Miscanto: cultura perenne per biocarburanti

miscantoMeno azoto nell’atmosfera ha ovviamente effetti ambientali molto positivi e le culture energetiche perenni di miscanto non solo forniscono alti rendimenti che lo portano ad essere competitivo con il mais per la produzione di etanolo, ma ha anche la capacità di ridurre la presenza di azoto nell’ambiente.

Questa capacità, posseduta in realtà da tutte le culture perenni per biocarburanti, si esprime alla massima potenza nelle culture di miscanto.

Lo studio, condotto dalla Università dell’ Illinois, è durato 4 anni ed il confronto fra le varie culture perenni è stato fatto con le altre specie seguendo le rotazioni tipiche delle coltivazioni, ovvero mais, mais e soia.

L’emissione di azoto delle monoculture, dannosa se non viene contenuta, potrà quindi essere significativamente ridotta tramite la istituzione di culture perenni di biocarburante. Il nodo della riduzione della quantità di azoto nell’atmosfera non è sicuramente secondario.

La culture intensive di mais, infatti,  comportano grandi emissioni di azoto che viene rilasciato nell’ambiente sia dai fertilizzanti che vengono utilizzati per la coltivazione, sia attraverso le emissioni gassose di ossido di azoto, sia attraverso la separazione dei nitrati di azoto presenti nelle acque superficiali dei sistemi di drenaggio.

L’ effetto dell’ ossido di azoto è noto, essendo uno dei gas serra, mentre il nitrato di azoto, che resta sospeso sullo strato superficiale delle acque di drenaggio delle culture, può contaminare le acque potabili e comunque finisce per portare danni lungo le coste dell’ oceano, come la zona ipossica che ogni estate si viene a formare nel Golfo del Messico, conseguenza della lisciviazione dei nitrati del drenaggio del Corn Belt, zona che Mark David, biogeochimico della università dell’ Illinois e autore dello studio, segnava come luogo probabile per la produzione di biocarburante.

L’azoto infatti, grazie alle culture perenni di miscanto, non verrebbe più rilasciato a così alte dosi nell’ambiente in una forma non solo non utile, ma addirittura altamente dannosa, ma resterebbe nel terreno, venendo fissato e fornendo così adeguato nutrimento al suolo che, via via, si impoverisce a causa delle monocolture.

Morena Lolli
3 febbraio 2013

Dai denti delle lumache, un ispirazione… illuminante

Cryptochiton-stelleri
Cryptochiton stelleri (wikipedia)

Lungo le coste del Pacifico, dalla California all’ Alaska, vive una lumaca chiamata chitone (Cryptochiton stelleri) che può raggiungere i 30 cm di lunghezza.

Questo tipo di lumaca è oggetto di studi da parte di David Kisailus, un professore della Università della California, che ne trae ispirazione per lo sviluppo di nano materiali per applicazioni energetiche come le celle per il fotovoltaico o le batterie al litio, di cui potrebbe aiutare a sviluppare l’efficienza.

Nello specifico, lo studio riguarda la crescita dei denti che, in questa lumaca, sono particolarmente robusti. Il chitone, che si nutre di alghe, le assume tramite un organo detto radula che contiene dalle 70 alle 80 file parallele di denti le cui avanguardie non servono a macerare il cibo, ma le rocce stesse su cui crescono le alghe che sono il vero nutrimento. Chiaramente i denti si consumano, ma vengono via via sostituiti con nuovi denti.

Proprio i denti sono la fonte di ispirazione per Kisailus che, interessato ai fenomeni di abrasione ed alle proprietà dei materiali antiurto, è stato attratto dal fatto che i denti del chitone contengono magnetite ed è la magnetite a fissare il dente.

La formazione della superficie esterna, la parte più dura del dente, è una formazione assai complicata ed avviene in 3 fasi ben distinte in cui il minerale viene fissato non solo in modo robustissimo, ma soprattutto viene fissato a temperatura ambiente ed in condizioni ambientali favorevoli.

Questa proprietà di fissare la magnetite in modo naturale, rende la crescita dei denti del chitone un fenomeno biologico di estremo interesse per la ricerca nel campo della crescita dei nanomateriali che potrebbero essere in questo modo prodotti in modo più efficace, meno rischioso, meno dispendioso.

Mutuare il processo di crescita dei denti del chitone ed utilizzarlo per la fissazione della magnetite nelle celle fotovoltaiche o nelle batterie al litio, inoltre, porterebbe ad avere un aumento della efficienza di questi che sono i componenti basilari per gli impianti che producono energia dal sole.

Morena Lolli
1 febbrai 2013

Prodotti naturali per l’igiene: ecologici ed economici

detersivi-naturaliDa un gruppo di imprenditrici della Coldiretti, una campagna che fa da spunto ecologico ed economico, per una gestione familiare che tenga conto sia della crisi economica che del rispetto per l’ambiente.

La campagna rispolvera alcune conoscenze della nonna, parte note a molte donne, ma non solo donne, e parte un poco meno note.

Primo in classifica tra gli elementi da eliminare è l’anticalcare. Costoso, inquinante e corrosivo, è un acido che a lungo andare deteriora anche gli oggetti e che può essere agevolmente sostituito dal semplice aceto, che ha forti proprietà contro il calcare, ma che non corrode gli oggetti e soprattutto costa molto meno e non inquina.

Anche le piante officinali fanno la loro parte: un detersivo multiuso fatto con timo, alloro, rosmarino, sambuco e fitolacca in base di aceto o di alcool, lasciato in sospensione per circa 3 mesi e poi filtrato, diventa un ottimo, potente, profumato ed antisettico detergente adatto a tutte le superfici rigide.

Uno sgrassatore universale lo si ottiene lasciando bucce di limone in infusione per tre mesi in alcool puro: una volta filtrato, poche gocce diluite in acqua eliminano anche le famose “macchie di grasso ostinate”. Ottimo, ad esempio, per il fornello o da aggiungere al multiuso per dotarlo di proprietà sgrassanti.

La campagna della Coldiretti non si occupa solo di detergenti per uso domestico, ma anche di detergenti per il corpo, di maschere di bellezza naturali, di prodotti perla pulizia del viso fatti in casa.

L’unico neo della splendida iniziativa, è che forse alcuni prodotti, come la fitolacca, il tensioattivo naturale utilizzato per il detergente multiuso, non sono poi così comuni da trovare mentre altri, come la lattuga lessata per una maschera decongestionante per il viso, non sono poi così economici.

 Una iniziativa comunque da cui prendere spunto per cominciare anche a pensare in modo diverso, magari ricordando una campagna educativa di molti anni fa il cui manifesto rappresentava un pesce, in mare, che ricordava che a lui il sapone proprio non serve.

Perché quel che buttiamo in mare ogni giorno, compresi i detergenti di uso quotidiano, prima o poi torna sulle nostre tavole. E nemmeno a noi serve mangiarlo, il sapone.

Morena Lolli
28 gennaio 2013

Innovative celle solari a nanofili

celle-solari-nanofiliLa via per la costruzione di celle solari di grande efficienza ma con ridotti costi di produzione potrebbe viaggiare sul nanofilo.

Un gruppo di ricercatori svedesi della Università di Lund ha pubblicato uno studio sulla rivista Science che dimostra come sia possibile l’utilizzo di questa nuova e poco dispendiosa tecnologia.

L’autore principale dello studio, Borgström Magnus, ricercatore in fisica dei semiconduttori, evidenzia come i frutti di questo studio siano i primi a porre i nanofili sullo stesso piano delle altre tecnologie di costruzione delle celle solari, portando le celle solari a nanofili da una efficienza  che sembrava ormai essersi stabilizzata ad un massimo, non concorrenziale, del 19 %, ad una efficienza del 13,8 %, perfettamente compatibile con l’efficienza di celle sviluppate con altri tipi di tecnologia che hanno una efficienza massima del 18% circa.

Il processo di produzione di una normale cella fotovoltaica è però più lungo e più dispendioso e le normali celle occupano tipicamente uno spazio maggiore rispetto alle più piccole celle a nanofili.

La combinazione di questi due fattori, renderebbe l’utilizzo delle nuove celle a nanofili conveniente specie in grandi installazioni come, ad esempio, i parchi fotovoltaici, dove nello stesso spazio potrebbe essere contenuta una quantità maggiore di celle.

Al momento le celle a nanofili vengono prodotte solo all’interno dei laboratori di ricerca, ma il balzo in avanti alla efficienza dato dallo studio svedese le rende appetibili anche per il mercato industriale: a parità di superficie, un numero maggiore di celle con un rendimento soddisfacente si trasforma in un rendimento energetico al mq maggiore del rendimento dato dalle celle tradizionali ed il processo di produzione meno costoso le candida sin da ora all’utilizzo nei grandi parchi solari,, come le centrai elettriche basate su fotovoltaico nel sud degli Usa, in Spagna ed in Africa, dove la quantità di irraggiamento è maggiore e rende conveniente la installazione di parchi.

La differenza fondamentale fra le celle a nanofili e le normali celle fotovoltaiche al silicio, è che le celle a nanofili, essendo composte di materiali diversi che reagiscono in maniera diversa alla luce, sono in grado di assorbire una quantità di fotoni superiore a quella assorbita dalle celle in silicio.

Il limite era, fino ad oggi, la dimensione dei nanofili che, se troppo piccoli, non sono in grado di assorbire una quantità sufficiente di fotoni. Aumentando lo spessore dei nanofili, anche l’efficienza delle celle ha fatto un deciso balzo in avanti.

Morena Lolli
26 gennaio 2013

Malesia: un modello per coniugare crescita demografica e sviluppo sostenibile

iskandar-malaysiaCambiamenti climatici ed esponenziale crescita della popolazione sono i drastici cambiamenti che attendono la Malesia che ha fatto, già nel 2006, una scelta strategica puntata ad un futuro sostenibile.

Un team internazionale di esperti lavora al progetto di Iskander, la prima metropoli smart al mondo che entro il 2025 arriverà a contare 3 milioni di abitanti.

Al raddoppio che è previsto per la popolazione, la Malesia sceglie di accompagnare una pianificazione della riduzione delle emissioni di CO2 del 50 %: il progetto è quindi quello di raddoppiare la popolazione, dimezzando le emissioni.

Con il suo modello di integrazione sociale e di  utilizzo di nuove tecnologie green all’avanguardia, Iskander non solo diventerebbe la prima metropoli smart della Malesia o del sud est asiatico, ma diventerebbe un vero e proprio modello per tutte le città con una popolazione in rapido aumento.

La Malesia ha attivato ad un team di esperti in diversi settori per affrontare, in modo ottimale, il problema della crescita demografica, integrando tutti i diversi aspetti del problema: dalla progettazione urbanistica, alla costruzione dei singoli edifici, alle risposte alla mobilitò, alla gestione della illuminazione, al collante sociale che diviene fondamentale affinché ogni cittadino non solo si senta partecipe del progetto, ma trovi positivo il fare la propria parte.

La risposta internazionale è stata di grande interesse, non solo da parte di istituzioni politiche o scientifiche, ma anche da parte di aziende: moltissimi infatti gli investimenti nella futura smart city, in primis nell’industria del divertimento e nel settore dello spettacolo, cinema in particolare.

Iskandar, fondata come città sostenibile, vuole essere una città sostenibile a tutti gli effetti, anche a livello sociale ed umano perché non c’è sostenibilità ambientale che possa prescindere dalla sostenibilità sociale.

Morena Lolli
23 gennaio 2013

Germania: smantellare il nucleare conviene

germania-nucleareLa scelta di rimuovere gradualmente i reattori nucleari in Germania è stata accolta con entusiasmo e dimostra che l’abbandono di una tecnologia pericolosa è attuabile, sia economicamente che politicamente.

La graduale dismissioni delle centrali termonucleari porterà alla chiusura definitiva entro il 2022. Non è stata una scelta facile, anche perché la chiusura dei primi 8 reattori, quelli della centrale di Fukushima, fu decretata d’urgenza nel 2011, in seguito ad un disastro alla centrale.

Questa decisione non era stata accolta positivamente da tutti che la consideravano una decisione presa frettolosamente, alla cieca, in conseguenza di un momento di panico, o forse un escamotage per tranquillizzare l’opinione pubblica.

Il SAGE, invece, in una edizione speciale del Bulletin of the Atomic Scientists, dimostra che lo stop al nucleare ed il passaggio a fonti di energia rinnovabili sarà non solo un passaggio economicamente sostenibile, ma addirittura porterà vantaggi che, già ad oggi, sono quantificabili.

Il ricercatore di Princeton Alexander Glaser, nel suo articolo “Da Brokdorf a Fukushima: la lunga strada per lo smantellamento nucleare”, sostiene che la decisione è stata tutt’ altro che precipitosa e va inserita nel suo contesto, non solo prendendo in considerazione il disastro alla centrale di Fukushima, ma anche la situazione politica interna, che vedeva, sin dagli anni 90, un forte movimento popolare contrario al nucleare e la forte tensione in merito alle scelte sul nucleare che, in occasione di diverse manifestazioni, aveva portato scontri fra manifestanti e polizia.

Il disastro alla centrale, quindi, si inseriva in un contesto interno già molto poco sostenibile e nel valutare la decisione della dismissione del nucleare non si può certo pretendere di prescindere dalle forti tensioni interne del paese che, in ogni caso, non solo erano fonte di tensione ma avevano già portato negli anni alla messa a punto di diversi piani di smantellamento del nucleare.

La decisione di chiudere le centrali, quindi, non nasce all’improvviso, ma è frutto di almeno 10 anni di ricerca di alternative, sia politiche, che economiche, che tecniche e tutto si può dire tranne che sia stata una decisione precipitosa.

Morena Lolli
21 gennaio 2013

Una ricerca sui Bombi, fondamentali per l’impollinazione, ne indica il declino

bombiAlla Berckley University una ricerca rileva che le quantità di bombi sono molto inferiori in zone con grande presenza di strade asfaltate e che sono attratti non tanto dalla densità della vegetazione quanto dalla sua varietà.

I bombi, specie fondamentale per la impollinazione, richiedono strategie precise per evitare il rischio di perdita di questa specie e le strategie possono, o meglio devono essere, principalmente iniziative di tipo locale.

Riducendo l’utilizzo della pavimentazione, ad esempio, e favorendo il mantenimento di un habitat naturale che possa permettere agli individui di queste specie, fondamentale anche per la impollinazione di piante ad uso alimentare, di nidificare, si potrebbe combattere la diminuzione della popolazione, così come creando giardini urbani e suburbani, zone di nidificazione all’ interno delle aziende agricole, che presentino più varietà di specie.

Questo dovrebbe favorire la nidificazione e quindi creare la possibilità di nuove traiettorie che mano a mano i bombi potrebbero costruire, favorendone in tal modo la capacità di impollinazione delle grandi aree e, nello specifico, delle grandi estensioni aduso agricolo.

La conservazione degli impollinatori diventa quindi un parametro fondamentale da tenere in considerazione nel momento in cui si procede alla urbanizzazione di un territorio: bombi ed api selvatiche stanno, in tutto il mondo, subendo una progressiva e rapida diminuzione della popolazione: perdere i servizi di questi preziosi impollinatori avrebbe effetti devastanti sulla agricoltura.

La comprensione di queste specie può essere d’ aiuto per mantenere, o reintegrare, gli habitat naturali in cui possano nidificare: la scoperta che lo spostamento delle api si fonda non tanto sulla ricerca della quantità, ma piuttosto sulla ricerca della ricchezza di una flora diversificata ed eterogenea, è fondamentale in quanto i bombi sono diventati oramai rari non solo nelle zone ad elevata urbanizzazione, ma anche nei terreni agricoli, ovvero proprio laddove è fondamentale, per la alimentazione umana, che la presenza degli impollinatori sia forte.

Una nota a chiusura: il valore globale dei servizi degli impollinatori è stimato attorno ai 200 miliardi di dollari.

Morena Lolli
15 gennaio 2013