Come può il nostro sistema visivo riconoscere oggetti complessi?

neuroni-V4Come fa l’occhio umano a riconoscere le lettere distorte che possiamo normalmente trovare all’interno dei test di sicurezza di accesso sparsi per il web?

A noi sembra una cosa di estrema facilità perché il nostro cervello è in grado di compiere il riconoscimento delle lettere in modo automatico. Ma questa apparente semplicità cela in realtà un complesso codice di informazioni che ancora nessuno scienziato è riuscito ad individuare e codificare e che consiste nel recepire l’informazione e tradurla nella giusta associazione con il soggetto osservato.

Questo è il motivo per cui un procedimento così elaborato, normalmente eseguito da nostro cervello, non può essere compiuto dalle macchine, ed è la ragione per cui si utilizzano i cosiddetti codici CAPTCHA per effettuare login sicuri sul web certi che si tratti di un essere umano e non di un BOT informatico che vuole acquisire dati sensibili.

Uno speciale team di neuroscienziati del Salk Institute per gli Studi Biologici in California ha accettato la sfida di comprendere come il nostro cervello riesca a compiere questa straordinaria operazione.
Due studi depositati agli Atti della National Academy of Science del mese scorso compiono un enorme passo avanti in questa ricerca.
I risultati mostrano come questo complesso procedimento coinvolge l’impiego di svariate centinaia di neuroni e potrebbero segnare una grande svolta anche nelle applicazioni cliniche e pratiche, così come affermato da due dei neuroscienziati del gruppo Tatyana Sharpee e John Reynolds.
I due scienziati spiegano come questo studio nella comprensione della creazione di un’immagine visiva del nostro cervello possa essere utile in casi di patologici malfunzionamenti cerebrali.
Ad esempio, nel caso in cui si riuscisse a decodificare il processo di elaborazione di un’immagine visiva, si potrebbe aiutare le persone che non possono vedere, focalizzando l’attenzione sul modo di acquisire informazioni da parte della corteccia celebrale e non da parte dell’occhio umano.

Se entrassimo in possesso di questo codice si potrebbe inviare direttamente al cervello l’informazione dell’immagine anche in quei soggetti che non posseggono il senso della vista.
Allo stesso modo, si potrebbero costruire dei computer che possono agire come esseri umani: il più grande limite dei sistemi informatici è infatti la loro incapacità di riconoscere le cose del mondo che le circonda come solo un cervello umano, e dunque una persona, sa fare.

Ma come riesce il cervello a fare tutto ciò?
Alcuni neuroni si occupano del riconoscimento di piccole regioni di spazio mentre i neuroni V4 sono in grado di riconoscere una regione di spazio più ampia elaborando le informazioni già ottenute sulle regioni più piccole. In tal modo la combinazione delle varie informazioni ci restituisce il riconoscimento delle diverse forme che ci circondano.
La questione principale ancora da studiare, però, resta comunque quella di capire come il cervello riesca ad arrivare alla traduzione dell’informazione visiva acquisita.

Maria Grazia Tecchia
4 luglio 2013

Sonda razzo: ha fotografato percorsi ad alta velocità e scintille sulla superficie solare

Mediante l’utilizzo di un’innovativa fotocamera montata a bordo di una sonda-razzo, un team di scienziati ha catturato le immagini più nitide di sempre dell’atmosfera esterna al Sole.

Il gruppo ha scoperto delle strisce percorse da scintille ad alta velocità, che danno l’idea di un’autostrada, e che potrebbero aiutare a comprendere uno dei più antichi misteri del Sole.

Scatto realizzato dalla sonda-razzo grazie alla nuova strumentazione Hi-C.

Un team formato da Stati Uniti e Russia ha dato il via all’operazione della University of Central Lancashire che ha lanciato in orbita una sonda razzo della NASA con a bordo la speciale fotocamera Hi-c, acronimo di High Resolution Coronal Imager. Il razzo è partito dal White Sand Missile Range del New Mexico per affrontare  poi un breve viaggio durante il quale è riuscito a scattare fotografie ad alta risoluzione dell’atmosfera solare ben cinque volte più nitide di tutte le altre immagini acquisite finora, con una velocità di scatto pari ad un’immagine ogni cinque secondi.

Questa speciale fotocamera ha osservato il Sole sotto una forte luce ultravioletta e, mettendo a fuoco una regione ampia e magneticamente attiva delle macchie solari, ha rilevato nuove caratteristiche della corona solare che contiene dei blob di gas che rimbalzano lungo delle “autostrade” ed sono luminosi ed intermittenti come scintille.

Le immagini mostrano dei ciuffi di gas elettrificato, anche noto come plasma, che raggiungono un’elevata temperatura di circa un milione di gradi Celsius, e che corrono lungo queste autostrade all’incredibile  velocità di circa 80 km al secondo, pari a circa 235 volte la velocità del suono qui da noi sulla Terra.

Questi rapidi spostamenti sono il risultato di eruzioni sulla superficie solare, con i flussi di materiale plasmatico che si trovano all’interno dei filamenti solari che assumono grande importanza nella comprensione della causa di tali eruzioni. In questo modo si potrebbe tentare di prevederle con maggiore precisione e riuscire a studiarle meglio.

Immagini ancor più precise potrebbero rivelare uno dei misteri più fitti riguardo il Sole: perché l’atmosfera intorno al Sole è molto più elevata rispetto a quella della superficie della stella stessa?
La risposta potrebbe ritrovarsi anche in queste ultime scoperte: questa sorta di autostrade ad alta velocità, percorse dalle scintille risultanti dalle eruzioni, sprigionano una tale energia capace di innalzare notevolmente la temperatura dell’atmosfera solare lasciando immutata quella della superficie.

Maria Grazia Tecchia
2 luglio 2013

L’immaginazione può cambiare il nostro modo di vedere e sentire

Illusione di oggetti in collisione (Karolinska Institutet).
Illusione di oggetti in collisione (Karolinska Institutet).

L’Istituto Svedese “Karolinska” ha condotto uno studio che mostra come la nostra immaginazione può influenzare sensibilmente il modo in cui abbiamo esperienza del mondo che ci circonda, molto più di quanto noi potessimo pensare.

In parole povere, ciò che noi immaginiamo di ascoltare o vedere nella nostra mente può alterare la percezione dei sensi.
Pubblicato sulla rivista scientifica Current Biology, questo studio fa luce sull’annosa questione in ambito psicologico e neuroscientifico che riguarda il modo in cui il nostro cervello riesce a combinare le diverse informazioni provenienti dai singoli sensi percettivi.

“Spesso siamo portati a pensare che le cose che immaginiamo e quelle che invece percepiamo realmente non abbiano alcun punto in comune” ha dichiarato Christopher Berger, uno studente in dottorato al Dipartimento di Neuroscienza e uno dei principali protagonisti dello studio.
“Tuttavia – prosegue Berger – ciò che viene dimostrato in questo studio è che la nostra immaginazione di un suono o di una forma cambia il modo in cui percepiamo il mondo intorno a noi nello stesso momento in cui ascoltiamo un suono o osserviamo una forma. In particolare, abbiamo scoperto che ciò che noi immaginiamo di ascoltare può cambiare effettivamente ciò che stiamo vedendo, e ciò che stiamo immaginando di vedere può realmente cambiare ciò che stiamo ascoltando in quel momento”.
Questo studio è basato su una serie di esperimenti che fanno uso di illusioni indotte in cui le informazioni sensoriali cambiano o vengono distorte dalla percezione di un altro senso.
I novantasei volontari sani che hanno partecipato allo studio si sono confrontati con tre diversi esperimenti.

Nel primo, i volontari hanno avuto l’illusione che due oggetti si scontrassero invece di passare uno sopra l’altro semplicemente a causa dell’immaginazione di un suono nel preciso momento in cui i due oggetti si incontravano.

Nel secondo caso, i partecipanti hanno avuto la percezione spaziale di un suono nel posto esatto in cui hanno creduto di vedere apparire velocemente un cerchio bianco.

Nel terzo esperimento invece, la percezione di ciò che stava dicendo loro una persona è stata distorta dall’immaginazione di un suono in particolare.

“Questa è la prima serie di esperimenti per stabilire definitivamente che i segnali sensoriali generati dall’immaginazione sono forti abbastanza da cambiare la percezione reale del mondo in diverse modalità sensoriali” ha infine affermato il Professore Henrik Ehrsson.

Maria Grazia Tecchia
1 giugno 2013