Il pallet: risparmio e creatività

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Il pallet in ambito lavorativo, scaffali adibiti alla vendita di piante.

In piena “crisi ambientale” le parole sostenibilità e riciclo divengono non solo curiosità ma anche vera e propria forma d’arte. Un esempio pratico lo ritroviamo nei molteplici utilizzi contemplati dal pallet che lo vedono protagonista indiscusso dell’arredamento casalingo, sia interno che esterno.

Perno della logistica e fondamento nei trasporti il legno del pallet si presenta come un utilissimo strumento, molto resistente, riutilizzabile praticamente in qualsiasi ambiente e di facile riutilizzo visto l’enorme quantitativo disponibile a prezzi minimi senonché gratis.

Una vera e propria porta al riciclo creativo dal quale ricavare numerose idee pratiche e divertenti, vediamone alcune:
Il pallet è molto spesso utilizzato nell’ambito del giardinaggio. A partire dalla materia della quale è composto si possono creare piccole aree serrate, vere e proprie rastrellature botaniche, piante e vasellame ligneo, simpatiche strutture di conservazione e sino a vere e proprie serre “dinamiche” da utilizzare per diminuire o aumentandone la luce, raggiungendo semplicemente posizioni più o meno accessibili per altezza o direzione.

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Abitazione realizzata interamente in pallet.

Ma non finisce qui, il pallet diviene anche vera e propria arte decorativa, nuovi utilizzi parlano di pallet come arredamento casalingo. Cucine e saloni realizzate in puro pallet ma anche manodopera e vere e proprie costruzioni d’arredamento. In foto una piccola area casalinga realizzata interamente in pallet.

E se proprio non vogliamo capacitarci della comodità, il nord sembra costruire un vero e proprio business dove con il pallet costruiscono vere e proprie abitazioni, fresche ed impermeabili, una comodità 100% sostenibile e del tutto riciclata.

Senza tuttavia il bisogno di esagerare, il pallet può diventare vero e proprio strumento di guadagno, di lavoro e, soprattutto, di risparmio. Un modo per ridurre gli elevati costi determinati dalla crisi e valorizzare il proprio ingegno in nome della sostenibilità.

Valerio Tedeschi
16 dicembre 2012

Breve guida agli strumenti odontoiatrici

Spesso i pazienti che si devono sottoporre a cure odontoiatriche sono poco informati sulla strumentazione utilizzata dai dentisti. Nomi quali turbine, contrangoli e manipoli possono spaventare i pazienti, in particolare i bambini che sentono il dentista e le assistenti parlare ai genitori, ma non sono altro che i termini tecnici di tutti quegli attrezzi usati negli studi dentistici .

Ecco un breve vademecum:

Gli strumenti odontoiatrici, in base al contesto assistenziale, si dividono in: prima vista, endodonzia e pedodonzia, paradontologia, protesi e implantologia, chirurgia estrattiva e ortodonzia.
Una seconda divisione può essere fatta in base al criterio di criticità, ovvero al loro uso. Possiamo quindi trovare diversi strumenti odontoiatrici dal dentista : distinguiamo quelli monouso, che dopo il loro utilizzo vengono gettati come rifiuti inetti – come gli aghi, i bicchieri di plastica, gli aspirasaliva e i guanti – e quelli invece riutilizzabili, che dopo l’uso vengono sterilizzati e usati nuovamente – come gli specilli, gli specchietti e le sonde paradontali.
La sterilizzazione è fondamentale e non può assolutamente essere trascurata, altrimenti può provocare un’infezione crociata, che si verifica quando un batterio presente nella bocca di un paziente finisce nella bocca di un altro in seguito a contaminazione di uno strumento che non è stato pulito attentamente.
Quest’operazione viene effettuata attraverso 4 fasi, che avvengono nella cosiddetta “sala di sterilizzazione”, ovvero un ambiente dotato di strumentazione adeguata, a cui ha accesso solo il personale dello studio. La prima, la decontaminazione, consiste nell’immersione degli strumenti usati in un disinfettante; la seconda, la detersione, vede il lavaggio a mano o a macchina degli strumenti; la terza, il confezionamento, vede l’inserimento degli strumenti in buste sterilizzate e sigillate; la quarta, infine, è la sterilizzazione vera e propria, che vede inserire questi sacchetti in una macchina detta “autoclave”.
Se nello studio dentistico in cui ci si affida per le cure non vengono prese tutte queste misure cautelari, è meglio rivolgersi ad un altro odontoiatra, in modo da essere più sicuri riguardo alla condizioni di igiene e, di conseguenza di salute.

All´interno del nostro sito potete approfondire l´argomento, per avere maggiori informazioni sugli strumenti odontoiatrici piú tecnologici.

Valerio Tedeschi
10 dicembre 2012 

Cannabis: il dibattito prosegue

Il dibattito intorno alla cannabis coinvolge diverse sfere del sapere: l’ambito prettamente scientifico, quello medico, e naturalmente anche quello legislativo e quello politico-sociale. Da questo si deduce facilmente la complessità dell’argomento e, in secondo luogo, anche la necessità di una sistematizzazione delle conoscenze e delle prospettive.

Spesso l’argomento cannabis sale all’attenzione della cronaca per casi di arresti e perquisizioni, sequestri di coltivazioni o ancora per la detenzione di semi femminizzati – la femminizzazione è una delle caratteristiche dei semi di canapa che permette di ottenere una maggiore produttività – ma è doveroso sottolineare anche le valide caratteristiche chimiche che permettono un felice impiego della marijuana nella terapia medica del dolore; numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato inoltre la sua efficacia contro tumore, cancro, AIDS, sclerosi multipla, glaucoma ed epilessia.

Nello specifico della situazione internazionale, in molti Paesi occidentali (Stati Uniti d’America,  Gran Bretagna, Germania, Olanda, Canada, Spagna ed Israele) alcuni derivati sintetici della cannabis, come il dronabidol e il nabilone, sono inseriti nel prontuario farmaceutico e sono meglio noti al pubblico con i nomi commerciali di Marinol© e Bedrocan©, e vengono entrambi utilizzati per il trattamento della nausea e del vomito, anche nelle chemioterapie.

In totale sono una sessantina i principi attivi e i principali sono il THC (tetraidrocannabinolo o delta-9- Tetraidrocannabinolo) ed il CBD (cannabidiolo). Il primo è rintracciabile in tutti i vari ceppi di cannabis (fino al 10%), ma soprattutto in olii e resine (anche fino al 60%). E’ utilizzato come psicostimolante; il CBD, al contrario, è impiegato come calmante o come antinfiammatorio. I cannabinoidi sono, in sostanza, dei terpenoidi, come l’eucaliptolo o il mentolo, poco solubili in acqua a causa della loro non polarità.

Sotto il profilo politico-legislativo, mentre recentemente il popolo americano è stato chiamato alle urne per un referendum sulla legalizzazione della marijuana (negli stati di Washington, del Massachusets e del Colorado i votanti hanno scelto per la legalizzazione della marijuana per uso generale), la situazione è ben diversa in Italia, ove il rigido orientamento legislativo sugli stupefacenti determina il divieto di coltivazione. Qualche novità si è avuta in Toscana, Puglia e Veneto, dove una legge regionale ha proposto l’uso terapeutico della marijuana, e in Friuli Venezia Giulia, dove un’altra interessante proposta regionale prevede la stipula di una convenzione fra la Regione e uno stabilimento autorizzato alla produzione di principi attivi stupefacenti a fini esclusivamente terapeutici.

In questo periodo si sta sviluppando oggettivamente un grosso mercato, e, ad oggi, la cannabis è reperibile legalmente negli smartshop online che vendono principalmente semi, erbe dalle varie proprietà, estratti e diverse tipologie di spore di funghi.

Appare evidente come non sia più possibile girare la testa dall’altra parte e rimandare passivamente lo svolgimento nelle sedi competenti di una seria discussione su questa tematica, che nel merito riguarda ad esempio i possibili utilizzi in ambito medico-terapeutico della cannabis, ma più in generale concerne un’ottica diversa con cui affrontare determinate problematiche, ovvero con un approccio più scientifico, oggettivo e razionale, e magari meno oscurantista e proibizionista.

Valerio Tedeschi
27 novembre 2012 

Colesterolo buono da pomodori geneticamente modicati

Pomodori

Lo afferma un nuovo studio statunitense svoltosi a Los Angeles, dove i ricercato dell’Università della California hanno realizzato un pomodoro geneticamente modificato il quale, durante la maturazione, produce una proteina specifica avente le stesse funzioni del cosiddetto “colesterolo buono”(HDL).

Nel corso dell’American Heart Association’s Scientific Sessions 2012 una delle menti a capo dello studio, Alan Fogelman, ha rimarcato quanto, mediante l’alimentazione, le piante siano in grado di incrementare la componente proteica di colesterolo buono .

Durante lo studio i pomodori sono stati indotti nella produzione un peptide di nome 6F la cui capacità è quella di ricreare l’azione dell’ ApoA-1, l’appunto proteina tipica del colesterolo buono. In seguito al processo di liofilizzazione i ricercatori hanno aggiunto questi pomodori geneticamente modificati ad un preciso mangime per topi realizzato sulle basi della tipica dieta occidentale ricca quindi in proteine e grassi.

Tutti i topi che avevano assunto il mangime arricchito con i pomodori GM dimostravano livelli di HDL con rispettiva azione degli enzimi antiossidanti ad esso associati più alti rispetto a quelli che seguivano la dieta non arricchita con i pomodori.

Infine tutti coloro i quali seguivano la dieta a base del pomodoro geneticamente modificato dimostravano bassi livelli di molecole che accelerano la formazione di placche arteriosclerotiche ed un numero nettamente inferiore di placche.

Alan Fogelman, a capo dello studio, ha poi dichiarato: “Stando alle attuali ricerche si tratta del primo farmaco avente proprietà di questo tipo che indotto direttamente all’interno di una vegetale commestibile e biologicamente attivo. Risulta inoltre mantenere tutte le proprietà senza il bisogno di esser isolato, separato o purificato”.

Valerio Tedeschi
7 novembre 2012