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Ricerca medica e formazione, ecco gli incontri del 2016

“Per debellare le malattie ci vogliono cose in grado di aiutare o, al massimo, non nuocere”: così diceva Ippocrate più di due millenni fa, quando la medicina era agli albori e le tecniche di cura ancora da perfezionare. Oggi, nel ventunesimo secolo, Ippocrate è parte della storia ma le sue conclusioni hanno alimentato e alimentano il processo evolutivo della medicina e della ricerca, consentendo ai professionisti di perfezionare le proprie tecniche d’intervento così da rimanere costantemente aggiornati e interconnessi, creando una rete che si autosostiene e si evolve col passare del tempo.

Proprio per questa ragione si registra un incremento sensibile nel numero d’incontri e congressi tra medici e specialisti, che attraverso il confronto diretto e la condivisione dei risultati del proprio lavoro, hanno come finalità lo scambio d’informazioni utili ad offrire ai loro pazienti i più innovativi metodi di cura. L’attività di ricerca medica non conosce sosta – complice il continuo rinnovarsi delle tecnologie – e questo comporta la necessità di pianificare con estrema oculatezza anche i meeting tra professionisti, in modo che gli eventi non si sovrappongano e consentano all’interessato di prendere parte a un dato evento che sovente si svolge a migliaia di chilometri di distanza da casa.

congressi

Per quanto riguarda il 2016, il calendario dei congressi è ricco e già stabilito da tempo; a giugno (dall’1 al 3) si svolgerà la rassegna della Federazione Europea delle Associazioni Nazionali di Ortopedia e Traumatologia, seguita (dal 3 al 7) dall’incontro organizzato dalla Società Americana dell’oncologia clinica. Dall’8 all’11 s’incontreranno invece gli specialisti di reumatologia per il loro congresso annuale, seguirà il meeting degli ematologi (dal 9 al 12) e quello per i medici che si occupano della cura del diabete (dal 10 al 14).  Ad agosto (dal 27 al 31) sarà la volta dei cardiologi e degli esperti del sistema circolatorio mentre il 3 settembre si confronteranno gli esperti delle patologie respiratorie. La fine dell’estate coinciderà inoltre con incontri inerenti la salute della vista (dall’8 all’11 e dal 10 al 14 settembre) e per la sclerosi multipla (dal 14 al  17 settembre), seguiti dalla ressegna della società neurologica tedesca (dal 21 al 24) e dall’incontro organizzato dalla società europea di medicina oncologica (dal 7 all’11 ottobre). Concluderanno il 2016 i meeting dell’Associazione americana sul cuore (dal 12 al 16 novembre) e della società americana di ematologia (dal 2 al 6 dicembre).

Le società e le associazioni che promuovono gli incontri formativi di livello internazionale riescono a rendere il ciclo di appuntamenti altamente fruibile non soltanto per i contenuti proposti e discussi ma anche per l’aspetto organizzativo, che garantisce l’efficienza necessaria allo svolgimento delle manifestazioni in programma. A questo proposito ci sono compagnie che si occupano della parte organizzativa, come  la MICE maker, in grado di fornire servizi completi (dalla location alla sistemazione in albergo) con standard elevati a tutte quelle realtà medie e/o strutturate che vogliono realizzare le proprie conventions e incontri nella massima serenità, consentendo alle associazioni di avere  maggior tempo a disposizione per la parte che riguarda la presentazione del programma e i suoi contenuti.

di Redazione

II Simposio Materno-Infantil Holistico

É giunto al termine il II Simposio Materno-Infantil svoltosi nella cittá di Cartagena de Indias, un congresso che per tutto il suo tempo ha cercato di lasciare una traccia molto pratica ed effettiva. Si é parlato di Ginecologia e di Pediatria, di come, quando e di che cosa fare: di quali sono gli obiettivi che dobiamo inseguire e come metterli in atto.

Si é caratterizzato per la concretezza: primaria nella vita di un medico, fondamentale nell’area della medicina generale ed offrendo cosí un bagaglio ed una traccia d’utilitá pratica nella quotidianitá del medico”.

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Perché come medici tendiamo a sbagliare e ripetere questi errori? Ed ecco che, accompagnati da guide OMS e ministeriali, si é diventati partecipi di come e quando agire per garantire una vera attenzione al paziente.

L’enfasi, in questa seconda edizione, é sicuramente andata alla parte dell’infettivologia, la prevenzione materno-infantile e i piani d’azione – per conto di un comitato d’esperti – nell’HIV e nel Chikungunya. Si é affrontato il tema vaccini con il fine di rafforzare i dubbi con studi alla mano e rispettivi link per mantenersi aggiornati.

Non é stata da meno l’attenzione all’alimentazione nella gestante e nel nascituro perché non bisogna mai smettere di ripetere che l’allattamento é una prioritá ed un privilegio con cui ogni neonato ha il diritto di contare fino ai 6 mesi, in forma esclusiva, e successivamente fino a due o piú anni. E poi l’esaustiva nota su cosa sono gli interferenti endocrini ed in che modo, invadendo le nostre abitazioni rappresentano un fattore di rischio notevole per cui puó valere oro una ricerca su google.

Una conclusione maestosa é stata data sulla morbimortalitá materna e ció che puó rappresentare: come dobbiamo agire? Cosa serve?

II-simposio
Alcuni degli organizzatori e relatori del congresso

Ogni azione, nel suo piccolo, influenza radicalmente l’esito di una gravidanza e lo sviluppo di un neonato. L’attenzione primaria in medicina, cosí come le strategie preventive in ogni ambito garantiscono il successo per la lottá alla mortalitá materno-infantile. Essere protagonisti di pochi passi, concreti, puó salvare vite e l’interesse che tutta la comunitá scientifica deve essere assoluto e primario in ogni obiettivo di salute pubblica.Questi piani e progetti sono e devono essere accompagnati da un pilastro fondamentale: la partecipazione da parte delle famiglie e l’interesse nel tutelare, proteggere e promuovere la buona salute delle generazioni future. Occorre quindi armarsi di pazienza, interesse e voglia di imparare perché dietro ogni camice deve nascondersi una risorsa dalla quale esigere e pretendere l’insegnamento delle migliori procedure per ottenere successo come padri.

Un congresso che, giunto appena alla sua seconda edizione, ha dimostrato grinta, coraggio e un buon ventaglio – per varietá e qualitá – nei temi e che, sicuramente, vale partecipazioni future. Il meccanismo molto pratico, che lo ha caratterizzato, ha permesso di stabilire dei veri e propri piani, da attuare ora su ora nell’ambiente ospedaliero, per valorizzare il bene piú prezioso: la vita.

Alexander Travisi

 

Come sono mappate le emozioni nel corpo

I ricercatori hanno scoperto che le emozioni più comuni innescano forti sensazioni fisiche, e le mappe corporee di queste sensazioni sono topograficamente diverse per ogni tipo di emozione provata.

Emozioni e sensazioni corporee ecco
Emozioni e sensazioni corporee

I modelli di sensazione, tuttavia, sono simili su campioni provenienti da diverse culture dell’Europa occidentale e Orientale, mettendo in evidenza il fatto che le emozioni e i loro modelli corrispondenti, basati sulla stessa sensazione corporea, hanno una base biologica.

Le emozioni non regolano solo la nostra mente ma anche il nostro stato corporeo: in questo modo l’emozione ci prepara a reagire rapidamente a pericoli o opportunità, e la consapevolezza dei cambiamenti corporei, corrispondenti ad una data emozione, dà luogo a sensazioni emotive coscienti, spiega Lauri Nummenmaa dell’Aalto University.

I risultati hanno importanti implicazioni da un lato per comprendere al meglio le funzioni delle emozioni e della loro base fisica, mentre dall’altro si possono comprendere i diversi disturbi emotivi e fornire nuovi strumenti di diagnosi.

La ricerca, effettuata online, ha coinvolto più di settecento persone provenienti da Finlandia, Svezia e Taiwan che hanno preso parte allo studio. Il test si è basato sull’induzione da parte dei ricercatori di diversi stati emotivi; successivamente, ai partecipanti sono state mostrate immagini del corpo umano riprodotte di un computer, e chiesto loro di colorare le regioni del corpo che sentivano interessate mentre provavano una data sensazione.
Sono così nate delle vere e proprie mappe che indicano quali parti del corpo sono coinvolte nella sensazione di felicità, rabbia, paura, tristezza, sorpresa, ansia, amore, depressione e così via.

Questo studio è stato finanziato dal Consiglio europeo della Ricerca, dall’Accademia della Finlandia e dall’Università di Aalto.

Redazione
26 gennaio 2014

Nuove scoperte archeologiche confermano il periodo in cui visse Buddha

Gli archeologi Robin Coningham (a sinistra) e Kosh Prasad Acharya scavi diretti ai Maya Devi Temple, scoprendo una serie di antichi templi contemporanee con il Buddha. Monaci thailandesi meditare. (Credit: Ira Block / National Geographic)
Gli archeologi Robin Coningham (a sinistra) e Kosh Prasad Acharya dirigono gli scavi al Maya Devi Temple, scoprendo una serie di antichi templi del periodo di Buddha. Alle loro spalle un gruppo di monaci tailandesi medita sul luogo. (Di: Ira Block / National Geographic)

Un gruppo di archeologi in Nepal ha scoperto le prove di una struttura risalente al VI secolo a.C. nel luogo di nascita di Buddha.
Si tratta del primo materiale archeologico che collega la vita del Buddha, e quindi la prima fioritura del buddismo, ad un secolo specifico.

Da scavi effettuati all’interno del sacro tempio di Maya Devi a Lumbini, sito patrimonio mondiale dell’UNESCO a lungo identificato come il luogo di nascita del Buddha in Nepal, sono stati portati alla luce i resti di una struttura in legno posta sotto una serie di tempi in mattoni che fino ad oggi era sconosciuta e ritenuta risalente al VI secolo a.C.

Si tratta della prima prova archeologica di strutture buddiste a Lumbini ed è datata non prima del terzo secolo a.C., ovvero durante il dominio dell’imperatore Asoka, colui che ha promosso la diffusione del buddismo come ci è arrivato oggi.
Robin Coningham, archeologo dell’Università di Durham nel Regno Unito, ha affermato che sulla vita del Buddha si sa davvero molto poco e le uniche informazioni che abbiamo sono giunte fino a noi attraverso fonti testuali e tradizione orale, ma alcuni studiosi hanno sostenuto a lungo che Buddha nacque nel III secolo a.C.
E dunque, per trovare prove concrete sulla vita del Buddha perché non tornare all’archeologia e cercare di rispondere ad alcuni grandi quesiti sulla sua nascita?
Oggi, per la prima volta, abbiamo una sequenza archeologica a Lumbini che mostra un edificio presente già a partire dal VI secolo a.C.

Grazie alla scoperta del team capeggiato da Coningham si può ora comprendere maggiormente lo sviluppo iniziale del buddismo, così come l’importanza spirituale di un sito religioso come Lumbini.
Per determinare il periodo a cui risale il santuario di legno e della relativa struttura in mattoni al di sopra di esso, sono stati testati frammenti di carbone e granelli di sabbia utilizzando una combinazione di radiocarbonio e varie tecniche di luminescenza.
È probabile che anticamente il quel preciso luogo vi fosse un santuario in legno, rimpiazzato successivamente da templi costruiti in mattone, proprio nel posto in cui la tradizione vuole che Maya Devi, madre del Buddha, abbia partorito suo figlio tenendosi al ramo di un albero che si trovava esattamente in quel posto.

Redazione
26 dicembre 2013

Una dieta ricca di grassi durante la pubertà predispone verso lo sviluppo del cancro al seno

Heart framing on woman chest with pink badge to support breast c

Nuovi risultati indicano che una dieta ricca di grassi nella fase della pubertà aumenta le possibilità di sviluppare il cancro al seno.

Lo studio proviene dalla ricerca sul cancro alla mammella del Programma di Ricerca sull’Ambiente presso la Michigan State University ed è stato pubblicato nella Breast Cancer Research.
Utilizzando un modello preclinico, i risultati indicano che prima che compaiano eventuali tumori ci sono cambiamenti nel seno che includono l’aumento della crescita cellulare e un’alterazione nelle cellule immunitarie. Questi stessi cambiamenti persistono in età adulta e possono portare ad un rapido sviluppo di lesioni precancerose e, infine, al cancro al seno.

Oltre allo sviluppo accelerato del cancro al seno, questo tipo di dieta produce una firma genetica che indica come il seno possa esserne influenzato.

I tumori di questo tipo sono i più aggressivi e in genere si verificano nelle donne più giovani; ecco perché il lavoro degli scienziati, che studiano per combattere la malattia, è così importante.

Richard Schwartz, professore in microbiologia e decano associato presso la Facoltà di Scienze Naturali, ha affermato che è importante notare come nel modello sperimentale gli individui non hanno presentato nessun aumento di peso durante la dieta ricca di grassi, e di come invece un segmento molto più ampio della popolazione dovrebbe prestare attenzione ai segnali del proprio corpo, ovvero chi è in sovrappeso.
Dunque il responsabile dello sviluppo del cancro al seno è proprio il grasso stesso.

Questa prima prova indica che il grasso potrebbe potenzialmente avere effetti permanenti, anche se crescendo si seguirà poi una dieta a basso contenuto di grassi.
Bisogna sicuramente eseguire ulteriori test a riguardo e non è certo che gli esseri umani reagiscano al grasso allo stesso modo dei topi utilizzati per l’esperimento.

In linea generale, comunque, evitare un eccesso di grassi nella fase della pubertà aiuta a ridurre il rischio di sviluppare un cancro al seno negli anni a venire.

Redazione
16 dicembre 2013

Heart Exhibition: intervista al Dr. Gabriele Palozzi

Gabriele Palozzi è al terzo anno di Dottorato in Management, indirizzo Public Management e Governance, presso il Dipartimento Studi di Impresa, Governo e Filosofia, Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Si occupa essenzialmente dell’analisi dei costi dell’utilizzo in sanità di nuove tecnologie; i suoi studi concernono sia l’Health Care Management, ossia le diverse alternative possibili di gestione dell’erogazione di prestazioni sanitarie, sia l’Health Technology Assessment, ovvero la valutazione economica dell’utilizzo in Sanità di nuove tecnologie; legando entrambe all’analisi dei costi e all’accounting. 

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Buonasera Dr. Palozzi, 

abbiamo seguito il suo interessantissimo intervento in occasione dell’ACE – Heart Exibition e volevamo sottoporle alcune domande poiché  è raro e molto stimolante poter incontrare un economista come relatore in un importante congresso medico:

Quando si parla di medicina con un pubblico “laico” risulta, almeno di solito, molto complicato spiegare l’importanza della statistica e dell’economia ad essa collegata. Lei, da Economista, vive appieno questa situazione di collegamento e “simbiosi” che intercorre tra le materie. Potrebbe accennarci la sua visione e spiegare ai nostri lettori in che modo svolge le sue ricerche e con quali obiettivi?

Il presupposto fondamentale è il seguente: quando si parla di sanità e di assistenza sanitaria bisogna tener conto di molti fattori e aspetti, tra cui, il più importante, è il benessere del paziente. Dobbiamo quindi metterci nella prospettiva secondo cui se una prestazione assistenziale è di tipo essenziale deve essere erogata obbligatoriamente, indipendentemente dal fatto che crei disavanzo per il Servizio Sanitario ovvero una perdita o guadagno per il soggetto erogante (l’ospedale). Ai fini del contenimento dei costi, quindi, è necessario lavorare sul processo produttivo dell’assistenza sanitaria, e in questo l’economia, con la statistica a suo suffragio, può essere molto utile per andare ad analizzare, anche dal punto di vita dell’analisi dei costi, se la prestazione sanitaria oggetto di valutazione possa essere erogata in modalità alternative, che determinino a parità di risultati clinici un miglioramento delle condizioni economiche. I due aspetti, (sanitario ed economico), quindi, sono molto legati tra loro. Nell’Health Technology Assessment, ovvero nella valutazione economica dell’utilizzo in Sanità di nuove tecnologie, vengono presi in considerazione i tre soggetti coinvolti nell’assistenza sanitaria: i pazienti che ne subiscono gli effetti, lo Stato che paga la prestazione sanitaria, e gli ospedali che erogano la prestazione assistenziale. Ecco dunque questo filo invisibile ma molto forte che lega l’economia, anche fondata sull’analisi dei costi, con l’erogazione della prestazione e dell’assistenza sanitaria.

Dalle diverse documentazioni da Lei presentate abbiamo visto che ha dedicato molta attenzione alla telemedicina a livello ospedaliero, in particolare per quanto riguarda l’area cardiologica. Dal suo punto di vista potrebbe dirci cos’è la telemedicina? E che impatto potrebbe avere nel sistema sanitario nazionale?

Per telemedicina, in generale, intendiamo tutti quegli apparati tecnologici in grado di monitorare a distanza alcuni parametri vitali dei pazienti. L’applicazione in cardiologia si spiega facilmente: le malattie cardiologiche colpiscono un’ampia porzione della popolazione e in particolare la maggior parte costi sanitari ad esse legate riguardano la monitorizzazione e l’osservazione del paziente cardiopatico, il quale in caso di ricovero, è solitamente costretto a degenze molto lunghe. La telemedicina, a tal proposito, può essere un supporto molto efficace. È dimostrato, infatti, che essa possa sostituire proficuamente la medicina tradizionale per quanto riguarda il controllo del paziente, soprattutto nel periodo post-dimissione; e questo permette di diminuire notevolmente la degenza ospedaliera. Per il Sistema Sanitario Nazionale, l’acquisto in telecardiologia, significherebbe tagliare moltissimo i costi per assistenza sanitaria diretta, quei costi, cioè, legati al fabbisogno del paziente di essere visitato e tenuto sotto controllo per un determinato periodo. Attraverso la telemedicina, infatti, il paziente può essere monitorato da casa h24, fornendo al presidio ospedaliero tutte le informazioni cliniche necessarie in tempo reale.

L’integrazione della telemedicina in ambito ospedaliero sembra poter portare dei vantaggi concreti sia per i medici che per i pazienti, semplificando una serie di procedure burocratiche. Può darci dei numeri e farci degli esempi concreti sui possibili scenari che potrebbero aprirsi con lo sviluppo di queste nuove procedure?

Il punto focale, come detto, è la monitorizzazione del paziente. La telemedicina mette in condizione la struttura medica di svolgere la propria attività in maniera remota. Avere in telemedicina alcuni parametri vitali, cardiaci ed aritmologici di un paziente è davvero molto semplice e l’informazione può essere cruciale per il benessere del malato. Con l’ausilio del Policlino Casilino e del Professor Leonardo Calò a cui rivolgo i miei più sentiti ringraziamenti, abbiamo effettuato uno studio su 40 pazienti affetti da scompenso cardiaco impiantati con ICD (Implantable Cardioverter Defibrillator) con controllo a distanza; abbiamo verificato, dopo un lungo periodo di indagine (oltre 12 mesi) come l’utilizzo della telemedicina abbia permesso la diminuzione drastica del periodo di degenza ospedaliera dei pazienti. Soprattutto, essa ha ridotto del 90% la recidiva di scompenso. Spieghiamoci meglio: un paziente scompensato, ha mediamente un tasso di ri-ospedalizzazione poco inferiore al 50%; un soggetto malato su due, quindi, mediamente viene ricoverato in ospdeale due volte l’anno: attraverso la telemedicina è possibile evitare tali ri-ospedalizzazioni, potendo gestire il paziente già dal momento in cui avverte i sintomi del malessere e prima che il suo quadro clinico richieda un nuovo ricovero. Economicamente è evidente come ciò porti ad una drastica diminuzione dei costi nella cura e nell’assistenza del paziente, il quale anche a livello clinico ha dei notevoli miglioramenti in termini di qualità del servizio. In un altro studio, abbiamo verificato come la telemedicina possa supportare il paziente ai fini di evitare costi sociali. Ci siamo chiesti quanto costasse ad un soggetto recarsi a una visita di controllo ambulatoriale; analizzando un campione significativo di oltre 200 soggetti, tra reddito perso, proprio e dell’accompagnatore, costo del trasporto e costi collaterali, la spesa stimata si aggira intorno ai 60 euro per visita. Prendendo in esame, ad esempio, un protocollo di controllo pacemaker di 4 visite annuali, attraverso la telemedicina, un paziente può recarsi in ospedale una sola volta l’anno, facendo tre controlli a distanza. Questo è un risparmio sociale importante: in termini macroeconomici e di ricchezza sociale, questo è un costo estremamente rilevante che va considerato nelle scelte di politica economico-sanitaria.

La telemedicina da quanto emerge dalle sue analisi porta una serie di benefici a livello trasversale. Quale è secondo Lei l’ostacolo più grande che deve affrontare per avere una maggiore diffusione e quale potrebbe essere una possibile soluzione?

In estrema sintesi, allo stato attuale abbiamo due tipologie di problemi. Il primo è connesso alla professione medica. I comitati etici e i medici abituati a un contatto diretto col paziente, hanno difficoltà ad accettare una tecnologia che s’interpone tra il paziente e le mani del medico. Questo è assolutamente comprensibile, ma credo che nel tempo si assisterà sempre di più a un cambiamento della professione medica, nella direzione della “e-Health”; una professione, quindi, rivista alla luce delle nuove tecnologie e delle nuove opportunità produttive che l’innovazione sta portando. Il secondo problema, di livello pratico, rimanda al nostro Servizio Sanitario Nazionale, che ad oggi ancora non prevede un rimborso DRG (Diagnosis Related Group) per l’utilizzo della telemedicina nell’erogazione di alcune prestazioni sanitarie e assistenziali. Questo fa sì che la struttura ospedaliera non abbia alcun interesse ad acquistare la nuova tecnologia, perché non gli viene immediatamente rimborsata. È un problema vero, perché rappresenta una miopia riguardante l’incapacità di guardare al futuro. Puntare sulla telemedicina non è un costo, ma un investimento che può essere recuperato in pochissimo tempo in termini di costi evitati; e questo mancato investimento, purtroppo, ricade nel lungo periodo interamente sulle tasche dei cittadini e sulle casse della nostra sanità pubblica.

Redazione
11 dicembre 2013