Europa sempre più vulnerabile ai cambiamenti climatici

E’ stato da pochi giorni pubblicato il rapporto annuale della Comunità Europea sul cambiamento climatico e sugli impatti, anche economici, di tale cambiamento.

Tramite l’Agenzia Europea per l’Ambiente, l’UE mette a punto strumenti e strategie per fronteggiare gli effetti sempre più evidenti. Secondo il rapporto, in Europa è stato osservato un aumento delle temperature medie, accompagnato da un calo delle precipitazioni nelle regioni meridionali ed un aumento delle stesse nelle regioni dell’Europa settentrionale.

Numerosi ghiacciai europei si stanno sciogliendo, si stanno sciogliendo i ghiacci dell’Artico, è intaccata la crosta di ghiaccio della Groenlandia, sono in diminuzione le superfici che presentano neve perenne e si rileva un sensibile riscaldamento del permafrost.

Le cause del surriscaldamento sono tuttora oggetto di studio, ma è innegabile che le emissioni prodotte da molte attività umane ne siano una concausa, come innegabile è il fatto che tali emissioni provochi una accelerazione del processo di riscaldamento globale.

In Europa, le conseguenze sulla popolazione sono evidenti: un aumento dei disastri ambientali dovuti allo squilibrio nelle precipitazioni portano alluvioni sempre più frequenti e violenti nelle zone settentrionali e siccità nelle zone meridionali.

Nel rapporto si valutano sia ii fattori positivi del riscaldamento atmosferico, in primis la minor necessità di ricorrere al riscaldamento che, oltre al risparmio economico, contribuisce alla limitazione delle emissioni dannose, sia i fattori negativi sia sulla popolazione, sono in aumento le fasce deboli che risentono anche gravemente delle alte temperature, sia sulla agricoltura.

Il riscaldamento, da un lato favorisce un risparmi energetico nelle stagioni invernali, dall’atro obbliga ad una gestione dei periodi caldi sempre più gravosa, rendendo sempre più necessaria la climatizzazione, specie in ambienti a rischio come ospedali o strutture sanitarie.

Per l’inizio del 2013, si attende la messa a punto definitiva della strategia che verrà adottata dall’Unione Europea per far fronte alle conseguenze del cambiamento climatico, strategia cui saranno tutti chiamati a concorrere, in un’ottica di riduzione globale delle emissioni.

Morena Lolli
26 novembre 2012 

Anche lo stoccaggio diventa ecologico

Uno dei problemi tutt’ora irrisolti che riguardano le energie rinnovabili è quello dello stoccaggio dell’energia che, oltre a non essere affatto ecologico, presenta dei costi di gestione non indifferenti sia per lo stoccaggio in sé, sia per lo smaltimento successivo delle scorie.

A questo problema stanno lavorando i ricercatori svizzeri della EPFL,  l’École Polytechnique Fédérale de Lausanne, che hanno messo a punto un procedimento di conversione dell’energia solare in idrogeno, che è “stoccabile” senza grossi costi, utilizzando solamente acqua e ossido di ferro, la comune ruggine, senza quindi avere una produzione di carbonio durante il procedimento stesso.

Lo scopo dello studio è quello di abbattere i costi legati all’utilizzo delle energie rinnovabili, che attualmente pesano principalmente sulla fase di immagazzinamento dell’energia. Ne dà notizia un articolo pubblicato su Nature Photonics, che spiega come il procedimento, ancora in fase di sperimentazione, nasca proprio dall’idea di utilizzare materiali comunemente reperibili e di basso costo.

Lo studio, almeno in via ideale, prosegue lungo la strada che da diverso tempo i ricercatori svizzeri stanno sperimentando, ovvero la trasformazione dell’energia solare in idrogeno.

Al momento, il prototipo, a fronte di un costo bassissimo, ha un’efficienza abbastanza bassa, che va dal 1,4% al 3,6% a seconda del tipo di prototipo utilizzato, ma questo tipo di tecnologia ha, secondo i ricercatori, grandissime potenzialità e la previsione è quella di raggiungere in breve tempo una efficienza di circa il 10% con la versione meno costosa del prototipo, quella a base di ossido di ferro.

Con un costo previsto che si aggira attorno agli 80$ per metro quadro, una volta raggiunta l’efficienza prevista, il prototipo potrebbe quindi diventare decisamente competitivo anche con i normali metodi di produzione di idrogeno.

L’ossido di ferro, cattivo conduttore, deve essere preparato prima dell’utilizzo e lo scopo, ora, è anche quello di mettere a punto un sistema di preparazione semplice, ad immersione, per il materiale da utilizzare, ma il procedimento lascia intuire che i ricercatori sono sulla buona strada per rendere l’energia solare la nuova energia del futuro.

Morena Lolli
24 novembre 2012