Recente studio conferma come il pesce riduca l’insorgenza di patologie e aumenti la previsione di vita

salmoneSecondo uno studio condotto dai ricercatori della Harward School of Pubblic Heart, in collaborazione con quelli dell’Università di Washington, chi consuma pesce almeno due volte a settimana, vive più a lungo.

Questo perchè gli acidi grassi omega 3 contenuti nel pesce, hanno un effetto benefico per l’uomo e sono un elisir naturale, permettendogli di vivere almeno 2,2 anni in più rispetto a chi non ne mangia. Inoltre, come hanno spiegato gli scienziati: “Si può arrivare ad abbattere il rischio di mortalità fino al 27% e il rischio di morte per patologie cardiache del 35% mangiando pesce”.

L’equipe, prima di giungere a questa conclusione, ha svolto una ricerca durante ben 16 anni su un campione di circa 2700 americani di età avanzata, aventi tra i 65 e gli 80 anni. Analizzando giornalmente la loro dieta è emerso che i soggetti che avevano incluso il pesce nel loro menu settimanale godevano del 30% in meno di rischio di malattie cardiache.

Confermata quindi la relazione tra le patologie che possono portare l’uomo alla morte e i livelli di omega 3 nel sangue: consumare salmone, tonno e acciughe è fondamentale per il flusso di sangue e per permettere all’organismo di godere di buona salute.

Come ha illustrato Dariush Mozaffarian, a capo della ricerca: “Mangiare pesce è già considerato da tempo parte integrante di una dieta salutare, pochi studi avevano osservato i livelli di omega 3 nel sangue negli anziani e la correlazione con malattie e sopravvivenza. La nostra scoperta conferma l’importanza di introdurre adeguate quantità di omega 3 per la salute del sistema cardiovascolare e suggerisce anche che il consumo in tarda età possa allungare gli anni che restano da vivere”.

Krizia Ribotta
4 aprile 2013

Il preservativo perfetto? Vale 1 milione di dollari. Parola di Bill Gates

preservativoBill Gates torna a far parlare di sé, ma questa volta non per una notizia legata ai computer, bensì per il sociale.

Il magnate, infatti, insieme alla moglie Melinda, lancia un concorso mediante la loro fondazione, dal nome Impatient Optimist. Il tema? Il profilattico perfetto.

“I preservativi sono strumenti che, se usati correttamente, sono molto efficaci sia nel prevenire le infezioni da HIV, in quanto sono determinanti nella lotta alle malattie sessualmente trasmissibili, sia nelle gravidanze indesiderate. L’innegabile e sorprendente verità è che la maggior parte degli uomini preferisce il sesso senza preservativo. Troppo spesso le donne, soprattutto coloro che fanno del sesso un commercio, si trovano impelagate in quella che viene definita ‘negoziazione del condom’ per convincere i clienti a usarlo” afferma l’uomo, il cui fine ultimo è quello di promuovere e stimolare il sesso sicuro.

Secondo Gates, infatti, grazie alla tecnologia e alle conoscenze attuali in campo biologico, neurologico e urologico, sarebbe possibile creare uno strumento che, prendendo come modello il profilattico, ne copia gli aspetti positivi, tralasciandone quelli negativi.

Il concorso, che rientra nell’ambito della campagna Grand Exploration Challenges in Global Health Program, la quale ha già distribuito circa 50 milioni di dollari alle invenzioni più strane ma allo stesso tempo utili alla salute, scade il 7 maggio 2013.

Sul sito della fondazione è possibile consultare e scaricare il bando, che mette in palio un premio da capogiro, a 6 zeri: ben 1 milione di dollari per quella che si rivelerà essere l’idea più innovativa, creativa e rivoluzionaria nel campo della salute. Di questa cifra, 100 mila dollari sono messi a disposizione dalla campagna, e il resto sono soldi che Bill Gates metterà di tasca sua.

Krizia Ribotta
27 marzo 2013

Il buongiorno si vede dall’ormone “del risveglio”

sonnoSe siete stanchi di svegliarvi con il piede sbagliato, apprezzerete sicuramente questa nuova scoperta da parte della Los Angeles University, che rivela come l’ormone “del risveglio” sia in grado di regolare anche la felicità.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications, si è basato dapprima su alcune ricerche precedenti condotte sui cani, in cui si era osservato come la concentrazione dell’ormone, un neuropeptide chiamato orexina o ipocretina, aumentava nel momento in cui gli animali svolgevano un’attività piacevole, come una corsa nel parco, e diminuiva quando invece dovevano, ad esempio, correre su un tapis-roulant, controvoglia.

Inoltre, l’orexina è anche conosciuta in quanto è legata alla narcolessia: la sua assenza provoca insonnia o sonnolenza diurna, che portano, di conseguenza, ad uno stato di depressione. Per tale motivo, l’ormone è stato soprannominato “del risveglio” o “anti-sonno”.

Da qui i ricercatori americani hanno deciso di studiare a fondo e più nel dettaglio l’ormone in questione, scoperto circa 10 anni fa in seguito alla relazione con la narcolessia.

Nell’arco di 24 ore, il gruppo di volontari è stato sottoposto ad un controllo sui flussi cerebrali di orexina, ed è emerso che la concentrazione di ipocretina aumenta quando il soggetto si sveglia e  compie un’azione che gli porta piacere, mentre diminuisce quando prova dolore, è stressato, ha dormito poco, è giù di corda, non è invogliato a fare qualcosa e quando deve andare a letto.

Secondo il coordinatore della ricerca, Jerome Siegel, alla luce di questi fatti, il farmaco anti-insonnia che è in via di approvazione negli Stati Uniti, sarebbe da usare con molta cautela, in quanto agisce disattivando l’ormone del risveglio. Gli effetti collaterali di un medicinale come possono essere dannosi, anche se la Merck, l’azienda che l’ha messo a punto, rassicura in merito.

Krizia Ribotta
23 marzo 2013

La gravidanza allunga i piedi

gravidanzaIl rapporto tra la gravidanza e i piedi lo conosciamo: durante i  mesi, infatti, gli arti inferiori tendono a gonfiarsi, dovendo portare un peso un più, ed è quindi normale che molte donne mettano da parte tacchi e ballerine per utilizzare solo ed esclusivamente scarpe comode.

Ma un nuovo studio americano pubblicato sul numero di marzo della rivista American Journal of Physical Medicine & Rehabilitation, ha reso noto che il bel pancione, crescendo, schiaccia i piedi fintanto da modificarne l’arco plantare, e li rende, quindi, più lunghi.

Come racconta l’americano Neil Segal, docente di ortopedia e riabilitazione che ha guidato l’equipe dei ricercatori dell’Università dell’Iowa di Iowa City: “Ho sentito donne raccontare di cambiamenti della taglia delle loro scarpe con la gravidanza, ma non ho trovato nulla che parlasse di ciò nei libri di testo e nelle riviste mediche. Per studiarlo in modo più scientifico, abbiamo misurato il piedi delle donne all’inizio della loro gravidanza e cinque mesi dopo il parto. Abbiamo scoperto che la gravidanza porta davvero a cambiamenti permanenti nei piedi”. 

Gli esperti hanno studiato e misurato i piedi di circa 49 donne sia durante la gravidanza che a distanza di 5 mesi dal parto, e i risultati hanno dimostrato che, nel 70% dei casi, i pesi si sono allungati dai 2 ai 10 millimetri.

Secondo gli studiosi, questo si verificherebbe in particolare mentre si è in dolce attesa del primo figlio, in quanto si ha una minore elasticità degli arti che, con il passare degli anni, porta a dolori osteoarticolari, artriti ed altre patologie muscolo-scheletriche.

Krizia Ribotta
18 marzo 2013

Vino rosso: 100 bicchieri al giorno per combattere cancro, Alzheimer e diabete

vinoUno studio internazionale condotto dall’Università del Nuovo Galles del sud e coordinato dal biologo australiano David Sinclair ha rivelato che bere il vino rosso servirebbe a contrastare il cancro, l’Alzheimer e il diabete di tipo 2.

Questo perché, come si legge sulla rivista scientifica Science, su cui è stata pubblicata la ricerca, nel vino è contenuta una concentrazione, seppure purtroppo bassa, di resveratrolo, un fenolo rinvenuto nella buccia dell’uva. Si tratta dell’antiossidante più potente presente in circolazione ed è in grado di attivare dei particolari enzimi che, a loro volta, contrastano l’invecchiamento, le malattie e lo stress.

Come ha infatti spiegato Sinclair: “Come pensavamo, il resveratrolo può veramente attivare gli enzimi anti-invecchiamento detti sirtuine. Attiva le difese genetiche dell’organismo, rafforza la resistenza allo stress e l’efficienza energetica, ha azione antiinfiammatoria e di fluidificazione del sangue. È probabilmente più efficace di qualsiasi antiossidante”.

Tuttavia, siccome la quantità di resveratrolo è minima, per poter ottenere dei risultati soddisfacenti, occorre bere almeno 100 bicchieri di vino rosso al giorno, cosa assai improbabile, visto che si tratta di una quantità davvero elevata. Ma niente paura: i ricercatori si sono già messi al lavoro, in modo da riuscire ad ottenere, nell’arco di 5 anni, un farmaco sintetico contenente la stessa quantità della sostanza contenuta in tutti quei bicchieri.

Svelato quindi l’ingrediente per quello che potrebbe essere davvero un super farmaco anti-cancro con effetti benigni per quei pazienti affetti da tale patologia.

Krizia Ribotta
8 marzo 2013

Disturbi mentali: alla base una correlazione genetica

disturbi-mentali-dnaInsieme ad un’equipe di ricercatori di 19 Paesi, facenti tutti parte del Psychiatric genomics consortium, Jordan Smoller – medico del Massachusetts General Hospital – ha condotto uno studio genetico sui problemi mentali, scoprendo interessanti correlazioni tra 5 disturbi che, apparentemente, sembrano non avere niente in comune.

Il deficit di attenzione e l’iperattività, l’autismo, il disturbo bipolare, i disturbi depressivi gravi e la schizofrenia, queste le malattie mentali, sebbene siano diverse tra loro, sembrano legati da un filo conduttore comune. Così risulta dall’analisi effettuata su 61.000 persone di origine europee, di cui 33.332 affette da una di queste patologie e 27.888  sane: il genoma analizzato dagli studiosi ha rivelato come quattro regioni del codice genetico variano in base a questi cinque disturbi.

In particolare, in due geni che hanno il compito di regolare il trasferimento di calcio da un neurone all’altro, i medici sono stati in grado di rilevare alcune anomalie, che spiegherebbero come le cellule celebrali siano in contatto tra loro. Questo potrebbe spiegare come questo cambiamento, nell’ambito di una funzione celebrale, potrebbe diventare un vero e proprio marcatore per le cinque malattie che, perlomeno sino ad oggi, sembrano non averne.

“Questa analisi fornisce la prima prova sull’intero genoma che gli stessi fattori di rischio genetico sono in comune tra malattie psichiatriche sia a esordio in età pediatrica sia in età adulta; malattie che attualmente nella pratica clinica sono trattate come distinte categorie di disturbi” ha spiegato Smoller alla rivista The Lancet, sulla quale è stato pubblicato questo maxi-lavoro.

E i suoi colleghi aggiungono: “Questi disturbi che abbiamo sempre considerati come distinti potrebbero non avere dei confini così netti. Se vogliamo davvero diagnosticare e curare efficacemente le persone, dobbiamo arrivare a conoscenze molto più raffinate”.

Studi approfonditi e nuovi geni identificati potranno aiutare nel processo di prevenzione e di cura mediante farmaci specifici e localizzati che agiranno in prima linea nella risoluzione dei deficit correlati.

Krizia Ribotta
5 marzo 2013

Lo sport riduce l’appetito se praticato di mattina

sportUna nuova ricerca sembra sfatare quanto finora affermato sul praticare attività sportiva: come si sosteneva, infatti, l’esercizio fisico aumentava la fame, ma due ricercatori inglesi, James LeCheminant e Michael Larson, non la pensano così.

I due, che lavorano presso la facoltà di Scienze Motorie alla Brigham Young University, hanno condotto una ricerca che è stata poi pubblicata sul Medicine and Science in Sports and Exercise e che dimostra come lo sport, se praticato di mattina, riduce la sensazione di fame, perché il cervello risponderebbe in modo diverso rispetto al solito.

Per questo test, sono state coinvolte 35 volontarie, di cui metà normapeso e metà obese. Il primo giorno hanno camminato a velocità normale per circa 45 minuti sul tapis roulant e, dopo un’ora, sono state sottoposte ad  elettroencefalogramma per verificare l’attività neuronale in risposta alla visione di 240 foto rappresentanti 120 cibi e 120 fiori. Il giorno successivo, le donne sono state sottoposte ad elettroencefalogramma e hanno visualizzato le stesse fotografie senza aver prima praticato attività fisica.

Il test ha così rivelato che, dopo essersi allenate al mattino, le partecipanti hanno mostrato risposte cerebrali meno marcate di fronte al cibo. Come ha spiegato LeCheminant: “Non solo fare del moto riduce “l’interesse” nei confronti degli alimenti, ma effettivamente si è visto che le donne non mangiavano di più per recuperare le calorie consumate con il movimento; l’introito calorico non era infatti dissimile quando le volontarie non avevano eseguito alcun esercizio”.

Krizia Ribotta
18 febbraio 2013