Influenza del caffè sul metabolismo degli steroidi e dei neurotrasmettitori legati alla cannabis

Il caffè è una bevanda ottenuta dalla macinazione dei semidi piccoli alberi tropicali appartenenti al genere Coffea; sebbene all’interno di questo genere siano state descritte oltre 100 specie, di cui le più diffuse commercialmente esse sono l’arabica e la robusta.

Il caffè appartiene al gruppo delle bevande nervine (come il tè o cioccolato), che hanno un’attività sul Sistema Nervoso centrale (SNC). Tale effetto è dovuto alla presenza di alcaloidi naturali come caffeina (detta anche teina), teofillina e teobromina.

In un recente studio pubblicato sulla rivista Journal of Internal Medicine (Cornelis et al., 2018), i ricercatori hanno scoperto che il caffè influisce sul metabolismo in tanti altri modi; come per esempio sul metabolismo degli steroidi e i neurotrasmettitori tipicamente legati alla cannabis.

Nello studio 47 consumatori abituali di caffè si sono astenuti dal bere caffè per 1 mese, consumato quattro tazze di caffè al giorno nel secondo mese e otto tazze al giorno nel terzo mese. I campioni raccolti dopo ogni fase sono stati sottoposti ad indagine del profilo dei metaboliti.

I ricercatori hanno evidenziato che il caffè ha cambiato molti più metaboliti nel sangue rispetto a quanto noto in precedenza. I metaboliti sono sostanze che, dopo essere assimilate, subiscono un processo di trasformazione per renderli più facilmente assorbibili o eliminabili.

In particolare, i neurotrasmettitori collegati al sistema endocannabinoide, diminuivano dopo aver bevuto da quattro a otto tazze di caffè in un giorno, ovvero l’esatto opposto di ciò che accade dopo aver assunto cannabis. La via metabolica dell’endocannabinoide è un importante regolatore della nostra risposta allo stress ed alcuni endocannabinoidi diminuiscono in presenza di stress cronico

L’aumento del consumo di caffè nell’arco di due mesi della sperimentazione potrebbe aver creato abbastanza stress da innescare una diminuzione dei metaboliti in questo sistema. Potrebbe essere l’adattamento del nostro corpo per cercare di riportare i livelli di stress in equilibrio.

Il sistema endocannabinoide regola anche una vasta gamma di funzioni: cognizione, pressione sanguigna, immunità, dipendenza, sonno, appetito, energia e metabolismo del glucosio. Infatti il caffè è stato anche collegato alla gestione del peso e alla riduzione del rischio di diabete di tipo 2.

“Si pensa spesso che questo risultato sia dovuto alla capacità della caffeina di aumentare il metabolismo dei grassi o degli effetti regolatori del glucosio e dei polifenoli”, ha detto Cornelis. “Le nostre nuove scoperte che collegano il caffè agli endocannabinoidi offrono spiegazioni alternative degne di ulteriori studi“.

Inoltre, alcuni metaboliti legati al sistema androsterone, un ormone steroideo con debole attività androgenica, sono aumentati dopo la stessa quantità di caffè al giorno (da quattro a otto tazze di caffè), il che suggerisce che il caffè potrebbe facilitare l’escrezione o l’eliminazione degli steroidi.

“Il caffè potrebbe influire sulla salute attraverso queste nuove vie metaboliche. Ora vogliamo approfondire e studiare come questi cambiamenti influenzano il corpo”, ha detto l’autrice principale Marilyn Cornelis, assistent professor di medicina preventiva presso la Northwestern University.

Lo studio genera nuove ipotesi sul legame del caffè con la salute e nuove direzioni per la ricerca sul caffè.

Marcello Di Giovanni

Referenze

Cornelis C., Erlund I., Michelotti G.A., Herder C., Westerhuis J.A., Tuomilehto J. (2018). Metabolomic response to coffee consumption: application to a three-stage clinical trial. Journal of Internal Medicine; DOI: 10.1111/joim.12737

La relazione tra smettere di fumare, aumento di peso e diabete

La dipendenza dal fumo continua ad essere un grave problema per la salute e la principale causa di morte evitabile, nonché di tumori ai polmoni. Purtroppo, la maggior parte dei fumatori aumentano di peso dopo aver smesso, mentre una buona parte aumenta significativamente il loro peso tale da rischiare l’insorgenza del diabete.

La ricerca ha confermato più volte che la maggior parte delle persone che smettono di fumare aumenta di peso e che, inoltre, tra loro c’è una notevole variabilità nell’aumento di peso.

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Bush et al. (Obesity, 2016) hanno pubblicato una review il cui scopo è stato quello fare chiarezza circa la relazione esistente tra lo smettere di fumare, l’aumento di peso corporeo e il diabete. Inoltre hanno cercato di definire le strategie di intervento che potrebbero ridurre al minimo o prevenire l’aumento di peso, nonostante il successo e benfici nell’abbandonato le sigarette siano enormi per la salute.

I risultati di tale ricerca confermano che l’aumento di peso associato allo smettere di fumare è in gran parte dovuto al maggior apporto energetico e dispendio energetico ridotto. Infatti gli ex-fumatori aumentano di peso dopo aver smesso di fumare principalmente a causa dell’arresto degli effetti della nicotina sul sistema nervoso centrale. Bassa sazietà, fame nervosa, errata percezione delle calorie e riduzione del sonno potrebbero contribuire all’aumento di peso post-cessazione di nicotina.

Indipendentemente dalla variazione del peso, gli ex fumatori mostrano una maggiore preferenza per gli alimenti dolci piuttosto che quelli salati.

Inoltre, il rapporto tra la dipendenza da nicotina e i meccanismi di compenso neurologici coinvolti potrebbe riprodurre processi neurali simili a quelli coinvolti in alcuni comportamenti alimentari: ovvero la dipendenza da cibo sembra attivare percorsi di compenso organici simili a quelli che avvengono nel cervello con la nicotina.

Quindi smettere di fumare può causare effettivamente un aumento di peso in alcuni individui e può essere associato all’insorgenza di alcune patologie, come il diabete di tipo 2 o l’obesità, ma gli interventi che combinano lo smettere di fumare e il controllo del peso possono essere efficaci per migliorare lo stop alle sigarette e al tabacco, riducendo al minimo l’aumento di peso.

Le strategie di intervento quindi integrano approcci cognitivi, che mettono in relazione immagine e preoccupazione dell’aumento del peso dei fumatori (weight concern), approcci di tipo educativo, di restrizione calorica, di natura psicologica ed eventualmente di tipo farmacologico. Quindi assume di notevole importanza il ruolo del medico nell’aiutare i fumatori a gestire il loro peso nella fase in cui smettono di fumare, tenendo conto anche delle linee guida.

In conclusione, nonostante i benefici per la salute di smettere di fumare, l’aumento del peso post-cessazione e la conseguente insorgenza di obesità e diabete sono un problema significativo. È importante fare enfasi in questo processo che deve esser visto e trattato da un equipe multidisciplinare tenendo in considerazione le variabili che possono derivare e scatenarsi agendo in prima linea nella prevenzione delle stesse.

Marcello Di Giovanni

Bibliogafia:
The effect of tobacco cessation on weight gain, obesity, and diabetes risk. Bush T, Lovejoy JC, Deprey M, Carpenter KM. Obesity. 2016 Sep;24(9):1834-41. Review.

L’uso dell’olio extravergine di oliva abbassa il livello della glicemia post-prandiale  e del colesterolo LDL

La dieta mediterranea è caratterizzata da elevata assunzione di frutta, verdura, cereali, pesce e il consumo moderato di vino, con scarsa assunzione di prodotti lattiero-caseari e rosso carne. Tra i benefici per la salute della dieta mediterranea sono stati attribuiti l’elevato consumo di grassi monoinsaturi, rappresentato principalmente da olio extra vergine di oliva (OEVO). Tuttavia, il meccanismo di fondo è non è ancora del tutto chiaro. Un gruppo di ricercatori della Sapienza di Roma, coordinato da Francesco Violi, in un recentissimo studio pubblicato sulla rivista Nutrition & Diabetes, ha messo in evidenza l’effetto dell’olio extravergine di oliva sui livelli di glicemia e colesterolo LDL subito dopo il pasto in soggetti sani. Ciò è davvero interessante in quanto vi sono numerose evidenze che suggeriscono che i cambiamenti post-prandiali di glicemia e colesterolo potrebbero essere associati a patologie cardio-vascolari. Lo studio è stato condotto su 25 soggetti sani, sottoposti ad un’alimentazione sana e di tipo “mediterraneo”.

oevo

Al prelievo post-prandiale, i soggetti che avevano mangiato un pasto con aggiunta di 10 grammi di olio extravergine mostravano una riduzione della glicemia di quasi 30 mg/dl (da 130 a 100), mentre era aumentata l’insulina e le incretine (GLP-1 e GIP, gli ormoni prodotti a livello gastrointestinale, che riducono il livello della glicemia nel sangue).

Questi risultati forniscono una potenziale spiegazione per l’associazione tra dieta mediterranea e riduzione del rischio di diabete, così come GLP-1 può ridurre l’apoptosi cellulare nelle β-cellule pancreatiche e promuovere la proliferazione β-cellule, l’effetto positivo di OEVO su insulina e colesterolo LDL potrebbe aprire nuove strade per contrastare gli effetti potenzialmente deleteri dei picchi post-prandiali di glucosio e colesterolo.

Un risultato inaspettato è stato il miglioramento di profilo lipidico osservato dopo la somministrazione di olio extravergine di oliva. Infatti, il prelievo post-prandiale ha evidenziato una significativa riduzione del colesterolo LDL  rispetto al gruppo di controllo, che suggerisce un effetto ipolipemizzante di OEVO. Questo effetto sembra essere specifico per il colesterolo LDL, perché non sono modificati né i livelli di trigliceridi né di colesterolo rispetto al controllo. Tale effetto resta per i ricercatori di difficile interpretazione al momento e non ci sono dati che possono contribuire a spiegare se tale effetto benefico dipende da una interferenza con l’assorbimento del colesterolo nel tratto gastrointestinale o su un’attività diretta di OEVO sulla biosintesi del colesterolo. Questa questione merita ulteriori indagini.

Infine lo studio ha confrontato gli effetti dell’olio extravergine di oliva con l’olio di mais per quanto riguarda i cambiamenti del profilo glicemico e lipidico post-prandiale. I risultati hanno evidenziato la peculiarità dell’olio extravergine di oliva su tali profili.

Questo è il primo studio che dimostra che un pasto di tipo mediterraneo integrato con OEVO ha un effetto benefico sul profilo glicemico e lipidico post-prandiale diminuendo il livello di glucosio nel sangue e colesterolo LDL.

Marcello Di Giovanni

Referenze

Extra virgin olive oil use is associated with improved post-prandial blood glucose and LDL cholesterol in healthy subjects. F. Violi, L. Loffredo, P. Pignatelli, F. Angelico, S. Bartimoccia, C. Nocella, R. Cangemi, A. Petruccioli, R. Monticolo, D. Pastori and R. Carnevale. Nutrition & Diabetes (2015) 5, e172; doi:10.1038/nutd.2015.23

Troppi dolci danneggiano la memoria

dolci

Dalla ricerca arrivano sempre più brutte notizie per i golosi di dolci. Infatti un abuso di dolci, oltre agli effetti già noti su glicemia e patologie cardiovascolari, può addirittura provocare una diminuzione delle capacità cognitive e cerebrali.

È quanto emerso da uno studio condotto sui topi da alcuni ricercatori della School of medical science della University of New South Wales , a Sydney e pubblicato sulla rivista Brain, Behavior and Immunity.

Infatti il gruppo di animali da laboratorio, che durante l’anno si alimentava in maniera sana, ha bevuto per qualche giorno acqua con elevate dosi di zucchero dimostrando grande difficoltà nel fare azioni che generalmente riuscivano loro con facilità, come trovare alcuni oggetti spostati dagli scienziati in zone separate delle gabbie. I medici australiani hanno osservato un aumento dello stato infiammatorio dell’area dell’ippocampo, area del cervello addetta alla memoria spaziale.

La scoperta è importante, perché pensiamo possa fare luce anche sul processo di declino cognitivo umano. Ci ha sorpreso la velocità con cui si è verificato il deterioramento della memoria in rapporto al consumo di zuccheri.

Inoltre lo studio ha confermato un dato abbastanza inquietante: il danno permane anche quando i topi hanno ripreso a mangiare in modo sano.

Questa ricerca rappresenta un ulteriore allarme per tutti i golosi, che nei paesi occidentali sono già alle prese con un’alimentazione non sempre corretta, con le conseguenti patologie cardiovascolari. Il consiglio migliore è quello di mangiare dolci in modo moderato, quindi senza esagerare troppo..oltre ad accoppiare una sana alimentazione ad un corretto stile di vita.

Marcello Di Giovanni
4 gennaio 2014

Bibliografia
Beilharz JE, Maniam J, Morris MJ. Short exposure to a diet rich in both fat and sugar or sugar alone impairs place, but not object recognition memory in rats.
Brain Behav Immun. 2013 Dec 3. pii: S0889-1591(13)00575-8. doi: 10.1016/j.bbi.2013.11.016. 

Una colazione abbondante ha un effetto benefico nella gestione dell’obesità e della sindrome metabolica

colazione“Colazione da re, pranzo da principe e cena da povero”. È un detto che appartiene alla saggezza popolare di qualche tempo fa e, in realtà, in linea con i principi della dieta mediterranea. Un’ulteriore conferma è arrivata da uno studio di un gruppo di ricercatori dell’Università di Tel Aviv (Israele), i cui risultati sono stati pubblicati su Obesity. Lo studio mette in evidenza che i benefici di una colazione ipercalorica vanno oltre i chili e centimetri di girovita persi. Daniela Jakubowicz e colleghi hanno assegnato (in maniera random) a 93 donne obese due diete ipocaloriche da seguire per un periodo di 12 settimane, consistenti ciascuna in un totale di 1400 Kcal giornaliere suddivise, rispettivamente, in 700 calorie a colazione, 500 a pranzo e 200 a cena per il primo gruppo e in 200 calorie a colazione, 500 a pranzo e 700 a cena per il secondo.

Ebbene, i loro risultati hanno dimostrato una diminuzione del peso corporeo nonché della circonferenza vita nel gruppo con colazione ipercalorica. A livello biochimico questo gruppo ha mostrato una migliore tolleranza al glucosio, diminuzione dei livelli di glucosio e di insulina, nonché una significativa diminuzione dei livelli di trigliceridi, che addirittura risultavano aumentati nel secondo gruppo di pazienti.

Possiamo fare anche un’importante considerazione: una colazione abbondante (in un’alimentazione comunque bilanciata) riduce l’intake calorico della cena e ciò ha un effetto positivo sul bilancio energetico dell’organismo e sul controllo dell’obesità e della sindrome metabolica.

Inoltre, proprio perché cronologicamente è il primo pasto della giornata, la colazione è il più importante. Molti, invece, fanno il grossolano errore di saltarlo: per esempio perché la mattina si va di fretta a scuola o a lavoro, o perché “non si ha appetito”. Non c’è errore più grande: infatti l’organismo non assimilando le energie giuste non “accende” il proprio metabolismo che, quindi, ne risulta rallentato. Una conseguenza della mancata colazione è il fatto che a metà mattinata viene fame e si rischia di mangiare alimenti ipercalorici e ricchi di grassi. Ovviamente non solo è importate fare colazione, ma dobbiamo stare attenti anche alla qualità! Si consiglia quindi di consumare latte o yogurt per l’introito di calcio, prodotti ricchi di carboidrati, come fette biscottate, fiocchi (i classici di mais, da alternare con frumento integrale, riso e avena), biscotti (meglio secchi), o pane, ma anche un velo di miele o marmellata. Per introdurre vitamine e fibre, sono ottimi un frutto o un succo. E per iniziare bene la giornata..nulla di meglio di una tazza di caffè o di tè, con (eventualmente) un cucchiaino di zucchero di canna!

Prof. Marcello Di Giovanni
19 settembre 2013

Referenze
Jakubowicz D, Barnea M, Wainstein J, Froy O. High Caloric intake at breakfast vs. dinner differentially influences weight loss of overweight and obese women. Obesity (Silver Spring). 2013 Mar 20. doi: 10.1002/oby.20460

Proprietà nutrizionali dell’ananas… è vero che brucia i grassi?

In questo periodo stagionale, uno dei consigli dei nutrizionisti è quello di consumare una buona quantità di frutta e verdura di stagione. In particolar modo, la frutta estiva possiede la caratteristica di un elevato contenuto in acqua e bassissime kcal, indicate per qualsiasi regime alimentare. Un frutto molto gradito è l’ananas, comunemente identificato come frutto tropicale/esotico, che appartiene alla famiglia della Bromeliacee, originario del Sud America, anche se oggi la sua coltivazione è parecchio diffusa in paesi come l’Asia, Africa, Australia e l’America latina. Le specie che consumiamo a tavola è Ananas comosus o Ananas sativus e la sua forma particolare è dovuta al fatto che si tratta di un’infruttescenza.

Ananas

L’ananas è costituito da una polpa gialla e da una scorza marrone. Quasi il 90% della parte edibile è costituito da acqua, mentre la restante parte è costituiti da zuccheri, olio essenziale, bromelina, acido ossalico, citrico e malico, vitamine A, B e C, betacarotene, sostanze antiossidanti, aminoacidi, proteine, minerali, tra i quali vi sono lo iodio, il manganese, il calcio il potassio e il fosforo, per un totale di 40kcal per 100 grammi di parte edibile.

Ma il maggior interesse in campo terapeutico e nutrizionale, per questo alimento è dovuto alla presenza della bromelina o bromelaina (EC 3.4.22.32), un enzima proteolitico contenuto nel gambo d’ananas, e per questo motivo l’ananas si è conquistata la dicitura di “brucia grassi”, anche se non è del tutto corretto. Infatti da un punto di vista biochimico, bromelina contenuta è una miscela di almeno 8 proteinasi, tra cui endopeptidasi tioliche, fosfatasi, per ossidasi, cellulasi, molti inibitori delle proteasi e piccole quantità di enzimi non proteolitici (Pavan et al., 2012) . Nel gambo, sono inoltre presenti due cistein proteinasi, la comosaina e la ananaina enzimaticamente affini alla bromelina, l’acido cinnamico, p-cumarico e ferulico. Non tutti sanno però che la bromelina non è l’unica sostanza di origine vegetale dotata di queste proprietà: infatti nei fichi è presente la ficina e nella papaia la papaina che posseggono attività biochimiche simili. Inoltre la bromelina garantisce ulteriori proprietà terapeutiche all’ananas: antinfiammatorie, antiedemigene ed anticoagulanti. Infatti una volta assorbita e in circola, svolge un’azione fibrinolitica, favorendo la degradazione della fibrina, coinvolta nella formazione del coagulo. Questa caratteristica ne fa dell’ananas un alimento ottimo per i regimi dietetici ipocalorici per le persone che soffrono di patologie cardiovascolari. Lo studio del ricercatore indiano Pavan, insieme al suo gruppo di ricerca, afferma che sia in vivo che in vitro la bromelina ha un effetto fibrinolitico, antinfiammatorio, antitrombotico e antiedematoso.  Inoltre ha una funzione diuretica e digestivo: già nel 18° secolo il gambo dell’ananas era noto per avere proprietà digestive e veniva largamente consumato proprio per questo fine al termine di pranzi abbondanti o da persone con particolari problemi digestivi.

Valori Nutrizionali
Valori nutrizionali Ananas.

Sono attualmente allo studio approfondite analisi per quanto riguarda la sua attività antitumorale e la sua influenza sull’apoptosi. Quindi le proprietà terapeutiche attribuite all’ananas sono essenzialmente dovute alla bromelina, che ha una vasta gamma di benefici sull’organismo, ma la modalità della sua azione non è ben compresa. E ‘dimostrato che la bromelina è ben assorbito nel corpo dopo la somministrazione per via orale e non ha effetti collaterali importanti, anche dopo un uso prolungato.

Ricordiamo che la bromelina è sensibile al calore e perde ogni sua proprietà con la cottura, per cui i suoi benefici vengono meno in prodotti come marmellate, crostate e ogni altro prodotto derivante da cottura.

Una curiosità: per scegliere un buon ananas non bisogna fidarsi del suo colore, ma del suo odore. Può essere un po’ verde, ma perfettamente maturo.

Prof. Marcello Di Giovanni
2 agosto 2013

 

Bibliografia
Rajendra Pavan, Sapna Jain, Shraddha, and Ajay Kumar. Properties and Therapeutic Application of Bromelain: A Review. Biotechnology Research International (2012).
INRAN – Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione.