Groenlandia, 16° secolo. La scomparsa dei Vichinghi non fu causata dalla fame

Scritto da:
Leonardo Debbia
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1 minuto
Raffigurazione di un drakkar, tipica imbarcazione vichinga (V-Nom, Deviantart).

Circa 500 anni fa, i coloni vichinghi della Groenlandia, i Norreni, scomparvero improvvisamente e misteriosamente da quella terra.

Con il termine di Norreni, Norsemen o Northmen (uomini del Nord) si identificano oggi i Norvegesi, ma un tempo, tra l’VIII e l’XI secolo, con il termine “Norreni” o “Norse” si designavano tutti i popoli scandinavi in genere (danesi, svedesi, islandesi e norvegesi), passati alla storia anche come Vichinghi.

I Norreni erano esperti navigatori e giunsero in Groenlandia nel corso del X secolo. Secondo le saghe nordiche, il primo a giungervi fu Erik il Rosso, che la colonizzò nel 982, dandole anche il nome di “Terra verde”, forse ispirato dalla presenza di vegetazione sulle coste, all’epoca rese più miti dal “periodo caldo medievale”.

La parte occidentale fu la prima ad essere occupata perché più ospitale, grazie alle correnti calde che vi arrivavano e ne mitigavano l’ambiente.

Al primo insediamento (Vestribyggd), costituito di soli 3000 coloni, ne seguirono altri due, uno più orientale (Eystribyggd) ed uno, intermedio, molto piccolo.

I tentativi di sfruttare le risorse agricole, con una tecnologia rudimentale, praticata con poca fortuna sullo scarso e poco fertile suolo, furono alquanto duri e la prima economia fu basata principalmente sul commercio delle pelli di foca e delle ossa di balena.

I primi coloni Norreni praticarono, oltre all’agricoltura, l’allevamento di caprini, ovini, bovini e suini che avevano importato dall’Islanda, ritenendosi soltanto dei contadini, privi di familiarità con la caccia e con l’ambiente estremo di quella terra.

La loro storia, di lì a poco, ebbe un corso diverso.

Ben presto la cattura delle foche divenne necessaria per la loro economia e, contrariamente a quanto ritenuto finora, il consumo della carne di foca divenne fondamentale per la loro sopravvivenza. Lo testimoniano i resti umani rinvenuti recentemente.

Riguardo il loro abbandono della Groenlandia, nel corso del 16° secolo, sono state proposte diverse teorie per spiegarne i motivi: disastri naturali, cambiamenti climatici, scontri con le popolazioni eschimesi, difficoltà di adattamento all’ambiente.

Probabilmente vi fu un concorso di eventi. Ma, di sicuro, i Norreni non morirono di inedia.  Sappiamo che i tre insediamenti sulla costa occidentale vennero abbandonati. Finora la fine di queste colonie era rimasta avvolta nel mistero. Non sapevamo se erano state distrutte dagli Eschimesi, gli “Skraeling”, come venivano chiamati dai coloni norreni, o se erano state lasciate in seguito ai mutamenti climatici, gli eventi naturali che sconvolsero le regioni boreali dal 1200 al 1600, conosciuti anche come “piccola età dei ghiacci”.

Certamente, le comunicazioni con la Norvegia, nel corso di quei secoli, divennero difficoltose a causa della grande quantità di ghiaccio che prese ad ostacolare le rotte delle navi e ben presto i contatti con la madrepatria si fecero sempre più rari finché cessarono del tutto, impedendo ai coloni l’arrivo di merci e approvvigionamenti.

E sicuramente, abbandonati a se stessi, anche i coloni norreni presero a diminuire di numero, fino alla scomparsa.

Si deve considerare inoltre che l’irrigidimento del clima spingeva gli Eschimesi verso Sud all’inseguimento delle foche, la loro principale fonte di sostentamento, e questa pressione migratoria dovette produrre scontri fra le due etnie.

Probabilmente, verso la fine della loro permanenza, i coloni avevano stabilito contatti pacifici  con gli Eschimesi (o Inuit), il cui arrivo dal Canada era cominciato già dal 1200.

Secondo testimonianze letterarie e archeologiche, attorno al 1340 l’insediamento più occidentale si fuse con la popolazione eschimese, abbandonando la religione cristiana.

La stessa sorte, sebbene qualche decennio dopo, nel 1380, toccò all’insediamento intermedio, il più piccolo.

Niente di tutto questo accadde invece per l’insediamento orientale, Eystribyggd, quello più vicino all’Europa, i cui ultimi coloni norreni, nelle ricognizioni archeologiche di varie tombe, sono stati rinvenuti sepolti secondo il rito cristiano, completi dei loro abiti, fino verso i primi anni del 1500.

Non dovettero esserci, comunque, matrimoni “misti”o formazione di nuove famiglie.

E’ infatti da sottolineare che, dal punto di vista antropologico, è esclusa ogni fusione tra le due popolazioni, dacchè negli eschimesi o Inuit moderni non vi è traccia di alcuna somiglianza nei tratti fisici con le stirpi scandinave.

Ora, un team composto da ricercatori danesi e canadesi ha dimostrato che la società dei Norreni non si estinse sicuramente per incapacità di adattamento alla dieta nordica. Insomma, come detto sopra non si estinsero per la fame. L’analisi isotopica delle loro ossa  mostra che si nutrirono di foche, delle quali disponevano in abbondanza.

Archeologi dissotterrano scheletri di coloni “Norse” nel 2010 in una fattoria della Groenlandia (da Sciencedaily)

“Le nostre analisi mostrano che i Norreni della Groenlandia, contrariamente a quanto fin qui ritenuto, si cibavano in gran quantità di alimenti marini e in particolare di foche”, dice Jan Heinemeier, dell’Istituto di Fisica e Astronomia della Aarhus University.

“Anche se i Norreni sono stati tradizionalmente ritenuti agricoltori, in realtà si adattarono rapidamente all’ambiente dell’Artico e all’opportunità di caccia che quell’ambiente offriva” afferma Heinemeier. “Durante il periodo in cui rimasero in Groenlandia, l’alimentazione dei Norreni fu però costituita di un numero sempre crescente di foche. Dal 14° secolo il consumo di queste crebbe gradualmente e salì dal 50 all’ 80% nella costituzione della loro dieta”.

I ricercatori danesi e canadesi hanno studiato 80 scheletri conservati nel Laboratorio di Antropologia biologica dell’Università di Copenhagen per determinare le abitudini alimentari dei Norreni. Ed è dallo studio del rapporto degli isotopi carbonio-13 e carbonio-15 che i ricercatori hanno determinato che la gran parte del nutrimento dei Norreni groenlandici proveniva dal mare e in particolare dalle foche.

Il lavoro sui resti fossili è stato ripartito fra gli studiosi.

Heinemeier  ha misurato i livelli di carbonio negli scheletri; Erle Nelson , della Simon Frazer University di Vancouver, Canada, ha analizzato gli isotopi; e Niels Lynnerup, dell’Università di Copenhagen, ha esaminato gli scheletri.

“Niente suggerisce che la scomparsa dei Norreni sia stato il risultato di una calamità naturale.

Dall’esame degli scheletri e dai segni osservati, si può ragionevolmente dedurre che l’evacuazione non avvenne in tempi brevi ma che i Norreni abbandonarono la Groenlandia in modo graduale. Ad esempio, è stata notata la scarsa presenza di giovani donne nelle tombe verso la fine della colonizzazione norrena. Questo starebbe ad indicare che in particolare erano i giovani a lasciare la Groenlandia e quando il numero delle donne fertili cominciò a diminuire, la popolazione iniziò il proprio declino”, spiega Lynnerup.

I risultati dello studio mettono in dubbio e stravolgono la visione tradizionale e prevalente che i Norreni siano stati contadini dediti ostinatamente all’agricoltura fino a quando non avrebbero perso la battaglia con il duro ambiente della Groenlandia, e danno modo agli archeologi di rivedere quelle teorie.

“I norvegesi ritenevano che i loro antenati fossero stati contadini che coltivavano la terra e badavano gli animali. La prova archeologica dimostra che i coloni di Groenlandia tendevano in realtà ad occuparsi sempre meno di animali, quali capre e pecore. Così l’identità di agricoltori era in realtà più una immagine ideale di se stessi, mantenuta da chi esercitava il potere attraverso l’agricoltura e la proprietà terriera, di quanto lo fosse realmente per la gente comune”, dice Jette Arneborg, archeologo e Curatore del Museo Nazionale di Danimarca.

La caccia alle foche divenne fondamentale per la sopravvivenza dei Norreni quando il clima cominciò a cambiare e divenne difficile sostenersi solo con l’agricoltura.

“I Norreni avrebbero potuto adattarsi, ma non potevano rinunciare alla propria identità”, sostiene Arneborg. “Anche se la loro dieta era divenuta più vicina a quella degli Inuit, la differenza tra i due gruppi era troppo grande perché i Norreni potessero diventare come loro”.

Leonardo Debbia
12 dicembre 2012