Congo: gorilla di montagna e popolazione a rischio a causa del petrolio

okapi
Okapi, Okapia johnstoni

Oltre alla gravissima situazione interna della Repubblica Democratica Congolese, a depauperare delle grandissime ricchezze bio-naturalistiche di questa terra concorre anche il petrolio.

Non il petrolio in se stesso, ovviamente, ma la compagnia petrolifera inglese SOCO che nel 2011 ha ottenuto, a seguito di un accordo firmato nel 2006 e ratificato nel 2010, i diritti per poter estrarre il petrolio nella zona orientale del Congo.

Non ci sarebbe nulla di particolare se non fosse che il cosiddetto Blocco V, ovvero il luogo identificato per le trivellazioni, è una vasta area che include sia una parte del Parco Nazionale di Virunga che la quasi totalità del lago Edward.

Queste due aree sono assai particolari perché sono gli habitat dei gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei), specie molto vicina all’estinzione e la cui popolazione è oramai ridottissima. Nell’area, sono presenti anche altre specie la cui tutela merita attenzione come gli scimpanzé, gli okapi (Okapia johnstoni) e gli elefanti della foresta.

Il governo congolese ha valutato le trivellazioni come non impattanti sull’ambiente, quindi è stato dato il via ufficiale alla autorizzazione alle trivellazioni.

Di questo mancato impatto ambientale, però, non sono assolutamente convinti né gli esperti né le associazioni internazionali: trivellazioni tenute asoli 37 km di distanza dal confine del parco, non potranno secondo gli esperti non avere influenza sulla flora e fauna che vive all’interno del parco nazionale.

Esistono poi anche altre valutazioni, legate al rischio che la presenza della compagni petrolifera possa ancor di più danneggiare le popolazioni, inasprendo il conflitto civile che sta devastando la terra congolese.

L’accordo, ricordiamo, viola ogni regola ed è l’unico nel suo genere in quanto è illegale procedere a scavi e trivellazioni all’interno delle regioni di foresta tropicale e i 37 km dal confine del Parco sono solo fittizi in quanto il 60 % delle estrazioni che sono state pianificate rientreranno  proprio all’ interno del confine del Parco Nazionale di Virunga.

L’amministrazione stessa del Parco, nonché le popolazioni locali, hanno cercato di impedire le trivellazioni che potrebbero impattare anche sul Lago Edward, fonte vitale di sostentamento per la gente del luogo.

Morena Lolli
12 gennaio 2013

Dalla Soia, un prezioso composto

soiaAlla Rice Univerisity, è stato prodotto un composto di acido succinico a partire dalla soia.

Se riportata in questo modo la notizia lascia indifferenti, meno indifferenti si resta se pensiamo che l’acido succinico è un prodotto, tradizionalmente derivato dal petrolio, che viene utilizzato in maniera intensiva nell’ industria della plastica, del tessile, nell’ industria farmaceutica e in quella alimentare.

Un materiale quindi ad alto valore, che rientra nella lista, stilata nel 2004, delle 12 sostanze chimiche “ricche” che potrebbero essere prodotte a partire da zuccheri biologici.

La soia è un elemento abbondante, a basso costo, ed il processo permette di sfruttare le parti della soia che non sono digeribili.

La Rice aveva brevettato, diversi anni fa, un procedimento per la produzione di acido succinico tramite la modificazione genetica dei batteri dell’ Escherichia Coli, che convertivano il glucosio in acido succinico.

Esistono alcuni microbi che, in modo naturale, producono basse quantità di acido succinico a partire dai residui di soia, ma il procedimento che sfrutta l’ E. Coli geneticamente manipolato promette di essere molto più efficiente e di poter fornire quantità di acido succinico sufficientemente rilevanti, tali cioè da poter sostenere l’impatto della richiesta di mercato.

L’ utilizzo della farina di soia, sfruttata solo in minima parte come elemento integrativo dei mangimi per animali, è una via economicamente molto competitiva con la produzione della sostanza in ambito petrolchimico.

Resta comunque l’ interrogativo che sta via via facendosi strada fra i principali enti ed istituzioni che sono, invece, preposte agli studi riguardanti la sostenibilità ambientale.

Pur se le scorie non digeribili e non utilizzate della soia sono al momento abbondanti, potrebbero non essere sufficienti alla produzione delle grandi quantità di acido succinico utilizzate in moltissimi campi industriali.

Questo potrebbe significare che esiste il rischio di riconversione agricola di vaste aree di territorio, che finirebbero per depauperare il patrimonio biologico del pianeta.

La eco sostenibilità è, sempre più, una questione complessa: forse la risposta sta semplicemente nella diversificazione delle materie prime per produrre ciò che, al momento, viene prodotto a partire da una unica fonte: il petrolio.

Morena Lolli
10 gennaio 2013

Università e Ministeri fuori dai consigli direttivi dei Parchi Nazionali

parchi-nazionaliCon l’ atto del Governo n. 527, viene introdotta la previsione di una modifica a dir poco radicale della composizione dei Consigli Direttivi degli Enti Parco, eliminando de facto dai componenti il consiglio sia i rappresentanti del mondo scientifico, sia i rappresentanti dei competenti Ministeri.

Le aree protette, ricchezza la cui flora e fauna italiana vengono non solo salvaguardate, ma anche studiate, sia ai fini di una migliore e più puntuale tutela, sia ai fini di una maggiore conoscenza, eliminando sia gli interessi nazionali che gli interessi scientifici dalla voce dei consigli, verrebbero quindi consegnate, con la nuova composizione prevista, ai soli enti locali.

Molte associazioni ambientaliste hanno lanciato, con un  comunicato comune, un allarme per questo che viene definito un colpo di mano della commissione ambiente al Senato.

La nuova composizione, infatti, prevedrebbe la metà dei componenti designata dalle stesse associazioni ambientaliste e dalle associazioni agricole, e l’altra metà designata dai componenti degli Enti Parco, ovvero i Comuni, con la scomparsa sia dei rappresentanti del mondo scientifico che dei ministeri competenti.

Per FAI, Italia Nostra, LIPU, Mountain Wilderness, Touring Club e WWF questa variazione sconvolgerebbe l’equilibrio fra interessi locali ed interessi nazionali e scientifici che era stato finora mantenuto dalla Legge quadro sulle aree naturali protette n. 394 del 1991.

L’ingresso infatti dei rappresentanti degli agricoltori in sostituzione ai rappresentanti della comunità scientifica rischia di consegnare le aree protette a puri interessi localistici, privilegiando scelte economicamente più vantaggiose per alcune categorie a discapito dell’interesse nazionale. La fuoriuscita dei rappresentanti dei ministeri competenti in favore invece dei rappresentanti degli enti locali non fa altro che accrescere la preoccupazione.

Il rischio è, infatti, quello di perdere di vista l’interesse nazionale e scientifico del patrimonio floro-faunistico italiano in favore di interessi economici prettamente locali.

Morena Lolli
8 gennaio 2013

La calotta antartica occidentale è in rapido riscaldamento

calotta-antarticaLo dimostra un nuovo studio compiuto da un gruppo di ricercatori americani: la zona occidentale della calotta di ghiaccio si riscalda ad una velocità doppia rispetto a quella precedentemente stimata.

La Byrd Station, una delle stazioni di ricerca che fungono da avamposto e che si trova  il centro della calotta di ghiacci dell’ Antartide occidentale, il WAIS, ovvero Wet Antartic Ice Sheet, rileva che l’aumento della temperatura media annua è di 2,4 gradi Celsius, ovvero il triplo della velocità di aumento temperatura media del pianeta.

L’aumento registrato è quindi quasi il doppio rispetto a quello che veniva suggerito da una precedente ricerca e, soprattutto, per la prima volta evidenzia il riscaldamento del polo sud durante i mesi considerati estivi, da dicembre a febbraio.

Il continuo riscaldamento estivo della parte occidentale dell’Antartide rischia di alterare l’equilibrio della massa di ghiaccio che ne costituisce lo strato superficiale, tramite scioglimento e tramite deriva di grossi agglomerati di ghiaccio verso acque più calde che ne provocherebbero lo scioglimento.

Secondo David Bromwich, professore di geografia presso la Università di stato dell’ Ohio State e ricercatore senior presso il Centro Byrd Polar Research, ha pubblicato i risultati della ricerca sulla rivista nature Geoscience, disponibile online, il contributo all’innalzamento del livello del mare, sarebbe quindi di molto superiore a quello, già preoccupante, stimato in precedenza.

Anche senza distacchi, la sola fusione del ghiaccio superficiale del WAIS potrebbe indirettamente contribuire all’innalzamento, a causa del successivo indebolimento delle barriere di ghiaccio della parte occidentale dell’ Antartide che fungono da delimitazione al flusso di ghiaccio della zona.

Secondo il coautore dello studio, Andrew Monaghan, ricercatore presso l’ NCAR, il National Center for Atmospheric Research, questo aumento della velocità di surriscaldamento pone l’Antartide occidentale fra le regioni che hanno il maggior aumento di temperatura al mondo. Già la calotta antartica Larsen B, con la liberazione di grandi sezioni di ghiacciai in mare, ha contribuito notevolmente all’innalzamento del livello del mare: se un evento del genere si ripetesse sulla piattaforma WAIS le conseguenze potrebbero essere disastrose visto che la piattaforma di ghiaccio è l’unica barriera che trattiene sulla terraferma gli enormi ghiacciai della zona.

La base della grande piattaforma di ghiaccio, che si trova al di sotto del livello del mare, è particolarmente sensibile all’aumento della temperatura e contribuisce, al momento ed ancora senza eventi particolari, ad un innalzamento di 0,3 mm l’anno.

I rilevamenti effettuati dalla Byrd Station, che si trova al centro della calotta occidentale ed a poco più di mille chilometri dal Polo Sud, sono indicativi dello stato dell’intera calotta antartica.

L’ allarme provocato da questi nuovi rilevamenti della stazione, presente fin dal 1957, sottolinea la necessità di capire a fondo e velocemente quali siano le ragioni di questo aumento di temperatura che, via via, si sta facendo sempre più rapido.

Morena Lolli
4 gennaio 2013

Biodiversità dei microbi in Amazzonia a rischio

amazzoniaQuando pensiamo alle specie a rischio, normalmente vengono alla mente animali complessi ed evoluti, ma non sono gli unici ad essere a rischio.

In Amazzonia, la foresta pluviale è sede di circa un terzo di tutte le specie della Terra e, pur essendo lei sola la metà della foresta pluviale terrestre, il tasso di deforestazione non accenna a diminuire.

Ora una nuova preoccupazione viene dai microbiologi: la progressiva perdita di diversità rischia non solo di mettere a rischio le varie specie di microbi, ma di compromettere l’intera foresta pluviale poiché sono proprio le forme di vita microbiotica, che degradano il materiale biologico e producono elementi nutritivi, ad essere responsabili del buon funzionamento dell’intero ecosistema.

Il team, composto da docenti di diverse università americane e della Università di Sao Paolo, in Brasile, ha prelevato campioni di terreno in un tratto di foresta, in Brasile, che è stata riconvertita ad uso agricolo.

Lo studio ha evidenziato l’assenza di alcuni gruppi di batteri normalmente presenti nel terreno, che indicano una progressiva perdita di diversità biologica, omogeneizzando i biotipi e causando una grave perdita nel patrimonio genetico che potrebbe essere responsabile di una ridotta resistenza dell’ecosistema. La foresta amazzonica, infatti, continua a diminuire per cause non ancora note, pur negli anni senza incendi, dolosi o naturali che siano, ed i grandi alberi della terra sono minacciati e inspiegabilmente muoiono, non solo in amazzonia ma nel mondo intero.

Potrebbe essere quindi una scoperta significativa quella fatta dal team in Amazzonia, che ha rilevato non un diminuito numero di batteri, che anzi nelle zone a pascolo era decisamente maggiore, ma la loro omogeneizzazione biologica ed una relativa, ovvia indipendenza delle specie batteriche proprio dalle altre specie presenti nel suolo della foresta, causando di fatto un minor grado di tolleranza ai fattori aggiuntivi esterni.

Da non dimenticare, infatti, che i batteri con la loro grande variabilità e biodiversità, sono i responsabili dei processi ambientali di tutto il pianeta: dal riciclo degli elementi nutritivi, alla pulizia dell’ acqua, alla rimozione degli elementi inquinanti.

Ma quel che si perde a livello genetico non tornerà: le ricerche sui pascoli abbandonati che sono tornati ad essere foresta, altrimenti chiamata foresta secondaria, dimostrano che, pur aumentando lievemente la biodiversità microbica rispetto ai territori a pascolo, questa diversità è ben lontana da quella presente nella foresta vergine.

Morena Lolli
31 dicembre 2012

Inventato un cemento verde che assorbe CO2

edificio-cemento-biologicoUn cemento biologico che assorbe CO2 è stato messo a punto dai ricercatori della UPC, la Universitat Politècnica de Catalunya.

I due componenti base del cemento sono il calcestruzzo carbonato ed il fosfato di magnesio. Quest’ultimo è un conglomerato idraulico, leggermente acido. Il cemento così costituito è già stato usato sia come materiale di riparazione, sia come biocemento, nel campo ad esempio della medicina e della medicina odontoiatrica.

La caratteristica di questo nuovo cemento biologico è che funge da naturale supporto per la crescita di microalghe, di muschi, di licheni e di altri microorganismi che basano il loro ciclo vitale sula fotosintesi, ed hanno quindi la capacità di assorbire CO2 dall’atmosfera durante il processo fotosintetico.

Questo nuovo materiale, infatti, è stato progettato esplicitamente per le facciate esterne degli edifici o per strutture in cemento che debbano essere posizionate all’aperto.

Il nuovo biocemento, brevettato dal team, è ancora oggetto di studio: i ricercatori stanno infatti cercano un modo per sviluppare in maniera accelerata i microorganismi che vi trovano un habitat naturale in modo da poter offrire, entro un anno dalla installazione, un aspetto omogeneo ed attraente alle superfici composte di cemento verde.

Questo cemento, ovviamente, essendo abitato da diversi tipi di microorganismi, avrà come caratteristica particolare quella di una variazione di colore a seconda delle diverse stagioni dell’anno, ovvero a seconda della famiglia di microorganismi prioritaria.

Sono anche allo studio sistemi per evitare la crescita di alcuni tipi di vegetazione che potrebbe trovare ospitalità in questo nuovo cemento, rischiando però di causare danni con la crescita delle radici.

Il cemento, sia per aumentare la superficie ospite, sia per ritenere i microorganismi e le sostanze nutritive, sarà in realtà un cemento stratiforme, con il primo strato di cemento poroso e dotato di rugosità superficiale, che poggia su uno strato impermeabile per impedire infiltrazioni, e che a sua volta funge da appoggio allo strato biologico vero e proprio. Lo strato superficiale esterno, invece, sarà uno strato ad impermeabilizzazione inversa, che permette l’entrata di acqua, necessaria allo sviluppo dello strato biologico, ma non ne permette la fuoriuscita.

Il nuovo materiale quindi, assorbirà CO2 dall’atmosfera ma non solo: trattenendo le radiazioni solari, sarà anche in grado di fungere da pannello di supporto per la termoregolazione delle abitazioni.

Non è stata lasciata al caso nemmeno l’estetica: colonizzando le diverse parti del cemento con microorganismi di tipo diverso, si potranno avere pareti decorate, con un vero e proprio dipinto vivente ad ornare le mura degli edifici ed altri elementi di arredo urbano.

Morena Lolli
29 dicembre 2012

Siccità nel Nord della Cina

siccità-cinaAnche la Cina, o meglio il Nord della Cina, nelle pianure attorno alla capitale Beijing, Pechino per gli Italiani, soffre per una grave mancanza di acqua.

Beijing è il maggior produttore di grano in tutta la Cina e la grave siccità sta mettendo a rischio l’autosufficienza della regione.

Le siccità invernali sono un problema ricorrente in queste zone, non a caso sono state costruite diverse dighe, nel corso del tempo, per far fronte alle necessità di acqua nelle stagioni in cui si abbattono bruscamente le precipitazioni.

Ma quest’anno nemmeno le dighe possono granché: persino lì, infatti, non vi sono più riserve d’acqua e la siccità che dura da settimane sta mandando in crisi l’intero comparto agricolo. I campi, che da settimane non vedono acqua, avrebbero bisogno di essere irrigati da un’acqua che non c’è e che nemmeno le precipitazioni nevose sono riuscite a sopperirne la gravissima carenza.

Secondo gli esperti, la situazione rischia di costringere la Cina, normalmente autosufficiente, a dover acquistare grano sul mercato estero, con gravissime ripercussioni sui prezzi di questa materia prima che già di per sé sta raggiungendo picchi di prezzo altissimi a causa della grave siccità che imperversa nel nord ovest degli Stati Uniti.

Per far fronte alla siccità, il Governo ha stanziato 13 miliardi di yuan ed altri 10 miliardi sono previsti  per offrire prestiti agevolati ai contadini che, attorno a Beijing ed a Shandong, vedono le piantine appena spuntate da terra già avvizzite a causa della mancanza di acqua.

Il  più grande produttore e consumatore di grano al mondo rischi, quest’anno, di non essere autosufficiente e se acquisterà grano sul mercato, i prezzi schizzerebbero prepotentemente verso l’alto con gravissime conseguenze per il comparto alimentare mondiale, schiaccianti principalmente per i paese più poveri e non alimentarmente autosufficienti.

Morena Lolli
27 dicembre 2012