Nuovi studi genetici indicano un melting pot europeo

Alle popolazioni locali si unirono gruppi mediorentali e un antico popolo settentrionale euroasiatico.

L'Europa era abitata e popolata da gruppi di cacciatori-raccoglitori prima ancora che  le migrazioni provenienti dal Medio Oriente portassero l'agricoltura nel continente.
L’Europa era abitata e popolata da gruppi di cacciatori-raccoglitori prima ancora che le migrazioni provenienti dal Medio Oriente portassero l’agricoltura nel continente.

Grande passo avanti nello studio delle popolazioni europee. Alcune nuove sequenze di DNA estratte da una dozzina di antichi abitanti del nostro continente mostrano uno scenario interessante: L’Europa era un miscuglio di popolazioni, dove agricoltori dagli occhi bruni incontrarono cacciatori-raccoglitori dagli occhi azzurri già presenti precedentemente sul territorio. E’ stata individuata anche una terza e misteriosa popolazione il cui areale si trovava presumibilmente nel territorio artico euroasiatico fino alla Siberia.

I genomi sono stati estratti da cacciatori-raccoglitori vissuti 8,000 anni fa in Lussemburgo, in Svezia e 7,500 anni fa in Germania, e sono stati messi a confronto con 2,196 campioni presi da 185 diverse popolazioni odierne. Le analisi, con a capo Johannes Krause dell’University of Tübingen, in Germania, e David Reich della Harvard Medical School a Boston, in Massachusetts, sono state postate sul sito bioRxiv.org il 23 dicembre del 2013 [1]. I risultati non sono ancora stati pubblicati su una rivista peer-reviewed.

Un secondo team, capeggiato da Carles Lalueza-Fox dell’Univeristà di Pompea Fabra a Barcelona, rilasciò nel 2012 alcuni dati genomici preliminari ottenuti dal materiale genetico di un cacciatore-raccoglitore vecchio di 7,000 anni, proveniente dalla Spagna nord occidentale, ma con un basso grado di parentela con i moderni spagnoli [2]. “A breve verrà pubblicato l’intero genoma” , ha dichiarato la ricercatrice in un recente talk, di quello che si pensa sia uno dei più antichi abitanti d’Europa.

Latte o grano.
I nuovi studi hanno permesso ai ricercatori di disegnare un ritratto dei primi europei basandosi su alcune mutazioni del DNA note per essere collegate con alcune caratteristiche negli esseri umani moderni.

Il genoma sequenziato dagli individui del Lussemburgo e della Spagna indica che questi avevano la pelle scura, probabilmente gli occhi azzurri, e appartenevano a gruppi noti per essere cacciatori-raccoglitori. La donna tedesca, al contrario, aveva la pelle più chiara e gli occhi bruni, ed era imparentata con alcuni gruppi mediorentali conosciuti per aver sviluppato l’agricoltura. Entrambi i gruppi sequenziati tuttavia avevano coppie multiple di un gene che permette alla saliva di produrre amilasi, un enzima che scinde gli amidi, caratteristica che deriva probabilmente dall’adattamento a una dieta ricca di grano, tipica di una vita agricola. Dall’altro canto però nessuno era in grado di digerire il lattosio, un tratto emerso nel Medio Oriente dopo la domesticazione dei bovini e che si è successivamente diffuso anche in Europa.

Lo studio aggiunge anche qualche colpo di scena alla preistoria europea.

Studi genetici e archeologici precedenti a questo indicavano che la maggior parte degli odierni europei discende da agricoltori mediorientali che si sono mischiati in alcune zone, e rimpiazzati in altre, ai cacciatori-raccoglitori che già erano presenti. Il team di Krause ha concluso che ci fu anche una terza popolazione che diede il proprio contributo genetico ai moderni europei.

Questo gruppo, che gli autori chiamano “Antichi Euroasiatici del Nord”, è probabilmente vissuto ad alte latitudini tra l’Europa e la Siberia fino a qualche migliaia di anni fa, ed è imparentato maggiormente con i Siberiani dell’Alto Paleolitico piuttosto che con popoli europei viventi. Tracce di questa popolazione sono state trovate nel genoma di un bambino siberiano risalente a 24.000 anni fa. Pubblicato il mese scorso, il genoma del ragazzino indica che i membri di questa antica e misteriosa popolazione si sono incrociati sia con gli antenati dei nativi americani che con gli europei [3].

Diverse migrazioni
Confrontando i dati appena ottenuti con il genoma degli europei odierni si nota che gli attuali abitanti del continente sono essenzialmente un melting pot tra questi tre gruppi. Gli scozzesi e gli estoni, ad esempio, trovano la loro discendenza negli euroasiatici settentrionali più degli altri europei, mentre i Sardi, invece, hanno una ascendenza più vicina delle altre popolazioni a quella degli agricoltori provenienti da est.

I nuovi dati forniscono anche evidenze in più agli studi sulle prime migrazioni della nostra specie fuori dal continente africano. Il team di Krause ha scoperto che gli agricoltori provenienti dal Medio Oriente si sono separati dai loro antenati africani prima di quanto abbiano fatto gli europei ed i gruppi asiatici. Una possibile spiegazione di questo modello è data dal fatto che gli agricoltori discendono dagli umani che si insediarono in Israele e nella Penisola Arabica 100.000-120.000 anni fa.

Molti ricercatori hanno ipotizzato che questi siti rappresentano le migrazioni avvenute fuori dall’Africa che poi sono fallite, visto che altre evidenze indicano che il continente è stato lasciato alle spalle prima di 100.000 anni fa.

“Penso che nessuno si aspettasse una scoperta del genere” dice Eske Willerselve, paleogenetista dell’Università di Copenhagen. Afferma però che sarà difficile dimostrare l’esistenza della popolazione, e aggiunge: “Se però fosse corretto, sarebbe interessante”.

“Sarebbe veramente bello trovare un individuo con una discendenza diretta da questa popolazione” dice Pontus Skogland, genetista evolutivo dell’Università di Uppasala, in Svezia. Il DNA antico non dura molto in regioni che presentano climi caldi e umidi, per questo motivo, riuscire a studiare genomi delle popolazioni mediorientali richiede un ulteriore avanzamento tecnologico unito a un po’ di fortuna.

Lalueza-Fox non ha voluto discutere del lavoro svolto dalla sua squadra, ma mette in guardia sul fare troppe ipotesi circa il popolamento dell’Europa utilizzando solo qualche manciata di antichi genomi provenienti da un singolo periodo storico. “Salteranno fuori numerose altre migrazioni e spostamenti, e quindi nei prossimi anni ci sarà spazio per ulteriori indagini” dice il ricercatore.

Daniel Iversen
14 gennaio 2013

[1] http://dx.doi.org/10.1101/001552
[2] Sánchez-Quinto, F. et al. Curr. Biol. 22, 1494–1499 (2012).
[3] http://www.nature.com/news/americas-natives-have-european-roots-1.14213 

In Africa prima stampante 3D costruita con rifiuti elettronici

Il Togo, Africa occidentale, ha dato alla luce “W.Afate”, la prima stampante 3D costruita nel continente; con una particolarità: è assemblata essenzialmente con rifiuti elettronici.

stampa3d

L’idea è nata all’interno di WoeLab, il primo hackerspace dell’Africa Occidentale, grazie all’ingegno di Kodjo Afate Gnikou, un giovane tecnico togolese, pioniere della Lab.

La stampa 3D è senza dubbio una delle tecnologie più promettenti e avveniristiche degli ultimi decenni. In breve si tratta di una macchina che, riscaldando una bobina di materiale (plastico, nella maggior parte dei casi, ma anche resina di legno, cioccolata e altro), e deponendolo strato su strato, crea oggetti partendo da un file 3D elaborato a computer. Grazie anche ai numerosi progetti paralleli Open Source, dove i makers di tutto il mondo hanno un terreno fertile e aperto dove migliorare di volta in volta i prototipi, questa tecnologia potrebbe segnare un cambio di paradigma, svincolando la produzione da grandi e costose infrastrutture, portandola direttamente sulla nostra scrivania. Attualmente con meno di 500 euro ci si può costruire, con un pò di pazienza, la propria stampante 3D Open Source che tra l’altro è anche replicabile per più della metà dei suoi componenti. Una stampante che stampa un’altra stampante, insomma.

Con questa tecnologia a disposizione di molti, la produzione potrà delocalizzarsi, diventare ondemand e a chilometri zero; potrà non esserci più un reale e massiccio trasporto di merci in giro per il mondo, con il conseguente consumo di combustibili fossili, ma sarà l’informazione dell’oggetto da costruire a viaggiare, via Internet, ai luoghi di produzione; inoltre potrà essere eliminato anche il problema delle merci in esubero.

Parlando del presente è già possibile stampare per esempio, pezzi di ricambio per apparecchi domestici che si rompono e che quindi sarebbero destinati alle discariche per via della loro eccessiva obsolescenza.

Durante lo svolgimento di AchiCamp 2012 e dopo aver potuto studiare da vicino una Prusa Mendel importata dalla Francia (uno dei modelli delle stampanti 3D Open Source del progetto “RepRap”), Afate è riuscito a identificare alcuni aspetti nel processo di assemblaggio e ha avviato questo avveniristico progetto che si pone come obiettivo quello di costruire una stampante 3D dotata di facilità di replicazione, usando materiali riciclati.

Il terzo mondo in epoca moderna è diventato tristemente famoso per il continuo sopraggiungere di grandi quantità di rifiuti elettronici (ewaste), spesso accumulati in enormi discariche alle periferie delle città. Queste zone vengono prese di mira soprattutto da bambini che passano le giornate rovistando tra la spazzatura in cerca di metalli preziosi, come il rame, o componenti elettronici ancora in buono stato, pronte per essere rivendute.

Afate ha subito colto l’opportunità nella grande abbondanza di materia prima per il suo progetto, e ha lanciato una campagna crowdfounding su Ulule in cerca di supporto e finanziamenti per la prima stampante 3D costruita esclusivamente da materiali di scarto e rifiuti elettronici. La sua W.Afate Printer riceve subito un sacco di donazioni (112 per l’esattezza), arrivando, alla fine della campagna a raggiungere una cifra di € 4.316 , su un obiettivo prefissato di € 3.500 (+23%).

L’utilizzo di tale somma è illustrata in un grafico, sempre sul sito del progetto su Ulule.

La mossa successiva è stata quella di iniziare a reperire parti di vecchi scanner, fotocopiatrici e computer, insieme ad attrezzi come martelli, seghetti, trapani, saldatori e cacciaviti. Una volta raccolto il materiale si è iniziato a costruire il piano di stampa, il telaio, le rotaie e l’estrusore per poi montare tutto insieme, anche grazie ai suggerimenti e l’aiuto offerto dal progetto Open Source “RepRap”, dotato di una wiki liberamente consultabile sulla Rete.

Alla fine di aprile i ragazzi della WoeLabTogo hanno iniziato a collaborare con FacLabFrance, creando “W.AFATE to Mars Project”, progetto parallelo che propone di lanciare l’idea di Afate in future missioni spaziali sul pianeta rosso.

“La nostra spazzatura per le esplorazioni spaziali” è lo slogan con il quale a maggio il team ha presentato il progetto al concorso “NASA Space APP Challenge” a Parigi, competizione internazionale ad ambito aerospaziale volta a trovare soluzioni nello sviluppo di alcune interessanti applicazioni a tema spaziale. Il loro progetto, che si trova in versione Google Docs, con licenza Creative Commons, mira a portare l’utilizzo di macchinari costruiti con rifiuti elettronici in future missioni spaziali.

Nel 2013, dopo l’ArchiCamp 2013 organizzato a Lomé, si unisce al team anche Julien Déprez, della FacLab, Francia, che con le sue conoscenze è in grado di fornire un aiuto prezioso al progetto ed aiuta a superare alcune sfide tecniche, come per esempio la costruzione dell’estrusore.

Il progetto è in pieno svolgimento e potete seguire le ultime vicende della W.AFATE sul sito della campagna, dove già si denota il grande successo che sta avendo, essendo anche stato promosso e spinto da Adrian Bowyer, “padre” del progetto RepRap: alcuni dei video hanno raggiunto più di 10mila visualizzazioni.

In una intervista a EuroNews Afate dichiara: “Il mio sogno è quello di dare speranza ai giovani, mostrando al mondo che anche l’Africa ha un posto nel mercato globale quando si tratta di tecnologia. Noi sappiamo costruire cose.”

I ragazzi del WoeLab sono all’opera per completare la stampante prima della fine di dicembre, perfezionando alcuni aspetti come la standardizzazione dei componenti e la calibrazione. E’ stato necessario comprare qualche pezzo necessario, ma la loro spesa totale è stata minima: 100 dollari. Ecco intanto la loro prima prova di stampa:

6431c6b109148f0710cbe803d9858ff9

Daniel Iversen
21 dicembre 2013