Quando le uova sembrano spugne: lo strano caso dei Gasteropodi Muricidi

Ambientazione:

una spiaggia in tarda primavera/inizio estate.

Prologo:

Un tiepido sole ci riscalda, l’acqua non è limpida per la sabbia ancora in sospensione. Anche se ora la superficie è appena increspata, nei giorni precedenti il dio Nettuno non è stato particolarmente clemente con quel tratto di costa. Si sa, quando il fratello di Giove si infervora, sono le impassibili creature del mare a farne le spese. E molte di esse vengono letalmente trasportate sull’umida battigia senza che possano far più ritorno nel loro ambiente natio. Una Vita che finisce, un’occasione di studio per noi. La rilassante passeggiata al confine tra sabbia e mare, laddove le docili onde formano una delicata ed effimera spuma, si arresta davanti una strana struttura biancastra vagamente rotondeggiante. Descriverla non è semplice, sembra quasi schiuma compatta, ma è ricoperta da piccole papille sacciformi, molte delle quali celano un piccolo forellino visibile solo maneggiando la misteriosa struttura che al tatto appare membranacea, quasi artificiale.

Ovature spiaggiate di Muricide (Ph. Andrea Bonifazi)
Ovature spiaggiate di Muricide (Ph. Andrea Bonifazi)

Dialogo:

A: “Guarda che strano! Ma che cos’è?”
B: “Ogni tanto lo trovo in spiaggia, è una spugna!”

Un copione involontariamente già scritto, un’ambientazione nota a tutti e un dialogo spontaneo che forse cambia nella forma, ma non muta nei contenuti. Ognuno di noi si è trovato in questa situazione almeno una volta nella vita e quasi sempre la discussione è terminata con conclusioni basate solo su impressioni e interpretazioni soggettive. Ma è noto, l’apparenza inganna e in mare questo è un assunto costante; se abbiamo una forma mentis impostata su canoni terrestri, l’errata interpretazione di ciò che viene dal mare è quasi consequenziale, sebbene perfettamente comprensibile.

Torniamo alla globosa struttura cosparsa di forellini: cos’è? Perché la troviamo spiaggiata solo in determinati periodi dell’anno?
L’impressione iniziale è che si tratti di una spugna a causa della sua morfologia e della superficie costellata di pori, un ragionamento sillogistico che quasi automaticamente induce a pensare a un Porifero, ovvero un phylum di invertebrati sessili quasi esclusivamente marini privi di una ben definita simmetria e dotati di una struttura scheletrica interna costutita da fibre proteiche di spongina nella quale sono spesso immerse delle piccolissime spicole calcaree o silicee. Come lascia intendere il nome, sono animali “portatori di pori”, in quanto ricoperti di aperture inalanti (osti) ed esalanti (osculi) che gli permettono di nutrirsi, essendo filtratori. Proprio il loro modus vivendi è la causa della loro morfologia mutevole, adattandosi quest’ultima alle correnti, ottimizzando così la filtrazione delle particelle nutritive presenti nella colonna d’acqua.

Un organismo marino dalla morfologia variabile, ma tendenzialmente globulare, con struttura morbida al tatto e dalla superficie costellata di pori…eppure non è una spugna!
Allora cos’è?

Se le piccole strutture sacciformi hanno fori che non servono a inalare l’acqua, viceversa è plausibile siano serviti a far uscire qualcosa. E cos’è che in Natura può avere una consistenza membranacea e un’apertura da cui fuoriesce qualcosa? Semplice: un uovo.
Bene, si tratta proprio di uova!
O meglio, sono grosse ovature e ognuna di quelle piccole strutture che le compongono sono singole capsule ovigere.
A deporle sono Gasteropodi della famiglia Muricidae appartenenti alle due specie Hexaplex trunculus e Bolinus brandaris: tanto per capirci, sono i Molluschi che nell’antichità venivano usati per produrre la porpora utilizzata per tingere i vestiti dei più ricchi grazie alla vischiosa secrezione di una loro ghiandola. In Età Imperiale il celeberrimo rosso porpora era un vero e proprio status symbol delle caste più agiate. Oggi sono più conosciuti per il loro utilizzo culinario: rinomati quasi quanto i ricchi abiti color porpora sono infatti gli spaghetti agli sconcigli, nome con cui questi Muricidi sono chiamati in alcune regioni.

Bolinus brandaris ed Hexaplex trunculus a confronto (Ph. Lynne Gentry - Dezidor)
Bolinus brandaris ed Hexaplex trunculus a confronto (Ph. Lynne Gentry – Dezidor)

Due specie predatrici che tipicamente sono rinvenibili in ambiente infralitorale, entrambe caratterizzate da una conchiglia massiccia e spesso ornata, sovente con marcate spine in B. brandaris; spesso si osservano spiaggiate e sono anche preda dei collezionisti.
Tra Maggio e Giugno più individui si radunano di notte e depongono le uova in questi ammassi biancastri e globosi che possono essere fissati a un substrato roccioso o rilasciati su sabbia, in balia delle variabili condizioni meteomarine.
Le ovature contengono migliaia e migliaia di capsule ovigere: basti pensare che una singola femmina è in grado di produrre circa 150 capsule, ognuna delle quali contenente mediamente 400 uova, da cui usciranno delle piccolissime larve già dotate di protoconca, la prima conchiglia che si sviluppa nei Gasteropodi.
In caso di mareggiate, le ovature, spesso già schiuse, vengono trasportate sulla riva, andando nuovamente a suscitare curiosità in chi le trova, causando gli ormai quasi tradizionali fraintendimenti naturalistici accennati in precedenza.

Vari esemplari di Hexaplex trunculus che si sono riuniti per la deposizione delle ovature (Ph. Jordi Regàs)
Vari esemplari di Hexaplex trunculus che si sono riuniti per la deposizione delle ovature (Ph. Jordi Regàs)

Parafrasando il romanzo di Milan Kundera, queste affascinanti e globose ovature
sono soggette all'”insostenibile leggerezza dell’apparire”: venendo confuse con delle più “banali” spugne solamente per la loro indefinita morfologia, possono celare segretamente la nuova Vita che sono in grado generare. Così ogni anno. Per milioni di anni.

Andrea Bonifazi

Bibliografia

D’saro C.N. (1992). Gunnar Thorson’s world-wide collection of prosobranch egg capsules: Muricidae. Ophelia, 35 (1): 1-101.

Lahbib Y., Abidli A. & El Menif N. T. (2010). Laboratory Study of the Intracapsular Development and Juvenile Growth of the Banded Murex, Hexaplex trunculus. Journal of the World Aquaculture Society, 41 (1): 18-34.

Middelfart P. (1994). Reproductive patterns in Muricidae (Prosobranchia: Neogastropoda). Phuket Marine Biological Center Special Publication, 13: 83-88.

Vasconcelos P., Barroso C.M. & Gaspar M.B. (2015). Morphometric relationships and relative growth of Hexaplex trunculus and Bolinus brandaris (Gastropoda: Muricidae) from the Ria Formosa lagoon (southern Portugal). Journal of the Marine Biological Association of the United Kingdom, DOI: http://dx.doi.org/10.1017/S0025315415001472

Vasconcelos P., Gaspar M.B., Joaquim S., Matias D. & Castro M. (2004). Spawning of Hexaplex (Trunculariopsis) trunculus (Gastropoda: Muricidae) in the laboratory: description of spawning behaviour, egg masses, embryonic development, hatchling and juvenile growth rates. Invertebrate Reproduction & Development, 46 (2-3): 125-138.

Quando la predazione diventa un’arte: i Gasteropodi Naticidi

Passeggiando in spiaggia è possibile rinvenire frequentemente valve di Molluschi Bivalvi perforate. Un buchino preciso e misterioso, che affascina a qualsiasi età, tanto che queste conchiglie sono tra i tesori che più comunemente vengono raccolti in spiaggia.

Ma cos’è quel buco? Durante le mie attività di didattica ambientale pongo spesso questo quesito e la risposta più frequente (a prescindere dall’età dell’interessato) è “serve per farci le collane”, seguita da “è un occhio” e “serve per mangiare/respirare”. Per carità, è vero che può essere utilizzata per realizzare un simpatico ciondolo, ma ovviamente quella ne è la diretta conseguenza, non la causa!

Un esemplare di Neverita josephinia su substrato sabbioso (Ph. Stefano Guerrieri).
Un esemplare di Neverita josephinia su substrato sabbioso (Ph. Stefano Guerrieri).

Quel perfetto forellino è ciò che resta di un atto di predazione! Pensate a un predatore marino: vi verrà immediatamente in mente un grosso Squalo bianco, una  furba Orca o una vorace Foca…ma in realtà i predatori che vivono in mare sono di qualsiasi forma e dimensione, abbracciando quasi tutti i phyla conosciuti. Tra questi ce ne sono alcuni davvero inaspettati: i piccoli Molluschi Gasteropodi appartenenti alla famiglia Naticidae, comunemente conosciuti come “Natiche” (secondo alcuni anche per via della loro colorazione rosa e omogenea…ehm…) ne sono un degno esempio. Molto comuni lungo le nostre coste, sono tra i più infallibili, voraci e insospettabili predatori. Immaginate una simpatica e delicata chiocciolina rosa o a puntini che…perfora una tellina con la sua ruvida “lingua dentata” e ne divora l’animale quando è ancora in vita!

Alla base di tutto ciò c’è sofisticatissimo e spettacolare meccanismo di predazione costituito da varie fasi: dopo aver scovato lo sfortunato Bivalve infossato nella sabbia (sebbene non sia raro che anche altri Gasteropodi vengano predati), il Naticide lo immobilizza sia con il piede, sia tramite secrezioni chimiche; dopo aver trovato il punto più consono dove dare il via alla perforazione, inizia a raschiare la conchiglia della sua preda con la radula, una struttura cartilaginea estroflessibile ricoperta da svariate file di minuscoli e affilatissimi dentelli chitinosi, con un movimento che avviene secondo un arco di cerchio che copre circa 20 °. La fase successiva prevede un periodo di riposo di 120 – 300 secondi che permette al Naticide di ritrarre la proboscide contenente la radula, mentre il punto da perforare viene coperto da un organo accessorio del piede: la ghiandola perforatrice, il cui secreto permette di sciogliere chimicamente il carbonato di Calcio della valva della preda. Successivamente il piede viene spostato e di nuovo sostituito dalla proboscide, riprendendo l’opera di raschiamento della radula. Queste due fasi, in cui si alternano periodicamente l’attività fisica della proboscide  e del piede e quella chimica della ghiandola, possono protrarsi anche per oltre 60 ore di duro lavoro. Non appena il foro viene ultimato, il Naticide può inserirci la proboscide, iniziando così a divorare l’ormai inerme preda.
Il foro è differente a seconda delle della specie che lo produce ed il pasto che ne scaturirà potrà essere sufficiente per i successivi 5-14 giorni.

Valve di diverse specie con il caratteristico foro da predazione (Ph. Andrea Bonifazi).
Valve di diverse specie con il caratteristico foro da predazione (Ph. Andrea Bonifazi).

Il lavoro compiuto dal predatore è duro e dispendioso e il pasto deve ripagarlo, quindi, per ottimizzarne l’efficacia, i Naticidi sono soliti perforare le zone sotto cui sono posti gli organi sessuali o quelli digestivi; per questo motivo il tondeggiante buco è quasi sempre in corrispondenza dell’umbone, la porzione più vecchia della conchiglia, ove sono alloggiate gran parte delle più gustose porzioni dell’animale: forando in quel punto, il successo è assicurato e il banchetto è servito!

Le specie più comuni lungo le nostre coste sono Naticarius hebraeus, N. stercusmuscarum e Neverita josephinia e quasi sempre hanno come prede preferite i Bivalvi appartenenti ai generi Donax e Tellina, senza tuttavia disdegnare diverse specie dei generi Spisula e Glycymeris e della famiglia Cardiidae.

La prossima volta che, passeggiando in spiaggia, avrete modo di ammirare questi perfetti forellini, riflettete sul complesso e spettacolare processo che li genera e su come essi rappresentino allo stesso tempo la morte per un individuo, ma la Vita per un altro. E ricordate che in Natura i predatori non sono solo i Leoni, gli Squali, le Aquile e le Tigri, ma anche molte piccole, delicate e apparentemente “innocenti chioccioline” che vivono sulla sabbia!

Andrea Bonifazi

Bibliografia.

Calvet C. (1992). Borehole site-selection in Naticarius hebraeus (Chemnitz in Karsten, 1789) (Naticidae: Gastropoda)?. Orsis: Organismes i Sistemes, 7: 57-64.

Kabat A.R. (1990). Predatory ecology of naticid gastropods with a review of shell boring predation. Malacologia, 32(1): 155-193.

Kingsley-Smith P.R. (2003). Stereotypic and size-selective predation in Polinices pulchellus (Gastropoda: Naticidae) Risso 1826. Journal of Experimental Marine Biology and Ecology, 295: 173-190.

Negus M. (1975). An analysis of boreholes drilled by Natica catena (Da Costa) in the valves of Donax vittatus (Da Costa). Proceedings of the Malacological Society of London, 41: 353.

Un Insetto per amico: Extatosoma tiaratum

Da secoli l’uomo è sempre vissuto assieme agli animali, chi per allevamento a scopo alimentare, chi per pura passione.
Cani, gatti, cavalli, canarini e chi più ne ha più ne metta… Ma gli Insetti? Questi affascinanti Artropodi, morfologicamente ed etologicamente estremamente eterogenei, sono spesso stati bistrattati; tuttavia da alcuni anni si sta sempre più diffondendo la mania di possedere Insetti come “animali da compagnia” e le specie probabilmente più trattate appartengono all’Ordine dei Fasmidi, invertebrati alquanto affascinanti, inusuali e facili da allevare. Specie alquanto comune da reperire in negozi specializzati o mostre ad hoc è Extatosoma tiaratum (“cugino” del nostrano Bacillus rossius), Artropode di origine australiana appartenente alla Famiglia Phasmatidae, comunemente conosciuto come “Insetto foglia secca” per la particolare struttura del corpo che, appunto, lo fa assomigliare una foglia ingiallita. Come praticamente tutti i Fasmidi, anche questa specie fa del mimetismo l’unica effettiva difesa che hanno dai predatori (sebbene in alcuni casi straordinari sia stato osservato come siano in grado di secernere una sostanza lievemente urticante se stressati ed intimoriti): la straordinarietà degli esemplari di E. tiaratum risiede nel fatto che, in caso di pericolo, oscillano come fossero delle foglie mosse dal vento. Continue reading