Tumore ovarico: novità dalla ricerca

Secondo i dati emersi dagli sviluppi di recenti ricerche circa 500 donne in Europa muoiono ogni giorno perché colpite dal tumore ovarico, mentre in Italia vengono diagnosticati ogni anno circa 5.000 nuovi casi di tumore ovarico che colpisce prevalentemente donne in età avanzata. In alcuni studi condotti tra il 2005 e il 2007, era emerso che a cinque anni dalla diagnosi soltanto il 37% delle pazienti sopravviveva alla malattia. ACTO Onlus, Alleanza Contro il Tumore Ovarico ha organizzato, in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Farmacologiche ‘Mario Negri’, il 2° Incontro pubblico tra pazienti, ricercatori e clinici durante il quale sono stati introdotti i recenti risultati della ricerca medica contro i carcinomi all’ovaio.

Hanno partecipato all’incontro esponenti di spicco degli istituti di ricerca italiani, i quali hanno spiegato le ultime novità nel campo della immunologia, della clinica e della ricerca biologica e farmacologica sul tumore ginecologico con il più basso tasso di sopravvivenza. Le uniche speranze per contrastare questo tumore vengono dall’impiego di terapie anti angiogeniche (come l’anticorpo contro il fattore angiogenico VEGF, Bevacizumab) che, impedendo lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni, hanno mostrato di aumentare l’efficacia delle terapie standard. Un farmaco attivo per le recidive è la trabectedina che di recente è stato utilizzato nella terapia contro il tumore ovarico: l’uso della trabectedina nella terapia dei carcinomi dell’ovaio è dovuta soprattutto a delle ricerche precliniche e cliniche condotte in Italia, presso l’Istituto di ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, l’Istituto Europeo di Oncologia e la Fondazione Istituto dei Tumori di Milano. Infatti, Raffaella Giavazzi, dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, ha eseguito degli studi utilizzando dei tumori umani dell’ovaio che crescono nel topo immunodeficiente, e proprio questi ultimi hanno aperto la strada agli studi clinici che sono stati diretti da Nicoletta Colombo dell’Istituto Europeo di Oncologia.

I dati più allarmanti, messi in evidenza nel corso del convegno, riguardano la scarsa informazione delle donne su questa patologia: la maggioranza delle donne in Italia non lo conosce o lo confonde con quello all’utero; inoltre, l’asintomaticità degli stadi iniziali della malattia porta la percentuale di sopravvivenza, nel caso in cui il tumore venga diagnosticato in una fase avanzata, al 30-50%. “L’obiettivo dell’incontro – ha spiegato Flavia Villevieille Bideri, Presidente di ACTO Onlus -, anche con il coinvolgimento delle Istituzioni competenti, è quello di informare e avvicinare le pazienti, i ricercatori, i medici e le strutture del territorio per creare un’alleanza in cui ognuno, con le proprie competenze, possa contribuire alla lotta contro questa insidiosa malattia”. “Tale mozione – ha spiegato la Sen. Emanuela Baio -, approvata all’unanimità dal Senato nel dicembre 2011, individua sei distinti impegni a carico del Governo che puntano a promuovere la conoscenza del carcinoma ovarico e a sostenere le iniziative sul territorio per favorire una diagnosi tempestiva. In particolare, viene proposta l’istituzione di una giornata dedicata al tumore dell’ovaio per far conoscere questo tipo di patologia alla popolazione femminile. Un secondo impegno chiesto al Governo riguarda, invece, la promozione di un programma di prevenzione e di informazione di tale neoplasia al fine di sensibilizzare le donne ad effettuare gli esami e le visite indispensabili per l’individuazione precoce del tumore”.

Caterina Stabile

Da uno studio emerge che bere caffè aumenta la longevità

Una notizia decisamente confortante giunge a tutti gli amanti del caffè: bere caffè, da quanto emerge da uno studio, aumenta la longevità, riducendo del 10% il rischio di morte per cause comuni. Questa la scoperta emersa da una ricerca condotta dal US National Cancer Institute (NCI), diretta dal dottor Neal Freedman e pubblicata su “New England Journal of Medicine”. La squadra di lavoro del NCI ha analizzato un campione di 40.000 persone, maschi e femmine, dai 50 ai 71 anni, consumatori sia di caffè normale che decaffeinato. Gli studiosi hanno considerato alcune voci quali: lo stato di salute, l’incidenza di malattie comuni come diabete, disturbi respiratori o cardiovascolari, ictus, infezioni, e la lunghezza della vita.

La conclusione alla quale sono giunti è: chi consumava almeno tre tazze di caffè al giorno vedeva ridotto il rischio di morte per cause comuni, fino al 10% rispetto a chi non aveva tale abitudine. Gli esperti, comunque, hanno precisato che tale effetto salutare può essere legato a qualche antiossidanti tra i molti presenti nella bevanda. Gli esperti inoltre ribadiscono delle precisazioni: è emersa una differenza di genere all’interno del campione, infatti, gli uomini che bevevano caffè mostravano una lieve riduzione del rischio di cancro, cosa non registrata per le donne.

Si è evidenziato, inoltre, dallo stesso studio un legame dipendente tra caffè e fumo: i maggiori consumatori del caffè erano anche i maggiori fumatori. Gli stessi studiosi fanno notare come il fumo sia una delle principali cause di morte, ma in questo caso hanno verificato che la bevanda riusciva a limitare la morte prematura. I ricercatori hanno sottolineato anche i possibili limiti del loro metodo di analisi come ha avuto modo di spiegare lo stesso Freedman: “Il nostro è uno studio osservazionale. Ciò significa che abbiamo semplicemente chiesto alla gente quanto caffè beveva e li abbiamo seguiti. Ma bere caffè è solo una delle cose che fanno in tanti. Il caffè è associato con molti differenti comportamenti. Quindi non sappiamo cosa altro potrebbe essere che interessa questa associazione”.

Caterina Stabile

L’elisir della vita: due ore di corsa a settimana regalano sei anni in più

Correre regolarmente per due ore a settimana allunga di sei anni la vita. La conferma di tale dato giunge da uno studio condotto dai ricercatori della Bispebjerg University Hospital di Copenhagen. I risultati ottenuti dalla ricerca sono stati esposti durante il meeting dell’European Association for Cardiovascular Prevention. I ricercatori hanno evidenziato l’esistenza di un legame diretto tra la durata della vita e la pratica costante della corsa. Per verificare i benefici del jogging sull’aspettativa di vita lo studio ha previsto un lungo monitoraggio di circa 35 anni condotto su un campione di 2000 soggetti. Si è così potuto rilevare che nei soggetti che, abitualmente, praticavano la corsa per circa due ore ogni settimana si è verificata una riduzione della mortalità pari al 44 %. Ma sono stati evidenziati ulteriori benefici derivanti da una costante pratica della corsa quali: la regolarizzazione dell’attività cardiaca e la limitata sensibilità all’insulina. I ricercatori della Bispebjerg University Hospital hanno notato, inoltre, una differenza di vantaggi tra i due sessi: sembra che gli uomini appassionati di corsa vivano 6,2 anni in più rispetto alla media, contro i 5,6 anni delle donne.

Peter Schnohr, uno degli autori della ricerca sostiene che: “La mortalità è più bassa in chi fa un’attività moderata rispetto a chi non ne fa affatto o chi invece ne fa troppa. Il ritmo ideale è quello che fa sentire leggermente senza fiato, ma non troppo. La relazione tra intensità dell’esercizio e benefici forma una tipica ‘u’, come succede ad esempio per il consumo di alcol. Quelli che ricevono il migliore beneficio dallo sport sono nella parte bassa della ‘u’, punto che equivale a un’ora-due ore e mezza di esercizio a settimana, divise in tre volte”.

Caterina Stabile