Riscaldamento globale e livello dei mari. Non solo anidride carbonica…

Scritto da:
Leonardo Debbia
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La crescita deI livello dei mari può essere contenuta anche riducendo l’immissione di altri quattro inquinanti atmosferici: metano, ozono, idrofluorocarburi e carbone (fonte: Science Daily)
La crescita del livello dei mari può essere contenuta anche riducendo l’immissione di altri quattro inquinanti atmosferici: metano, ozono, idrofluorocarburi e carbone (fonte: Science Daily)

Nella prevenzione sulla crescita del livello dei mari come conseguenza del riscaldamento globale, finora il nemico più pericoloso da combattere è stato sempre indicato nelle elevate concentrazioni di anidride carbonica dell’atmosfera terrestre.

Ora, una nuova ricerca avverte che anche una riduzione nelle emissioni di altri agenti inquinanti potrebbe contribuire non poco a rallentare la crescita del livello marino.

Lo studio, condotto in collaborazione tra lo Scripps Research Institution for Oceanography della California, il National Center for Atmospheric Research (NCAR) e il Nature Climate Change, rileva che esistono quattro inquinanti la cui riduzione potrebbe impedire il tasso di crescita del livello marino dal 25 al 50 per cento circa, se opportunamente applicata.

Sul banco degli imputati salgono, quindi, metano, ozono della troposfera, idrofluorocarburi e i fumi del carbone.

“Non è troppo tardi per evitare il pericoloso aumento del livello marino. Si potrebbero ridurre le emissioni di questi agenti inquinanti a vita breve, se non siamo in grado di ridurre drasticamente e subito le emissioni di anidride carbonica”, dice Aixue Hu, dell’ NCAR, il primo autore dello studio. “Questa nuova ricerca dimostra che la società può ridurre in modo significativo la minaccia in atto per le città costiere, a patto che ci si muova rapidamente nei confronti di queste sostanze inquinanti”.

La protezione delle coste

Il potenziale impatto dell’innalzamento degli oceani sulle aree popolate è uno dei più preoccupanti effetti dei cambiamenti climatici. Molte delle più popolose città del mondo, New York, Miami, Amsterdam, Mumbai e Tokio si trovano in zone costiere a rischio, direttamente  sul livello del mare.

Con lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari a seguito del riscaldamento crescente dell’atmosfera terrestre, incrementato dalla presenza di anidride carbonica, i livelli dei mari nell’ultimo decennio sono aumentati mediamente di circa 3 mm all’anno.

Se le temperature continuano ad aumentare – e non ci sono prove che questa tendenza venga ribaltata – si prevede per questo secolo un innalzamento dei livelli marini tra i 18 e i 59 cm, secondo una valutazione del Panel of Climate Change risalente al 2007.

E alcuni scienziati ritengono che queste stime siano anche troppo ottimistiche.

Si comprende benissimo che l’aumento prospettato potrebbe sommergere le comunità costiere densamente popolate, in particolare durante eventuali mareggiate.

Nonostante i rischi ventilati dagli scienziati, i politici dei vari Paesi non sono ancora riusciti a concordare adeguate procedure per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

E’ sufficiente ricordare il flop della conferenza di Doha dello scorso anno e l’atteggiamento degli Stati più potenti e anche più inquinanti (Stati Uniti, Cina, Russia e Giappone).

In tale ottica, il mondo scientifico si è orientato anche verso la ricerca di soluzioni alternative e si è concentrato su questi “nuovi” inquinanti, finora ignorati o comunque sottovalutati.

Le particelle di questi gas possono rimanere nell’atmosfera per un periodo abbastanza piccolo, da una settimana a dieci giorni, ma possono influenzare il clima più rapidamente della CO2, che rimane nell’atmosfera per secoli.

Precedenti ricerche condotte da studiosi dello Scripps avevano dimostrato che una drastica riduzione di questi quattro inquinanti già a partire dal 2015, nel giro di pochi decenni, entro il 2050, avrebbero compensato il riscaldamento globale di un buon 50 per cento, una percentuale considerevole.

Agendo su queste sostanze, i livelli marini – sempre secondo i due studiosi – ne avrebbero beneficiato in diminuzioni di crescita dal 22 al 42 per cento.

Claudia Tebaldi, del Climate Center, aggiunge: “Senza perdere di vista le emissioni di anidride carbonica, con il taglio su queste sostanze, si potrebbe far guadagnare tempo alle città costiere, alcune delle quali hanno già sperimentato gli effetti di mareggiate. Ovviamente, si ribadisce che l’obiettivo principale su cui focalizzare gli sforzi resta comunque l’effetto serra”.

Leonardo Debbia
10 giugno 2013