Nord Italia: trema di nuovo la terra, con magnitudo 5.4

terremoto del 25 gennaio mappa
Registrati due terremoti in nord Italia nelle zone della pedemonatana veneta e nella pianura padana emiliana.

Due terremoti nel giro di poche ore in due località diverse, ma non troppo distanti, hanno spaventato la popolazione del nord Italia nella giornata del 25 gennaio 2012.

Il primo terremoto di entità di magnitudo 4.2 si è verificato alle ore 00.54 situato nella zona geologica della pedemontana veneta con epicentro nella provincia di Verona.

Come riportato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) l’ipocentro si è verificato a 10 Km di profondità ed è stato seguito da tre scosse di assestamento di bassa entità durante la stessa notte. Il secondo evento sismico di magnitudo 4.9 è avvenuto in provincia di Reggio Emilia nella mattinata dello stesso giorno alle ore 9.10 ed è stato avvertito anche nelle città di Milano, Torino, Verona e nella Toscana. Il sisma è stato registrato ad una profondità di 33 Km nella zona geologica denominata pianura padana emiliana. Anche questo è stato seguito da deboli scosse di assestamento.

L’evento ha creato più panico che danni. Massimo Stucchi, direttore della sezione di Milano dell’Ingv, ha dichiarato che non c’è nessun collegamento tra le scosse che sono avvenute nel Veronese e nel Reggiano, appartenenti a due zone sismologiche differenti. Ha inoltre spiegato che non si può parlare ancora di “sciame sismico”, facendo notare che spesso quest’ultimo termine viene utilizzato in modo inappropriato. Uno sciame sismico è un fenomeno caratterizzato da una sequenza di scosse sismiche di lieve e media intensità ripetute nel tempo, fino a qualche mese. La maggior parte di questi sciami non evolvono in eventi catastrofici, dissipandosi nel tempo; nel caso della pianura padana è molto più veritiera questa ipotesi.

Dire che il nord Italia non è soggetto a fenomeni sismici sarebbe sbagliato ma la zona di pianura è un territorio geologicamente stabile. Nel rapporto del sisma di Reggio Emilia, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia insegna che questo terremoto è stato il più forte registrato dal 1996 entro i 30 Km dall’epicentro. Informazioni storiche indicano che la magnitudo dei terremoti che hanno interessato l’area in oggetto non sono state superiori a 5.5 e hanno interessato una fascia posta al limite tra la pianura e i primi rilievi dell’Appennino.

Si può dire che il fenomeno abbia generato anche una scossa sismica sulla rete di internet. In pochi minuti dopo il terremoto del mattino, i principali social-network sono stati invasi da messaggi di persone che hanno avvertito le oscillazioni nelle proprie abitazioni o sul luogo di lavoro. E mentre dei simpatici burloni associavano gli eventi a profezie di antiche civiltà (o, meglio, di civiltà attuali), gli studiosi dell’Ingv hanno utilizzato questi dati, tramite il questionario online “hai sentito il terremoto?”, per ricostruire una prima mappa dei risentimenti macrosismici prodotti dal terremoto.

 

Massimo Gigliotti

Aggiornamento

Una nuova scossa di terremoto di magnitudo 5.4 è stata avvertita prima delle 16 in tutto il nord italia. L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia fa sapere che l’epicentro è da localizzarsi nella zona al confine tra la provincia di Parma e Appennino tosco emiliano, e l’epicentro è di 60,8 Km. Molte persone si sono riversate in strada e molte sono state le chiamate ai Vigili del Fuoco.

Sacchetti di plastica: un anno dopo l’addio

A partire dal 1 gennaio del 2011 è entrato in vigore in Italia il divieto di commercializzazione dei sacchetti di plastica in favore delle buste ecologie. A un anno di distanza i risultati raggiunti sono un passo avanti verso una maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale ma forse si poteva e si deve fare di più.
Ad affrontare per la prima volta il problema dell’inquinamento legato ai sacchetti di plastica in Italia fu la manovra finanziaria del 2007, che prevedeva un periodo di prova per gli eco-shopper per tre anni – dall’esito poi deludente – e con termine stabilito per l’adozione delle buste biodegradabili entro il 1 gennaio 2010, poi derogato all’anno seguente con il decreto legge “milleproroghe”.
L’impatto ambientale negativo dovuto ai sacchetti di plastica è un problema evidente in mare e in particolar modo in una zona del Mediterraneo compresa tra Italia, Francia e Spagna: i rifiuti formano “un’isola” composta in buona parte proprio dalle buste per la spesa. Animali marini come tartarughe e cetacei, attratti dai colori vivaci, finiscono per ingerire pezzi di plastica e morire soffocati. A denunciare il problema dell’inquinamento del mare è stata Legambiente in collaborazione con l’Arpa Toscana e la struttura oceanografica Daphne che hanno redatto il rapporto.
L’Italia in questo contesto è una delle maggiori responsabili e il motivo lo spiega il vicepresidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani: “Lo è sia perché è la prima Nazione per consumo di sacchetti di plastica“usa e getta”, visto che commercializza il 25% del totale degli shopper in tutta Europa, ma anche perché si affaccia sul mar Mediterraneo.”
Dopo i mozziconi di sigarette e le bottiglie di vetro, i sacchetti di plastica sono il rifiuto più disperso nell’ambiente ma anche il più persistente.
La battaglia ai sacchetti di plastica cominciò nel 2002 in Irlanda dove l’introduzione di una tassa sulla plastica sortì l’effetto desiderato: nel giro di un anno le abitudini degli irlandesi cambiarono in favore delle borse di stoffa, mentre i proventi ricavati finanziarono iniziative ambientali e di riciclaggio. L’introduzione di tasse di questo genere dovrebbero avere lo scopo preciso di far cambiare le abitudini dei consumatori e gli irlandesi lo hanno capito fin da subito.
Nel nostro Paese i provvedimenti si servirono di tempi più lunghi ma alla fine il Tar del Lazio prese la decisione di respingere il ricorso dell’Associazione che rappresenta le aziende italiane della trasformazione di materie plastiche, la Unionplast, e che di opponeva alla cessazione nell’utilizzo delle buste in plastica, anche se le associazioni ambientaliste già sostenevano l’esistenza di falle evidenti nella legge e nei controlli.
Infatti a un anno di distanza, i risultati non sono del tutto positivi. Se per le grandi catene il cambio è  stato effettuato secondo la normativa, lo stesso non si può dire per i piccoli e medi rivenditori. Il principale problema è il maggiore costo dei sacchetti eco-compatibili. Inoltre i consumatori stessi sono delusi: i sacchetti sono piccoli, si rompono facilmente e quindi difficilmente riutilizzabili. E’ anche vero che i cosiddetti sacchetti biodegradabili possono essere fatti in materiali diversi e non c’è chiarezza sulle differenze.
Di certo i diversi problemi hanno sortito due effetti principali: uno positivo e l’altro negativo. Quello positivo è il ritorno dell’utilizzo del sacco di stoffa. Che sia di cotone o di un altro tessuto, la borsa in stoffa ha la praticità di essere riutilizzabile e lavabile. L’effetto negativo e problematico è quello della contraffazione dei sacchetti bio che vengono messi sul mercato a prezzi inferiori ma non completamente biodegradabili.
Il Governo non aiuta in quanto negli ultimi tempi è scomparso dal decreto milleproroghe l’articolo che stabiliva i corretti criteri di biodegradabilità e compostabilità degli shopper secondo le normative europee. Dalle prime ricerche, sembrerebbe che la sparizione sia dovuta alle pressioni esercitate dalle piccole e medie imprese del Nord Italia per via dei problemi economici a cui andrebbero incontro con la riconversione della produzione di plastica alla produzione di bioplastica.
Dall’ufficio stampa di Legambiente arriva la replica di Ciafani: “[…] se fosse confermata la sua cancellazione in modo così subdolo, addirittura dopo l’annuncio del governo, sarebbe un chiaro tentativo di salvaguardare i profitti di alcune lobby a scapito dell’interesse generale, dei cittadini, dell’ambiente e dell’economia italiana. Ci auguriamo quindi – conclude il vicepresidente nazionale di Legambiente – che il Governo e il Parlamento rimedino al più presto a questo evidente tentativo di sabotaggio di un ottima norma che privata di determinati parametri rischia di perdere la sua efficacia.”
Gli italiani hanno comunque capito il danno che le buste di plastica possono causare all’ambiente ed è quindi crescente la richiesta di sacchetti biodegradabili. È però importante, a questo punto, fare una precisazione come fa notare Gianluca Bertazzoli, responsabile Comunicazione Corepla, il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggi in plastica: “Un sacchetto bio disperso nell’ambiente non si degrada con la facilità con cui lo farebbe in un impianto di compostaggio e, oltretutto, non è che perché una cosa è biodegradabile la si può gettare ovunque impunemente.”
Senso civico e di responsabilità, unito ad azioni e comportamenti eco-sostenibili, sono i punti fondamentali da seguire per ognuno, in attesa di una risposta governativa più decisiva e più chiara.

Massimo Gigliotti

2012, anno internazionale dell’energia sostenibile

2012: Anno energia sostenibile

Il segretario generale dell’Onu, il sudcoreano Ban Ki-moon, ha annunciato che il 2012 sarà l’anno internazionale dell’energia sostenibile. L’iniziativa si propone verso un miglioramento della qualità della vita di oltre un miliardo e 600 milioni di persone che vivono nei Paesi in via di sviluppo e che ancora non hanno l’accesso all’elettricità. I servizi energetici sono alla base non solo della produttività industriale ed economica ma anche dei servizi sanitari, dei sistemi di sicurezza alimentare e dell’acqua e dei sistemi di comunicazione.

“La nostra sfida – spiega Ban Ki-moon – è la trasformazione. Abbiamo bisogno di una rivoluzione globale per l’energia pulita, una rivoluzione che renda l’energia disponib

ile e accessibile a tutti. È essenziale per rendere minimi i rischi climatici, per ridurre la povertà e migliorare la salute del Pianeta, la crescita economica, la pace e la sicurezza”.

In piena fase di crescita delle esigenze globali di energia, il segretario generale dell’Onu invita i Paesi a maturare scelte accurate che portino nel lungo periodo all’abbandono dei carburanti fossili, ancora prevalenti e dannosi sia per l’ambiente che per la salute. E’ stato stimato che il consumo energetico nel prossimo ventennio crescerà del 40%, quindi Paesi emergenti e Paesi industrializzati devono adoperarsi affinché l’energia pulita sia alla portata di tutti.

Per raggiungere l’obiettivo fissato al 2030, ha spiegato poi Ban Ki-moon, è necessario “investire in capitale intellettuale che creerà nuove tecnologie green. Abbiamo bisogno di aumentare la spesa pubblica e privata in ricerca e sviluppo, e che i governi offrano i giusti incentivi”.

L’anno internazionale dell’energia sostenibile costituirà inoltre una preziosa opportunità di sensibilizzazione ambientale riguardo l’importanza del consumo energetico pulito. L’impossibilità di usufruire di energia pulita impedisce lo sviluppo umano, sociale ed economico, rappresentando un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi del millennio, cioè di sviluppo sostenibile.

In Italia il ruolo delle energie rinnovabili è

in crescita grazie anche alla crescente consapevolezza del ruolo rilevante delle energie pulite in termini di risparmio energetico ed economico. Secondo le stime del Gestore dei servizi energetici (Gse), quasi il 23% della produzione di energia elettrica è costituita da energie rinnovabili. Un importante ruolo è occupato dall’idroelettrico e sono in aumento eolico e biomasse, scavalcando il geotermico. Anche il fotovoltaico si sta diffondendo. Ormai 3 italiani su 4 sarebbero favorevoli ad un maggior utilizzo di fonti rinnovabili malgrado i rincari delle bollette (fino a 30 € in più all’anno), anche se eco-incentivi maggiori dallo Stato farebbero apprezzare lo sforzo.

Ma nonostante la tendenza a prestare maggior attenzione all’uso delle eco-energie, in Italia si assiste ad una debole ricerca nei confronti delle energie rinnovabili che non consente di sfruttare al massimo tutte le potenzialità del nostro Paese. L’utilizzo di incentivi avrebbe senso se fosse rivolto anche alla crescita tecnologica creando vantaggi industriali ed economici.

Dal punto di vista ambientale, la ricerca nel campo energetico non è l’unico punto negativo in Italia confrontata agli altri Stati europei. Il caso dell’inquinamento cittadino è molto sentito soprattutto nella zona della pianura padana, in testa la città di Milano. La principale politica è quella del blocco del traffico, delle ZTS o, in passato, delle targhe alterne. Tutti sistemi contenitivi ma non risolutivi del problema. Nell’ambito della mobilità sostenibile sono da tempo attivi i progetti di Euromobility, ma i risultati dei dati del 2011 per l’Italia sono durissimi: punt

o morto. Non perché non esistano i servizi di bike sharing o di car sharing, ma perché questi sono ininfluenti, troppo poco sviluppati rispetto al numero di abitanti che potrebbero usufruire del servizio, al punto che sono ancora pochissimi a conoscere queste iniziative. Come se non bastasse, le maggior parte delle piste ciclabili a Milano sono fuori norma e quindi sostanzialmente inutili.

Ad ogni modo, il diffondersi di una nuova coscienza ambientale negli Italiani sarà il più grande segnale che le amministrazioni pubbliche potranno registrare. Le prospettive per il futuro sono quindi incoraggianti, si può solo migliorare. L’importante è non smettere di parlarne. A questo proposito viene in aiuto lo strumento di informazione popolare più rinomato negli ultimi anni: facebook.

Il noto social network, dopo essere stato fortemente criticato per dipendere energeticamente da combustibili fossili, si è schierato con Greenpeace, compiendo una svolta ecologica. Per gli utenti si sta programmando, con la collaborazione del Natural Resources Defence Council e Opower, un’applicazione specifica in grado di permettere di tenere sotto controllo i consumi energetici domestici, consentendo anche di confrontarli con quelli dei nostri amici virtuali. Inoltre potranno essere condivisi consigli su come evitare gli sprechi.

Il risparmio energetico è importante per ottimizzare la propria casa e forse proprio Facebook potrebbe darci una mano. Si confida quindi nella massima partecipazione a questo tipo di monitoraggio innovativo, partito dalla rete sociale. Nel frattempo, aspettando questa applicazione, continuiamo ad attenerci alle regole per il risparmio energetico.

Massimo Gigliotti

Maltempo e cattiva edilizia: cosa sta accadendo alle nostre località Italiane

Quando piove, la pioggia si infiltra nel terreno e va ad alimentare le falde acquifere dalle quali noi estraiamo l’acqua per il nostro consumo. Se il rovescio è intenso, il terreno non è in grado di assorbimaltempore tutta l’acqua che viene riversata e questa defluisce fino ai punti di raccolta, cioè i laghi e, soprattutto, i fiumi. Quando il terreno diventa impermeabile, per esempio per via della cementificazione, gran parte della superficie non è più disponibile all’infiltrazione e tutta l’acqua che cadrà su quell’area dovrà per forza essere convogliata verso un canale deferente, naturale o artificiale che sia. Ogni fiume, ogni canale e ogni fognatura ha la sua portata oltre la quale si ha esondazione.

In queste ultime settimane, il nostro paese sta vivendo catastrofi climatiche, legate alle alluvioni, inimmaginabili. La prima avvisaglia era stata data da un violento nubifragio a Roma il 20 ottobre che paralizzò la città. Nessun danno grave e forse un solo morto; i pareri giornalistici sono discordanti. In un paio d’ore circa, nella mattinata caddero sulla capitale 74mm di pioggia, abbastanza per far richiedere lo stato di calamità naturale, ma in giornata la città tornò alla normalità. Nessuno poteva immaginare ciò che di lì a poco dopo sarebbe successo ad un’intera regione come la Liguria e alle alte coste della Toscana.

In Italia, di norma, cadono 970mm di pioggia all’anno. Il 25 ottobre sulla provincia di La Spezia e di Massa e Carrara caddero 520mm in meno di 6 ore: l’equivalente dell’acqua che sarebbe dovuta precipitare in circa sei mesi! I danni maggiori sono stati subiti dalla Val di Vara, la Lunigiana e le famose Cinque Terre che dal 1997 erano state dichiarate Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Le strade si sono trasformate in fiumi e fango sotterrando il primo piano di ogni abitazione, trascinando in mare anche macchine e pescherecci. Il comune di Monterosso al Mare è stato dichiarato dal suo Sindaco “un paese inesistente”, e Vernazza non è in condizioni migliori. Delle altre tre – Corniglia, Manarola e Riomaggiore – non ci sono notizie diffuse su possibili gravi danni.

Il bilancio delle vittime certe è di dieci morti tra cui il volontario della Protezione Civile, Sandro Usai. Le emergenze non hanno fatto in tempo a rientrare che pochi giorni fa, una nuova perturbazione si sta abbattendo sulla città di Genova e provincia, a cominciare dalle località di Recco, Camogli, Sori e Bogliasco, ma non solo. Solo il 4 Novembre, in poche ore sono caduti 400mm di pioggia provocando già sei vittime. Strade allagate, automobili e cassonetti trascinati dalle acque. E il maltempo ancora non è terminato.

Ma cosa sta accadendo? E’ una situazione improvvisa e momentanea o diventerà la normalità nel futuro prossimo? In passato già scienziati e geologi avevano preannunciato questa situazione. E’ stata dimostrata, da studi e osservazioni su un andamento secolare, una tendenza alla diminuzione delle precipitazioni ma anche di un aumento della concentrazione temporale. Significa che annualmente la quantità di pioggia sta diminuendo, aumentando così i periodi secchi e siccitosi, ma allo stesso tempo quando piove cadono quantità maggiori di acqua rispetto al passato.

Secondo la teoria dei cambiamenti climatici, questa condizione è dovuta ad un aumento delle temperature medie mensili, causate dall’eccessiva immissione di gas serra nell’atmosfera: ciò porterebbe ad una tropicalizzazione del nostro clima temperato che non significa stare come ai Caraibi, ma si intende proprio una ridistribuzione delle piogge nelle fasce temperate. Il nostro Paese ne sarebbe molto soggetto sia perché è dislocato all’interno del bacino del Mediterraneo, sia perché le barriere alpine e le correnti dei venti fanno rovesciare le nubi sull’Italia intera.
Voci discordi negano la correlazione con la possibilità di cambiamento climatico e questa tesi può essere sostenuta da eventi passati come per esempio, in questo caso, l’alluvione tra il 7 e l’8 ottobre del 1970 sempre nella città di Genova sulla quale caddero all’epoca circa 900mm di acqua nel giro di 24 ore.

Facendo però un rapido calcolo, nell’alluvione del ’70 caddero in media 37mm di pioggia all’ora mentre nel caso di quest’anno nell’area delle Cinque Terre precipitarono 87mm all’ora!

Per anni le tragiche previsioni sui cambiamenti climatici furono ignorate dalla classe politica, la stessa che, quando tocca al malcapitato di turno, usa l’argomentazione per accantonare qualsiasi tipo di responsabilità.

Cambiamento climatico o meno, è evidente come il fattore antropico sia stato determinante così negli anni settanta come oggi: l’eccessiva cementazione porta all’accumulo del deflusso superficiale ad ogni evento meteorico. In una città come Genova, da sempre costruita senza regole, le alluvioni saranno sempre più disastrose al crescere della città. E questo vale per la maggior parte della Liguria. A dirlo è il celebre geologo Mario Tozzi, conduttore tv e divulgatore scientifico. In un’intervista dichiara come la regione sia soggetta naturalmente a fenomeni franosi e come la speculazione edilizia abbia contribuito in primo luogo ai disastri sia di ieri che di oggi e, inevitabilmente, di domani. “In Liguria ad ogni cambio di stagione ci dobbiamo aspettare un’alluvione, non c’è nessuna possibilità che vada diversamente”, afferma Tozzi, denunciando anche il disinteresse delle amministrazioni locali che, al posto di imporre divieti, permettono costruzioni anche laddove non si dovrebbe. “È proprio sbagliato il rapporto nostro con il territorio”.

E il maltempo di queste settimane non è ancora terminato. Oltre alla Liguria ora sono “sotto attacco” il Piemonte, il Veneto e il Friuli, la Sardegna e la Campania. Speriamo solo che i nostri fiumi reggano le ondate di piena e che sia possibile nei prossimi anni intervenire per prevenire seriamente questi rischi ed evitare nuove catastrofi.

 Massimo Gigliotti

Euroflora 2011: un insieme di colori e di biodiversità

Nella sua decima edizione, la fiera di Genova ha ospitato dal 21 aprile al 1 maggio la manifestazione vivaistica internazionale di Euroflora. L’evento ha avuto inizio nel 1966 e da allora si ripete ogni cinque anni con la partecipazione di numerosi floricoltori e vivaisti a titolo individuale o riuniti in associazioni. Il corteo di piante, fiori e colori ha richiamato visitatori da tutta Italia e anche dall’estero. Gli organizzatori hanno proposto temi attuali come l’unità nazionale, la biodiversità e l’ecosostenibilità. Inoltre, Euroflora è anche un occasione per gli espositori di vincere prestigiosi premi in diverse categorie per tecnica e per estetica, che hanno spesso determinato nuove mode e nuovi stili di consumo. Nei diversi padiglioni si sono potute ammirare le diverse composizioni regionali in cui risaltava la flora tipicamente mediterranea. Numerosi sono stati gli agrumi della terra sicula e le composizioni di camelie piemontesi, come anche i contrasti tra le diverse tonalità di verde tipici della Val d’Aosta e i secolari ulivi della Puglia. Continue reading

Nucleare: quello che gli altri non dicono o che spiegano in modo “complicato”.

Dopo l’incidente di Fukushima, l’opinione pubblica è tornata a parlare di energia nucleare, anche in funzione del prossimo referendum in Italia. La maggioranza degli italiani però è poco informata, sopratutto sull’energia nucleare, non riuscendo a distinguerla dall’uso per scopi militari.

La centrale nucleare: che cos’è?

Una centrale nucleare è costituita da una struttura in cui si trova il combustibile nucleare e da un insieme di apparecchiature ausiliarie che provvedono ad esportare il calore prodotto e a convertirlo in altre forme di energia. Il combustibile nucleare è chiamato nocciolo ed è costituito principalmente da uranio, presente sotto forma di barre o di pastiglie intercalate in acqua, e alcuni metalli, come la grafite. Questi ultimi hanno la funzione di stabilizzare la reazione di fissione nucleare, cioè il graduale sfaldamento dell’uranio mentre produce calore e materiali di scarto come iodio, cesio e stronzio. Attraverso il nocciolo circola il fluido di raffreddamento che ha lo scopo di sottrarre il calore prodotto e di portarlo alle apparecchiature ausiliarie per trasformarlo in energia elettrica o meccanica. Le sostanze usate come fluido di raffreddamento sono l’acqua, il sodio liquido, il biossido di carbonio e l’elio. Continue reading