Cina: forse frutto di ibridazione i segni patologici su crani umani primitivi

Scritto da:
Leonardo Debbia
Durata:
1 minuto
In basso: Panorama del sito di Xujiayao; in alto: vista interna ed esterna degli 11 pezzi di cranio la cui posizione è evidenziata nel disegno del cranio completo (fonte: Erik Trinkaus/ Washington University di St Louis - WUSTL – Sciencedaily)
In basso: Panorama del sito di Xujiayao; in alto: vista interna ed esterna degli 11 pezzi di cranio la cui posizione è evidenziata nel disegno del cranio completo (fonte: Erik Trinkaus/ Washington University di St Louis – WUSTL – Sciencedaily)

Una nuova ricerca è stata condotta dall’Accademia Cinese delle Scienze in collaborazione con la Washington University di St Louis su alcuni frammenti di un cranio appartenente ad un essere umano primitivo rimasto sepolto per 100mila anni a  Xujiayao, nel Bacino Nihewan del nord della Cina, di probabile attribuzione al tardo Pleistocene.

Il sito era stato scavato in più riprese dal 1976 al 1979 ma solo ora il materiale recuperato è stato opportunamente vagliato ed esaminato, dal momento che nel deposito lacustre in cui giaceva erano contenuti anche altri resti umani di epoche molto posteriori insieme a ossa di animali di vario genere.

Secondo gli studiosi i resti analizzati presentano una deformazione congenita ormai rara, un chiaro esempio che potrebbe far ipotizzare di essere il risultato di un’ibridazione, una consuetudine probabilmente comune tra i nostri antenati.

Il cranio, noto come Xujiayao 11, presenta una perforazione insolita sulla parte superiore della volta cranica – un forame parietale allargato (EPF) o “foro nel cranio” di 10 mm di lunghezza per 10-13 mm di larghezza.

Una perforazione sagittale come questa non era mai stata vista in precedenza su resti fossili umani del Pleistocene.

Tra i fattori che potrebbero aver causato un foro nella volta cranica potrebbero essere presi in considerazione: un trauma, un tumore, la sifilide, la tubercolosi o un forame parietale allargato.   Non ci sono prove che confermino l’esistenza di patologie come quelle descritte, all’infuori dell’ultima, la EPF, acronimo di Enlarged Parietal Foramen.

Anche morfologicamente, la perforazione di Xujiayao 11 corrisponderebbe ad una EPF, in termini di forma, posizione e probabile connessione endocranica vascolare.

Per gli studiosi, la EPF sarebbe coerente con una rara mutazione genetica che negli esseri umani moderni risulta avvenire a danno dei geni ALX4 e MSX2.

Queste mutazioni genetiche specifiche interferiscono con la formazione ossea e prevengono la chiusura di piccoli fori nella parte posteriore della scatola cranica prenatale, un processo che è normalmente completato entro i primi cinque mesi di sviluppo del feto.

In parole povere, le ossa craniche non si sarebbero saldate come avviene normalmente, lasciando, appunto, il “foro nel cranio”.

Negli esseri umani attuali, di questi eventi se ne verificano, statisticamente, uno su 25mila nascite.

Le 11 ossa parietali di Xujiayao. Vista esterna (fonte PlosOne)
Le 11 ossa parietali di Xujiayao. Vista esterna (fonte PlosOne)

Anche se questa anomalia genetica è talvolta associata a deficit cognitivi, l’età adulta di Xujiayao 11 suggerisce che eventuali deficit presenti in questo individuo avrebbero dovuto essere comunque di grado minore.

“La probabilità di trovare una di queste anomalie nel piccolo campione di fossili umani che abbiamo a disposizione è molto bassa” suggerisce il co-autore dello studio Erik Trinkaus, professore di Antropologia in Arti e Scienze presso la Washington University di St Louis.

“La presenza di questa anomalia nell’individuo Xujiayao 11 e altre anomalie negli esseri umani del Pleistocene suggerirebbero pertanto insolite dinamiche delle popolazioni, collegate con tutta probabilità ad elevati livelli di consanguineità ed instabilità delle popolazioni”.

Si prevede quindi che questo rinvenimento possa essere un altro passo in avanti per una migliore comprensione delle dinamiche delle popolazioni e delle culture che si sono susseguite nell’evoluzione umana.

Leonardo Debbia
14 aprile 2013