica corrisponde un gran numero di individui, mentre una bassa variazione significa un numero limitato di individui.
“La quantità di variazione genetica nei Neandertaliani più antichi, sia europei che asiatici, era grande quanto quella degli esseri umani moderni, mentre la variazione fra i Neandertaliani  europei più recenti era inferiore alla popolazione islandese attuale”, dice Anders Gotherstrom, professore associato dell’Università di Uppsala.
Esaminando il DNA dei fossili neandertaliani del Nord della Spagna, i ricercatori hanno osservato che la variazione genetica fra i Neanderthal europei fu estremamente limitata durante gli ultimi 10mila anni prima che i Neanderthal scomparissero.
Cosa è accaduto, allora, di così drastico da ridurre la variabilità e quindi il numero degli individui nel confronto tra Neanderthal antichi e Neanderthal recenti?
I Sapiens, come detto, giunsero in Europa dall’Africa circa 40mila anni fa, quindi per circa 10-12mila anni  le due specie hanno convissuto sul continente europeo.
L’arrivo del Sapiens e la competizione per le medesime risorse potrebbe aver portato il Neanderthal  all’estinzione definitiva. Secondo una simulazione al computer, dopo 1500 generazioni, dato l’elevato numero dei Sapiens, i neandertaliani, già ridotti di numero e sotto la pressione dei Sapiens, si sarebbero avviati verso l’estinzione.
Questa considerazione è valida per la loro scomparsa.
Ma se l’estinzione era iniziata 50mila anni fa, prima dell’arrivo del Sapiens, in un’epoca in cui l’Europa era popolata solo da neandertaliani e sporadici gruppi residui pre-neandertaliani, quale evento determinò questa estinzione?
“Il fatto che i Neanderthal in Europa si siano prima quasi estinti, ma poi siano sopravvissuti ancora per alcune migliaia di anni, e tutto questo sia avvenuto molto tempo prima che entrassero in contatto con esseri uomini moderni è per noi una assoluta sorpresa. Questo indica che i Neanderthal  possano aver sofferto i drammatici cambiamenti climatici dell’ultima Era glaciale molto più di quanto si sia finora ritenuto”, dice Love Dalèn, professore associato del Swedish Museum of Natural History di Stoccolma.
L’ipotesi fatta dallo studioso svedese ci pare la più attendibile.
In effetti, mancando un’altra popolazione che contendesse le fonti alimentari o si ponesse in antagonismo per la conquista del territorio e in considerazione della particolare rigidità del clima (ricordiamo che l’ultima glaciazione, il Wurm, è iniziata attorno ai 90mila anni), si deve ammettere che le fluttuazioni delle temperature possano aver svolto un ruolo determinante per la sopravvivenza di quella specie. Gli individui più deboli inevitabilmente soccombevano, la variazione genetica diventava sempre più piccola e il numero degli esseri viventi diminuiva.
I risultati li avrebbero subìti i discendenti qualche decina di migliaia di anni dopo con la definitiva uscita di scena.

Leonardo Debbia