La seta del ragno utilizzata nella terapia genica

Scritto da:
Maria Grazia Midossi
Durata:
1 minuto

La seta di ragno geneticamente modificata potrebbe aiutare a superare un ostacolo importante per l’utilizzo della terapia genica nella medicina di tutti i giorni, secondo un nuovo studio che ha comunicato il risultato positivo  di test di laboratorio iniziali riguardo a  tale materiale. L’articolo apparirà nella rivista ACS Bioconjugate Chemistry. David Kaplan e colleghi hanno notato che la terapia genica – l’uso di geni utili a prevenire o curare le malattie – richiede delle modalità di trasporto sicure ed efficienti o “vettori”.

I vettori sono la controparte delle pillole e capsule, utilizzati nel trasporto  dei geni terapeutici nelle cellule del corpo. Problemi di sicurezza  riguardano l’uso sperimentale di virus per introdurre i geni. La mancanza di buoni sistemi di trasmissione del  gene è una delle ragioni principali per cui non ci sono terapie geniche approvate dalla FDA, nonostante i quasi 1.500 studi clinici effettuati dal 1989. 

Il nuovo studio si basa su una prospettiva promettente, le proteine ​​della seta, che sono biocompatibili e sono state utilizzate nella medicina di tutti i giorni e nella ricerca medica per decenni. Gli scienziati procedono modificando le proteine ​​della seta di ragno modo che si attacchino alle cellule malate e alle cellule non sane. Essi hanno inoltre progettato la seta di ragno in modo tale da contenere un gene che codifica  la proteina che emette luce in modo da fornire un segnale visivo (visto con attrezzature speciali) nel momento in cui il gene ha raggiunto il suo target. Negli studi di laboratorio, utilizzando topi con cellule umane di cancro al seno, le proteine della seta del ragno ​​hanno attaccato le  cellule tumorali  e hanno iniettato il materiale del DNA nelle cellule senza danneggiare i topi. I risultati suggeriscono che le tecniche di ingegneria genetica delle proteine della seta del ragno​​rappresentano “una nuova piattaforma di polimeri utile e versatile per la trasmissione dei geni non virali,” sottolinea  l’articolo.