Scoperto un raro fossile di Plesiosauro del Tardo Cretaceo

Scritto da:
Leonardo Debbia
Durata:
1 minuto

I ricercatori dell’Università dell’Alabama (UA) hanno scoperto i resti fossili di un grande rettile marino, dominatore dei mari di 80 milioni di anni fa.

Il rinvenimento iniziale, fatto il 20 giugno scorso da Noah Traylor, uno studente di scuola media inferiore, durante una campagna di scavi organizzata dall’Università, è stato in seguito riconosciuto come parte di una vertebra del collo di un Elasmosauro, un rettile marino appartenente ad un sottogruppo di Plesiosauri del tardo Cretaceo.

Con il termine di “Plesiosauri” si indicano tutti gli appartenenti all’ordine dei Plesiosauria, ma nel linguaggio comune questo appellativo è solitamente riservato agli esemplari con il collo molto lungo.

Ricostruzioni di un Plesiosauro a collo lungo (a sinistra); Plesiosauro a collo corto (a destra): Trinacorecum bentonianum, genere della famiglia dei Polycotylidae.
Ricostruzioni di un Plesiosauro a collo lungo (a sinistra); Plesiosauro a collo corto (a destra): Trinacorecum bentonianum, genere della famiglia dei Polycotylidae.

I Plesiosauri Elasmosauridi costituiscono una famiglia di rettili acquatici, riconoscibili, oltre che per le enormi dimensioni del corpo – alcuni esemplari raggiungevano i 14 metri di lunghezza per due tonnellate di peso – anche per l’unico genere, Elasmosaurus, sicuramente rappresentativo del gruppo, con le sue 70 vertebre cervicali, il numero più alto di vertebre di ogni altro animale conosciuto.

A causa dei loro colli lunghissimi e delle teste piccole, dal punto di vista tassonomico furono riconosciuti come uno dei due rami principali in cui i Plesiosauri si erano divisi all’inizio del Cretaceo superiore, mentre gli appartenenti all’altro ramo, rappresentato dalla famiglia Polycotylidae, avevano colli più corti e teste allungate.

E’ bene evidenziare che questa classificazione non è accettata da tutti i paleontologi, trattandosi  probabilmente di una semplificazione estrema, ed è a tutt’oggi materia di discussione.

“Fanno pensare al mostro di Loch Ness”, si è espresso in proposito il dr Dana Ehret, paleontologo del Museo dell’Università dell’Alabama.

I Plesiosauri si estinsero alla fine del Cretaceo, 65.500 anni fa, e sono piuttosto rari nella documentazione fossile, almeno per quanto riguarda l’Alabama.

“Questo è solo il secondo esemplare di Elasmosaurus di cui si siano trovate uno o due ossa”, ha affermato Ehret.

Il primo esemplare, di cui si contano ben 22 vertebre, fu trovato alla fine del 1960 e ora fa parte delle raccolte collezionate e curate dall’UA.

Questa seconda scoperta, per importanza, sembra comunque potersi ben paragonare alla prima:

a tutt’oggi, è stato possibile recuperare infatti, 15 grandi vertebre, alcune pinne ossee e molti frammenti di altre ossa.

Ma uno scavo più esteso è tuttora in corso ed Ehret spera di poter completare l’intero scheletro.

“Troviamo un gran numero di fossili qui, ma si tratta di materiale più comune. Questo è un macropredatore che di norma non si trova in Alabama”, ha puntualizzato Ehret, con malcelata soddisfazione. “E’ davvero interessante, perché ci offre un quadro più ampio di quel che accadeva in Alabama in quei tempi remoti”.

Altra novità è che lo scheletro non è stato rinvenuto vicino all’acqua, come si potrebbe supporre. Secondo Ehret, nel tardo Cretaceo le temperature erano molto più calde delle attuali e, di conseguenza, il livello dei mari era certamente più elevato e raggiungeva quindi questa zona, molto distante dalla linea di costa attuale.

L’esemplare è stato trovato, infatti, in una piccola cava di un’area rurale nella contea di Greene, una regione comunemente chiamata “Black Belt”, quella parte del Sud degli Stati Uniti che si estende dal centro dell’Alabama fino al Nordest del Mississippi, caratterizzata dalla massiccia presenza, nel 19° secolo, di nativi africani “importati” come schiavi per lavorare duramente nelle piantagioni e che coincide con la linea di costa del Golfo del Messico nel tardo Cretaceo.

Estensione della “Black Belt” dal punto di vista sociologico (da Wikipedia).

La copertura sedimentaria che si trova in questa regione è data da calcari fini, composti eterogenei di organismi microscopici estinti, ed è estremamente ricca di nutrienti, il che rende il suolo ideale per l’agricoltura.

La scoperta dei resti del Plesiosauro è stata fatta durante la campagna di scavo numero 35 del Museo di Storia Naturale dell’Università dell’Alabama, guidata da Randy Mecredy, direttore del Museo stesso. La campagna faceva parte di un programma estivo aperto agli studenti delle scuole medie inferiori e superiori.

Oltre a Ehret, erano stati interessati allo scavo altri studenti, il dr. Takeito “Ike” Ikejiri, del Dipartimento di Scienze Geologiche e il dr Prescott Atkinson, entrambi dell’UA, nonchè personale del Museo e un gruppo di studenti di Geologia.

Mappa della linea di costa del tardo Cretaceo, 85 milioni di anni fa. (fonte: Paleogeographic and Geologic Evolution of North America).

I resti, dopo essere stati estratti dal calcare della cava, sono stati misurati, quindi rimossi dal sito e trasportati al Museo dell’Università.

In laboratorio, le ossa sono poi state lavate e ripulite dai sedimenti e per qualcuna si è reso necessario – a detta dello stesso Ehret – l’uso di diversi attrezzi per rimuovere le incrostazioni calcaree, tanto erano rimaste saldamente attaccate come un unico blocco.

Ci vorranno ancora parecchie settimane per restaurare adeguatamente le ossa più sottili andate frantumate, assicurandole con un apposito cemento in modo che non vadano in pezzi.

Una volta terminato il lavoro, il fossile verrà esposto nella Smith Hall della UA.

“Dal punto di vista della ricerca, si tratta di un’importante scoperta. Poter disporre di molti pezzi permette di fare una analisi comparativa molto accurata” ha detto Mercredy.

 “Ma importante è stato anche – ha tenuto a sottolineare lo studioso – avere studenti  medi e delle suole superiori che hanno partecipato a questo studio, un’esperienza  che può spingere qualcuno di loro ad approfondire gli aspetti scientifici correlati alla ricerca”.

Leonardo Debbia
27 luglio 2013