Osservata la rapida rotazione del pianeta extrasolare β Pictoris b

Gli scienziati del Leiden Observatory in Olanda hanno misurato direttamente, per la prima volta, la velocità di rotazione di un pianeta extrasolare attorno al proprio asse. Questo sembrerebbe confermarne il legame con la massa del pianeta, già valido e ben noto per i pianeti del nostro sistema solare, a cui fanno eccezione solo Venere e Mercurio anche a causa della loro vicinanza al Sole e i conseguenti problemi di marea che tendono a rallentare la velocità di rotazione.

Illustration 1: Immagine all'infrarosso di β Pictoris b raccolta nel 2003, 2009 e 2010. L'immagine della stella ospite (nel centro) è stata rimossa per maggior chiarezza di lettura, mentre le macchie scure sono solo effetti ottici. Dalle osservazioni ottiche è impossibile vedere in quale immagine il pianeta stia o meno ruotando verso di noi, solo le analisi spettroscopiche hanno permesso di chiarirlo
Illustration 1: Immagine all’infrarosso di β Pictoris b raccolta nel 2003, 2009 e 2010. L’immagine della stella ospite (nel centro) è stata rimossa per maggior chiarezza di lettura, mentre le macchie scure sono solo effetti ottici. Dalle osservazioni ottiche è impossibile vedere in quale immagine il pianeta stia o meno ruotando verso di noi, solo le analisi spettroscopiche hanno permesso di chiarirlo.

I problemi e l’importanza di una misura diretta
La misura diretta della velocità di rotazione di un pianeta non è cosa semplice: tanto per cominciare i pianeti sono molto meno luminosi delle stelle, pertanto la loro osservazione a grandi distanze è molto difficile, poi la loro vicinanza con le stelle attorno a cui orbitano li mette in ombra ai tradizionali telescopi. Il pianeta extrasolare β Pictoris b è un gigante gassoso massiccio e giovane, e questo lo rende più caldo e luminoso (10 volte più di Giove), inoltre la distanza dalla sua stella (due volte la distanza Giove-Sole) unitamente alla sua piccola distanza dalla Terra (appena 65 anni luce) contribuiscono a rendere β Pictoris b un candidato ideale all’osservazione diretta.

β Pictoris b è stato osservato anche grazie a tecniche spettroscopiche, che permettono di analizzare il tipo di luce che giunge da una sorgente e pertanto di classificarla. Nel caso specifico Ignas Snellen e altri hanno determinato chiaramente una “firma spettrale” diβ Pictoris b, che presenta un assorbimento di lunghezze d’onda tipiche del monossido di carbonio, non presente nella vicina stella. Tali lunghezze d’onda risultano spostate e allargate per effetto Doppler a causa della velocità di rotazione attorno alla sua stella e attorno al suo asse rispettivamente; la valutazione dell’allargamento delle righe spettrali ha permesso di valutare la velocità di rotazione attorno all’asse, mentre lo spostamento delle righe ha permesso di valutare il periodo di rotazione attorno alla stella.

Conclusioni
La velocità del pianeta risulta essere almeno 25 kilometri al secondo, 50 volte più veloce di quella della Terra e il doppio di Giove, rendendo la durata del giorno di β Pictoris b di sole 8 ore, considerando il suo diametro. Questi numeri, apparentemente molto grandi, non devono però sorprendere: gli scienziati del Leiden Observatory hanno infatti graficato la velocità di rotazione in funzione della massa del pianeta mostrando che il dato sperimentale è del tutto in accordo con la legge di proporzionalità che già valida per i pianeti del nostro sistema solare.

La correlazione tra massa e velocità di rotazione attorno al proprio asse potrebbe non essere propria del nostro sistema solare, ma una legge molto più generale che apre nuovi scenari sulle teorie di formazione dei pianeti.

Anche se il caso specifico di β Pictoris b suggerisce di essere cauti a causa della sua grande massa che per certi fattori la accomuna più ad alcune stelle che non ai pianeti, è sorprendente vedere come, se venisse confermata, questa legge influenzerebbe egualmente pianeti gassosi e pianeti rocciosi, grandi e piccoli, solari e extrasolari, e tutt’ora non c’è una vera e propria teoria che spieghi questa correlazione. Lo studio degli scienziati del Leiden Observatory apre la via per altre pubblicazioni di questo tipo, ed è solo una questione di tempo prima che altri pianeti siano osservati per confermare o smentire quella che sembra essere una legge dalle origini ancora sconosciute ma valida in tutto l’universo.

Stefano Silvestri
26 maggio 2014