Sindrome di Down: tra le cause, l’assenza di una proteina

cromosomaNuovi risvolti nello studio della Sindrome di Down: il team del noto istituto di ricerca medica californiano, lo Sanford-Burnham Medical Research Institute, sembra aver scoperto la possibile causa alla base della patologia.

Da quanto si legge sull’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Nature Medicine, l’anomalia del cromosoma 21, che è associata all’alterazione dello sviluppo celebrale dell’individuo che ne è affetto, sarebbe legata alla perdita di una proteina, la nexin 27 o SNX27.

Secondo quanto scoperto dai ricercatori americani, infatti, a causa dell’alterazione del cromosoma, la produzione di questa proteina è inibita, causando, di conseguenza, un vero e proprio danno alle funzioni celebrali, impedendo alle persone che hanno questa sindrome di sviluppare completamente la loro memoria e le loro capacità di apprendimento.

Come ha spiegato il dott. Huaxi Xu, a capo del gruppo americano che ha condotto gli esperimenti: “Nel cervello la proteina SNX27 mantiene alcuni recettori sulla superficie delle cellule recettori, che sono necessari ai neuroni per operare correttamente. Quindi, nella sindrome di Down, noi crediamo che i difetti cognitivi e di sviluppo siano almeno in parte da imputare alla deficienza di SNX27”.

Parole che hanno trovato fondamenta nello studio effettuato sui topi che ha permesso agli scienziati di dimostrare che, ripristinando la produzione della proteina negli animali con Trisomia 21, si otteneva un risultato decisamente migliore sia nella loro funzione cognitiva che nel loro comportamento.

Una notizia che giunge a pochi giorni dalla celebrazione della Giornata Mondiale della Sindrome di Down, che si è svolta l’8 marzo scorso, e che potrebbe davvero rivoluzionare l’approccio con cui ci si avvicina a questa patologia.

Isabel Novo List
26 marzo 2013

Rob Rhinehart: “Ecco il bibitone che sostituisce il cibo”

SoylentLa notizia sta facendo il giro della rete, e il web sembra letteralmente impazzito per seguire il caso di Rob Rhinehart, il giovane programmatore di Atalanta che, avendo a cuore il futuro dell’umanità, ha inventato un cocktail speciale.

La bevanda, infatti, contiene una specie una polvere che è stata immediatamente soprannominata “polverina magica” composta da tutte le sostanze nutritive necessarie al corpo umano. In questo modo, il ragazzo spera di poter riuscire a sfamare l’intero pianeta.

Il bibitone, chiamato Soylent, prende il nome dalle famose gallette di carne umana viste nel film di fantascienza “2022: i sopravvissuti”, in cui si cercava un rimedio per nutrire il mondo intero. La sua invenzione risale circa ad un anno fa, quando un amico di famiglia di Rob deve ricoverarsi all’ospedale, a causa della stanchezza e della mancanza di forze che gli impediscono di muovere le braccia.

Ecco che il giovane, volendo cercare a tutti i costi una dieta semplice, economica, ma allo stesso nutritiva, si è messo a lavorare seriamente  a questo progetto, combinando, tra le varie sostanza, vitamine, minerali, aminoacidi essenziali, carboidrati, grassi, ginseng, ginkgo biloba, alfa-carotene e altre sostanze.

Il centrifugato non contiene tossine, né elementi cancerogeni, ma, per sicurezza, Rhinehart ha voluto testare la bevanda su di sé, e per 30 giorni non ha mangiato. Si è nutrito esclusivamente del Soylent, tenendo sotto controllo il contenuto del suo sangue e le prestazioni fisiche.

“Non doversi preoccupare del cibo è fantastico. Niente supermercato, piatti o dover decidere cosa mangiare, niente conversazioni senza fine che soppesano i meriti relativi di una dieta priva di glutine, di quella chetogenica, paleolitica o vegana. Mi sento liberato da un sacco di fatiche” ha commentato, soddisfatto l’americano.

Isabel Novo List
21 marzo 2013

Un peacemaker per combattere l’anoressia

anoressiaVisto il numero sempre più alto di giovani che soffrono di anoressia e, in alcuni casi, perdono anche la vita, i ricercatori del Neuroscience Krembil Centre e dell’University Health Network sembrano aver trovato la soluzione: un peacemaker cerebrale in grado di stimolare i centri neurali di ansia e umore, affinché si possano aiutare le pazienti a guarire da questa terribile malattia.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Lancet, aveva come obiettivo la stimolazione cerebrale profonda contro l’anoressia nervosa, in particolare per quei soggetti in cui il disturbo si manifesta in modo insistente.

Per 9 mesi, gli scienziati hanno studiato e tenuto sotto controllo 6 pazienti, donne di età compresa tra i 24 e i 57 anni, per le quali tutte le terapie tradizionali si erano rivelate inutili. Anni e anni buttati cercando di trovare quella molla in grado di far scattare un meccanismo nella testa che le portasse a capire l’importanza del cibo per il loro corpo.

Dopo aver impiantato gli elettrodi in quella parte di cervello che influenza il modo in cui l’essere umano regola il proprio umore e ansia, l’equipe ha acceso il dispositivo in modo che fornisse una stimolazione elettrica continua per tutto l’arco del tempo della ricerca.

Il risultato della sperimentazione ha mostrato come 3 delle 6 donne, oltre ad aver registrato dei miglioramenti nel loro stato d’animo, hanno pian piano iniziato a guadagnare quei kg da cui, per anni, avevano cercato di stare alla larga.

Delle altre 3, invece, una non ha mostrato alcun segno di miglioramento, l’altra ha avuto una crisi epilettica circa 2 settimane dopo che le era stato impiantato il peacemaker e l’ultima ha avuto un attacco di panico durante l’intervento.

Proprio per questo i ricercatori mettono in guardia tutte quelle ragazze e donne sprovvedute che pensano che basti premere un bottone per  “ordinare” al proprio corpo di aumentare di peso: la procedura non è adatta a tutte, ed è esclusivamente mirata a coloro che stanno rischiando la morte a causa di questo disturbo perché le solite cure hanno fallito nel loro obiettivo.

Isabel Novo List
10 marzo 2013

Robot chirurgo: opera di tonsille un bambino senza tracheotomia

Morgagni-PierantoniIl piccolo Pierre, di 11 anni, da 4 anni soffriva di difficoltà respiratorie, ma da stasera potrà finalmente dormire sogni tranquilli, dimenticando tutti quegli incubi che, da quando aveva 7 anni, si presentavano puntualmente nella sua vita, impedendogli di correre spensierato insieme agli altri bambini e di praticare il suo sport preferito, il karate.

Tutto merito di un robot che l’ha operato presso l’ospedale “Morgagni-Pierantoni”, a Forlì. Si è trattato di un mini intervento invasivo che ha liberato il ragazzino dalle tonsile linguari che erano diventate enormi e gli causavano parecchi problemi, riducendolo ad una vita limitata e senza la spensieratezza tipica di quegli anni.

L’équipe di chirurgia robotica dell’Unione operativa Orl, diretta da Claudio Vicini, ha collaborato insieme al team di Anestesia e Rianimazione dell’ Ausl di Forlì diretta da Giorgio Gambale, ed il risultato è stato un’operazione senza tracheotomia, giudicata troppo invasiva a quell’età.

Vicini commenta: “Al di là dell’aspetto tecnologico legato all’impiego del robot, l’intera operazione è stata condotta senza dover ricorrere a tracheostomia, che sarebbe risultata particolarmente invasiva e, trattandosi di un paziente pediatrico, avrebbe comportato non pochi rischi soprattutto a distanza” spiega Vicini al termine dell’intervento, sottolineando come l’incisione della trachea sia una procedura molto comune negli adulti, in quanto permette ai medici di inserire una cannula per permettere al paziente a respirare sia durante che dopo l’operazione. Nei bambini, invece, non sempre il taglio della trachea è vantaggioso, senza considerare il rapporto beneficio/costo.

Un successo incredibile per questa operazione di chirurgia robotica, che è la seconda effettuata in Italia: la prima era stata svolta sempre a Forlì.

Isabel Novo List
6 marzo 2013

Il consumo di avocado riduce l’obesità

avocadoSecondo il National Health and Nutrition Examination Survey, un nuovo studio promosso dai “Centers for Disease Control and Prevention negli States”, per combattere l’obesità, oltre alle solite diete toccasana, ecco che spicca l’avocado.

Proprio così: da quanto risultato dal sondaggio americano, infatti, il frutto esotico il cui nome scientifico è Persea americana, è un toccasana per la salute, in quanto riesce a favore la perdita di peso. Se consumato quotidianamente, l’avocado è in grado di fornire il metodo migliore per perdere peso in modo equilibrato, in quanto offre una sensazione di benessere al corpo.

Questo è quanto è emerso dall’analisi sui 17567 volontari di età dai 19 anni in su che si sono prestati in un arco di tempo molto lungo: 7 anni per l’esattezza, dal 2001 al 2008. Durante questo lasso di tempo, al campione sono stati fatti costantemente controlli e verifiche per tenere sotto controllo peso, salute fisica e alimentazione.

Coloro che hanno consumato l’avocado hanno assunto ben 48% di vitamina K in più, 36% di fibre in più, 23% di vitamina E in più, 16% di potassio in più e 13% di magnesio in più. Così facendo, hanno anche di un accumulo significativo dei cosiddetti “grassi buoni”.

Inoltre, il frutto contribuisce anche a mantenere più bassi i valori del colesterolo e combatte l’aumento dell’indice della massa corporea, che riesce ad essere nettamente inferiore rispetto a quella di chi non consuma il suddetto prodotto.

Benessere generale e salute più robusta, dunque, come si legge sulla rivista “Nutritional Journal” su cui è stato pubblicato lo studio.

Isabel Novo List
28 febbraio 2013

Colesterolo: il K.O. arriva dal pecorino sardo

pecorino-sardoNuovo nemico per il colesterolo: stavolta non si parla di un farmaco, ma di un prodotto sano e genuino, stando alla nuova scoperta fatta dall’Università di Cagliari in collaborazione con quella di Pisa. Si tratta di un particolare tipo di pecorino sardo, che viene prodotto dall’azienda Argiolas di Dolianova, la quale ha offerto il suo contributo alla ricerca scientifica collaborando con i due atenei.

Questo particolare formaggio, infatti, oltre ad essere una forte tentazione per il palato, contiene un alto livello di acido linoleico coniugato (Cla), un grasso naturale Omega 6 che non danneggia le arterie e che ha ottime proprietà antiossidanti. Proprio per questo ha una duplice valenza: combattere i radicali liberi e aiutare a distribuire meglio il grasso in eccesso nel nostro corpo.

Grazie a queste sue proprietà è stato somministrato ad un gruppo di 40 pazienti che soffrivano di colesterolo in eccesso, che per tre mesi hanno sostituito il formaggio normale con il pecorino con Cla, senza apportare nessuna modifica alla dieta. L’acido, essendo un elemento inodore e insapore, non viene percepito nel momento in cui si consuma il formaggio, ma dopo 90 giorni test condotti presso l’azienda ospedaliera del capoluogo sardo hanno dimostrano come tutti i partecipanti avessero subito un calo dei livelli di colesterolo pari al 7%.

Un prodotto squisito ed utile al nostro organismo, dunque, questo pecorino, che, come dimostrato dai due atenei, ha benefici incredibili contro l’iper-colesterolemia grazie al suo segreto che, sembra, essere nell’alimentazione delle pecore da cui proviene il latte.

Isabel Novo List

Chi dorme meglio… è in pensione

sonno-pensionatiSecondo uno studio condotto da Sakari Lemola, del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Basilea (Svizzera) e David Richter dell’Istituto tedesco per la ricerca economica di Berlino (Germania), coloro che dormono meglio, riposando tranquillamente di notte, sono i pensionati.

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica The Journals of gerontology (Series B), ha preso come campione 14.179 persone tra i 18 e gli 85 anni, di cui il 52,7% donne. A tutti è stato chiesto di valutare la qualità del proprio sonno e dai risultati ottenuti è emerso quanto segue: man mano che si va verso i 60 anni, il sonno è disturbato, mentre migliora decisamente tra i 60 e i 66 anni, per poi diminuire nuovamente dopo i 66, soprattutto a causa dei problemi di salute legati all’età.

I ricercatori, dopo aver raccolto le testimonianze dei partecipanti, hanno potuto constatare che nel periodo di età compreso nella prima fascia degli anni 60 si verifica quello che può essere chiamato “l’aumento transitorio della qualità del sonno”, dovuto in particolare al fatto che la maggior parte delle persone, a quell’età, va in pensione.

Ritirarsi dal lavoro, infatti, significa più spensieratezza, meno stress, meno ritmi imposti e una diminuzione delle attività di ufficio, che non portano altro che stanchezza. Così facendo, il pensionato ha un riposo decisamente migliore, godendo del privilegio di fare “sogni d’oro” nel vero senso della parola, senza trascorrere le notti in bianco a doversi scervellare perché i conti non tornano o per risolvere i problemi con clienti e fornitori.

Isabel Novo List
1 gennaio 2013