Come varia la comunicazione negli insetti: il caso di Hilara sartor

Le strategie riproduttive peculiari dei ditteri empididi e le loro implicazioni evolutive. 

Hilara sartor, comunemente conosciuta come “balloon fly” ovvero “mosca palloncino”, è un dittero appartenente alla famiglia Empididae e rappresenta la prova calzante di come alcuni insetti abbiano evoluto la loro forma di comunicazione nel corso del profondo tempo geologico.

A prima vista, infatti, il comportamento riproduttivo di questa specie, in cui il maschio porge alla femmina un palloncino di seta vuoto, potrebbe sembrare piuttosto incomprensibile data l’apparente inutilità dell’offerta.

Ma in realtà, come diceva il biologo evoluzionista Dobzhansky: “Nulla ha senso in biologia se non alla luce dell’evoluzione”.

Cerchiamo dunque di spiegare questo particolare comportamento dal punto di vista evolutivo ricorrendo all’analisi comparativa con altre specie appartenenti alla stessa famiglia di ditteri.

In alcune di esse, come quelle del genere Tachydromia, ritenute più primitive in base alle loro caratteristiche anatomiche e fisiologiche, il maschio in un primo momento attira l’attenzione della femmina e successivamente le dona la preda assicurandosi, così, l’accoppiamento.

Ad una successiva fase evolutiva i maschi di altre specie di empididi, come ad esempio alcune del genere Rhamphomyia, si radunano in arene definite lek, in cui effettuano esibizioni davanti alle femmine e porgono loro la preda intrappolata in sottili fili di seta.

Un altro gruppo di questi insetti, invece, non lega la preda, bensì l’avvolge completamente prima di porgerla in dono. Tra questi si ricordano alcune specie del genere Hilara.

Infine l’ultimo gruppo, che racchiude anche H. sartor, fabbrica solamente un involucro di seta vuoto. Questo rituale è totalmente svincolato dall’offrire vantaggi alimentari al momento dell’accoppiamento e rappresenta così le vestigia di un peculiare comportamento atavico.

In ogni caso, pur variando la forma di comunicazione,  il messaggio che il maschio di H. sartor vuole trasmettere alla femmina è esattamente lo stesso di quello dei gruppi di insetti affini e mira esclusivamente ad assicurarsi il successo riproduttivo.

Anita Bergamo

Sitografia:

http://www.nadsdiptera.org/Doid/Empidchar/Empidchar.htm: fonte dell’immagine di empidide. Foto di E. M. Fischer.

Bibliografia:

  • Kessel E. L., 1955. The mating activities of balloon flies. Systematic Zoology 4: 97–104.
  • Cumming J. M., 1994. Sexual selection and the evolution of dance fly mating systems (Diptera: Empididae; Empidinae). The Canadian Entomologist 126: 907–920.

L’esperienza di un lettore: Trovato un cavalluccio marino sulla spiaggia di Maccarese

Qualche giorno fa sulla spiaggia di Maccarese è stato fatto un ritrovamento speciale. A raccontarlo è il biologo marino Luciano Bernardo, autore della scoperta.

Passeggiavo sulla battigia quando ho visto qualcosa muoversi nella sabbia, sembrava un vermetto che si contorceva. Mi sono avvicinato e, con grande stupore, ho scoperto che si trattava di un cavalluccio marino. Frequento questo tratto di costa fin dagli anni ’70 e spesso mi sono imbattuto in spiaggiamenti interessanti come, ad esempio, le uova di seppia o di razza. Una volta ho anche trovato un pesce ago, ma l’esperienza di oggi è stata unica ed eccezionale.

I cavallucci marini, infatti, sono ormai molto rari e trovarne uno proprio qui, su una spiaggia a due passi da Roma, è stato davvero inaspettato. Probabilmente è stato trascinato a riva dalle mareggiate dei giorni scorsi ed era ancora vivo. Ogni tentativo di salvarlo riportandolo in acqua, è stato però inutile, perché non riusciva a nuotare e le onde lo rigettavano a riva. Misurava solo quattro centimetri e probabilmente aveva solo pochi mesi di vita.  Era una femmina, riconoscibile dagli anelli ossei ben visibili sull’addome, mentre nel maschio sono coperti da una sorta di marsupio dove, nel periodo riproduttivo, la femmina deporrà le uova. Infatti, in questi pesci è il maschio a portare il “pancione” e “partorire”, caso unico nel mondo animale. L’incubazione dura circa un mese durante il quale gli embrioni vengono nutriti e ossigenati da una fitta rete di capillari sanguigni. L’espulsione dei piccoli avviene di notte, attraverso le contrazioni del marsupio. I nuovi nati sono filiformi e lunghi meno di un centimetro, ma già completamente autonomi. Può capitare che qualche embrione non completi lo sviluppo e resti nel marsupio provocando un’infezione e la conseguente morte del papà-cavalluccio.

L’insolito cavalluccio marino, o ippocampo (dal greco hippos, cavallo e campos, bruco), nuota in posizione verticale utilizzando la piccola pinna dorsale a forma di ventaglio, mentre due minuscole pinne pettorali servono per i cambi di direzione. Più spesso, però, resta aggrappato con la coda prensile ad alghe o altri oggetti sommersi, in attesa del passaggio di crostacei e altre minuscole creature del plancton che aspira con la sua bocca a pipetta, priva di denti. Vive prevalentemente tra le foglie di Posidonia oceanica, ma anche sui fondi sabbiosi. Nel Mediterraneo sono presenti due specie: il cavalluccio marino comune (Hippocampus guttulatus) e il cavalluccio marino dal muso corto (Hippocampus hippocampus) che possiede una caratteristica cresta ossea triangolare sul capo (come nel caso dell’esemplare spiaggiato).

Quello di oggi è stato un ritrovamento emozionante, ma anche un segnale positivo, perché i cavallucci marini hanno bisogno d’acqua pulita per vivere e il loro ritorno dopo decenni (un pescatore di telline ne ha visto un altro giorni fa) è davvero una bella notizia per il litorale laziale.

Luciano Bernardo

Da poliziotti a medici a 4 zampe

Nuove prospettive cliniche arrivano dal mondo animale. L’utilizzo effettivo dei compagni a quattro zampe porta nuovi strumenti per la diagnosi medica. Dai tumori, al riconoscimento di agenti patogeni, questa è l’evoluzione attuale ed il suo apporto a nuove prospettive nella medicina.

Che il fiuto canino sia praticamente infallibile è una verità ormai assodata. Non più soltanto compagno fedele dell’uomo in mille avventure di vita, il cane è anche addestrato per dare sfogo delle sue abilità in missioni di ricerca e soccorso, nonché in attività investigative a stretto contatto con le forze dell’ordine.

La sua spiccata capacità olfattiva pare possa essere impiegata anche in ambito clinico per prevenire e diagnosticare alcune patologie tumorali e non, contribuendo ad avviare, in modo tempestivo ed efficace, adeguate indagini strumentali e procedure terapeutiche.

Molte malattie umane si caratterizzano per la produzione e la successiva emissione di particolari sostanze volatili che possono essere identificate da specifiche macchine di laboratorio o, come si suppone, intercettate dalla sensibilità olfattiva di alcune razze canine, adeguatamente addestrate.

Ad affrontare l’argomento ci ha pensato l’AIRMO, il gruppo di lavoro Associazione Italiana per la ricerca sulle Malattie Oncologiche, costituito da ricercatori clinici umani e medici/istituzioni veterinarie. L’equipe ha fatto il punto della situazione sugli studi per l’impiego dell’olfatto canino come mezzo diagnostico in patologie oncologiche e non solo, illustrando il fondamento scientifico di tale abilità, cogliendo vantaggi e svantaggi, e analizzando possibili ambiti di applicazione non ancora approfonditi.

E a questo punto la domanda sorge quasi spontanea: ma come fanno i cani a fiutare una malattia? La comunità scientifica è già al corrente che ogni patologia tumorale è caratterizzata da una specifica conformazione chimica e molecolare. La componente organica, una volta rilasciata nei fluidi biologici del nostro corpo, come il sangue e l’urina, si disperde nell’ambiente attraverso il respiro o il sudore. Questa componente, costituita da determinate molecole del tumore e da altre sostanze organiche volatili tra i quali composti aromatici, alcali e derivati del benzene, pare costituisca una vera e propria “impronta” unica ed esclusiva, fiutabile dai cani.

La particolare sensibilità nel captare gli odori in questi animali si è ipotizzato che sia imputabile ad una combinazione di più fattori genici legati ai recettori delle molecole olfattive. Questo renderebbe i nostri amici a 4 zampe, idoneamente allenati, esperti nel rilevare determinate sostanze in differenti ambiti clinici.

L’equipe propone alcuni studi che riprendono tali metodi nella diagnosi di differenti neoplasie, ma pare esistano cani in grado di percepire, ad esempio, le variazioni di glucosio nel sangue ed essere quindi di grande aiuto nel riscontrare condizioni di ipoglicemia, diabete e iperglicemia. Altri sono capaci di riconoscere la cirrosi epatica mediante il caratteristico odore emanato dai pazienti, mentre altri ancora riescono addirittura a fiutare gas prodotti da agenti patogeni infettivi quali Helicobacter pylori, Escherichia coli e Mycobacterium tubercolosis.

Numerose malattie che colpiscono l’uomo si contraddistinguono per la produzione di specifiche sostanze organiche volatili constatabili in laboratorio e, con molta probabilità, anche dal sensibile olfatto canino. Tra queste la sindrome del colon irritabile e il Morbo di Chron, oppure la celiachia che è legata a batteri intestinali patogeni e opportunisti la cui attività fermentativa e putrefattiva determina il rilascio dei già noti complessi volatili riscontrabili in feci, urine e respiro.

Questi studi fanno riflettere sul vasto range di potenzialità nella diagnostica affidata al fiuto dei cani e suggeriscono maggiori vantaggi rispetto ai test di laboratorio. La scommessa per il futuro è addestrare i nostri amici a 4 zampe con un ventaglio di conoscenze olfattive sempre più ampio, applicabile nello screening di qualsiasi patologia o nel quotidiano con persone anziane e svantaggiate per un continuo monitoraggio del loro stato di salute.

Samuele Gaviano

Bibliografia:

  • Palmieri, B. Nardo, G. Lippi, L. Palmieri, M. Vadalà, C. Laurino, La diagnostica olfattiva del cane applicata alla specie umana: stato dell’arte e prospettive cliniche, in La Clinica terapeutica, 2016, 167 (4), pp. 78-84.

Sostieni la vita con città cardioprotetta OISN, mini-corso online di rianimazione cardiopolmonare

Dopo le innumerevoli giornate dedicate alla rianimazione, cresce il desdierio da parte del nostro gruppo (OISN e Rivista Scienze Naturali) di promuovere la cardioprotezione.

Con il nostro progetto Città Cardioprotetta miriamo a ridurre la mortalità per arresto cardiaco insegnando la rianimazione cardiopolmonare e portando DAE (Defibrillatori Automatici Esterno) in luoghi di grande afflusso.

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Cosa puoi fare?
Abbiamo bisogno del tuo aiuto per sostenere le giornate di formazione e per l’acquisto di DAE. Ti offriamo un bijoux, una breve guida sulla rianimazione cardiopolmonare per introdurti a questo procedimento e tecnica cosí semplice e importante nella vita quotidiana. In più ti regaliamo l’abbonamento a vita al PDF di Scienze Naturali.

Non è tutto: una volta terminata la lettura della guida abbiamo una serie di attività interattive, al termine delle quali potrai richiedere il diploma di questo mini corso.

Quanto costa?
Puoi donare quanto desideri, il minimo per accedere a PDF + guida + diploma sono 16,50 euro. Donando cifre maggiori ti offriamo un ringraziamiento nei prossimi numeri o altri vantaggi come un regalo sorpresa, un omaggio che ti sveleremo solo una volta inviata la donazione e che sicuramente ti farà impazzire!

Posso fare altro?
Se desideri puoi richiedere una postazione a tuo nome. Finanziando una giornata di rianimazione e l’acquisto del DAE la postazione riceverà il tuo nome, inoltre potrai presenziarla il giorno della consegna. Per farlo contattaci.

Quali sono gli obiettivi del progetto Città Cardioprotetta?
  • Insegnare la rianimazione cardiopolmonare, l’attivazione del sistema di emergenze mediche ed il protocollo da usare durante un emergenza in massa a quanti più individui
  •  Creare aree di cardiprotezione mediante l’installazione di DAE
  • Pubblicare resoconti sulla diffusione, la risposta e le migliorie apportate dall’adeguata conoscenza nell’attivazione del sistema di emergenze e l’inizio precoce della RCP.

Partner:
Sono integranti attiviti del progetto città Cardioprotetta: OISN, Organizzazione Italiana delle Scienze Naturali; The Medical Aplhabet, la medicina dall’Alfa all’Omega; Scienze Naturali, la rivista italiana sul mondo delle scienze; 2duerighe; MareMag;

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