Insulina Made in Italy

Buone notizie per i pazienti diabetici. Approda anche in Italia, dopo il via libero europeo, la prima insulina biosimilare. Si tratta di una versione equivalente rispetto al “farmaco originatore”, con analoga efficacia clinica e caratteristiche fisico-chimiche similare, che faciliterà non soltanto la cura del diabete, di tipo 1 e 2, ma consentirà anche al Servizio Sanitario Nazionale di spendere molto meno. L’insulina biosimilare, infatti, costerà circa il 25% in meno rispetto a quella “originator”.

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© v1ctor Casale

Si tratta di una versione “simile”, ma non “uguale”, rispetto al farmaco già utilizzato in ambito clinico (chiamato “originatore”), per il quale sia scaduta la copertura brevettuale. Il biosimilare non è però un farmaco generico: se quest’ultimo, infatti, è la “copia esatta” di un farmaco di sintesi chimica, il biosimilare, invece, è una semplice “riproduzione”, data da un processo produttivo biotecnologico che presenta un certo grado di variabilità.

Secondo il rapporto 2015 “Arno Diabete”, elaborato dalla Società Italiana di Diabetologia e dal Consorzio Interuniversitario Cineca, l’incidenza della patologia sulla popolazione italiana sarebbe stimata intorno al 6,2% (circa 3.780.000 italiani affetti da diabete). La proiezione sale a 5 milioni di malati, con un’incidenza dell’8,1%, se si aggiungono i casi di diabete non diagnosticato (1 italiano ogni 4 pazienti noti). “Il Servizio Sanitario Nazionale deve porsi dunque il problema della riduzione dei costi”, rileva il presidente dell’Associazione Medici Diabetologi, Antonio Ceriello. “La nuova possibilità di utilizzare farmaci altrettanto efficaci, ma meno costosi, è, oggi, una svolta”.

La nuova molecola, prima del suo genere a essere stata approvata in ambito europeo, ha inoltre il pregio di essere un farmaco Made in Italy. Nato infatti dall’alleanza di due importanti aziende farmaceutiche come la tedesca Boehringer Ingelheim e la Eli Lilly, verrà prodotto nel sito di Sesto Fiorentino (Firenze) della Lilly.

“Va detto innanzitutto che stiamo parlando di un biosimilare, non di un farmaco generico”, spiega Giorgio Sesti, professore ordinario di medicina interna all’Università di Catanzaro. “Si tratta cioè di un prodotto complesso, realizzato grazie a tecniche di biologia molecolare a immagine e somiglianza del farmaco biologico originatore. Può essere leggermente diverso perché la variabilità nella produzione di molecole biologiche complesse è maggiore, ma in clinica deve poi avere caratteristiche di efficacia e sicurezza simili all’originale, senza differenze statisticamente significative. Le procedure per la registrazione di un biosimilare sono infatti tutt’altro che semplificate, come accade invece per i generici per i quali è necessario un solo studio di bioequivalenza: un biosimilare deve sottostare a regole stringenti per la produzione, deve superare una mole importante di studi preclinici e deve ripercorrere l’iter dei trial clinici che ne certificano l’assoluta sovrapponibilità di comportamento rispetto all’originator”.

L’insulina biosimilare potrà inoltre essere utilizzata attraverso un dispositivo iniettivo di nuova generazione: una penna pre-riempita, di cui saranno disponibili anche cartucce per le tipologie ricaricabili. Questo per consentire anche ai circa 800mila pazienti di tipo 2, non insulino-dipendenti, di poter passare al trattamento iniettivo: in molti casi, infatti, accorgimenti quali dieta, esercizio fisico e farmaci orali non sono sufficienti a tenere sotto controllo la glicemia.

“L’insulina, nonostante sia un trattamento fisiologico che ripristina una funzione ormonale deficitaria, è vista da questi pazienti come una sorta di “ultima spiaggia”, un segno di malattia a uno stadio terminale”, continua il professore Giorgio Sesti. “C’è perciò una barriera psicologica rilevante da parte del malato, cui si aggiunge la riluttanza di molti medici: la gestione di una terapia insulinica richiede maggiori colloqui, più attenzione, più tempo da dedicare all’educazione del paziente per insegnare come modificare i dosaggi in base alla glicemia, ai pasti consumati o all’attività fisica svolta. Così, spesso passano anche quattro o cinque anni prima che un paziente per cui sia indicata l’insulina cominci davvero la cura. L’insulina glargine biosimilare, grazie ad un device più semplice e accurato e a nuovi strumenti educazionali e servizi sviluppati, può rendere l’inizio della terapia basale più facile”.

Elisa Scarlingi

I dolori del musicista: la risposta arriva da Milano

Quando talento musicale e salute si incontrano nascono interessanti prospettive per la cura e la prevenzione di patologie muscolo-scheletriche e il miglioramento dello stile di vita di chi ha fatto della musica la propria professione. A essere colpiti sono in particolar modo coloro che si sono specializzati in strumenti asimmetrici (viola, violino, flauto traverso e fagotto) e pesanti (trombone).

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© Kinojam

A dirlo sono i medici impegnati nell’ambulatorio “Sol Diesis”, attivo dal 2004 presso il centro IRCCS S. Maria Nascente Fondazione Don Gnocchi di Milano. “La maggior parte dei problemi sono dovuti a un’errata postura, magari acquisita nel tempo, o a un’impostazione tecnica sbagliata”, spiega Rosa Maria Converti, una delle coordinatrici del centro, medico fisiatra e suonatrice d’arpa. “Le variabili in gioco sono molte e nessun individuo è uguale agli altri”.

Le malattie più frequenti osservate dall’ambulatorio milanese sono quelle muscolo-scheletriche, che colpiscono più del 75% dei musicisti, seguite da patologie come la sindrome da overuse (dolore legato a movimenti ripetuti e continuativi), la distonia focale (patologia neurologica che comporta il mancato coordinamento delle mani), la sindrome del tunnel carpale, tendiniti, rachialgie e dolori alla cervicale.

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© Massimo Battesini

A soffrirne sono tutti, studenti alle prime armi ma soprattutto professionisti affermati. I primi vengono colpiti soprattutto da infiammazioni muscolari legate a errori posturali, dovuti spesso a sessione di studio troppo lunghe. I secondi invece, sebbene abbiano uno stile di vita professionale più corretto, soffrono di patologie usuranti, quali ad esempio dolori alla spalla.

“La nostra impostazione è soprattutto quella di prevenire i disturbi legati alla musica. Per questo cerchiamo di evitare, per quanto possibile, di far smettere di suonare”, sottolinea Converti. “Per i professionisti, questo equivale infatti a perdere il lavoro. Sono degli atleti dell’arte e devono essere al top”. Per questo non sono da sottovalutare alcune regole, che potrebbero prevenire sintomi poco piacevoli: “Cercare sempre di fare un riscaldamento mirato prima di suonare, non solo quello progressivo allo strumento, ma anche di allungamento muscolare della parte interessata. Evitare lunghi periodi di esecuzione, prendendosi della pause ogni 40-50 minuti. Adottare una postura corretta, in un ambiente ergonomico. Non sottoporsi a brutali variazioni nel ritmo di lavoro, cercando di mantenere un’attività minima, anche nei periodi di riposo”.

Elisa Scaringi