Il Pantano Leone, da fogna a cielo aperto a riserva

Scritto da:
Giovanni Critti
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Per anni la gente del posto ha chiamato questa zona “acqui fitusi” (acque puzzolenti) e non a caso. Il Pantano Leone, infatti, uno specchio d’acqua artificiale nei pressi di Campobello di Mazara in provincia di Trapani, è nato quando il comune di Campobello, nel 1977, iniziò a convogliare le acque degli scarichi cittadini in questa depressione naturale del terreno. Le acque reflue hanno, per anni, alimentato tale depressione, formando nel tempo uno stagno che si estende per circa sei ettari e raggiunge nei periodi di piena una profondità di quasi due metri.

All’inizio non vi era nulla, solo una grande fogna a cielo aperto, ma la natura sa come riprendersi i suoi spazi e, così, spontaneamente cominciò a crescere la prima vegetazione, in particolare i canneti. Queste piante che crescono intorno ai laghi o alle paludi, formano delle grandi distese chiamate “fragmiteti” ed hanno una singolare caratteristica: le radici immerse riescono a filtrare l’acqua trattenendo le sostanze contaminanti. I naturalisti ed i biologi chiamano questo processo “fitodepurazione naturale”. Nel tempo quindi le caratteristiche organolettiche delle acque del Pantano Leone cambiarono creando le condizioni perché crescesse altra vegetazione e arrivasse anche la fauna. Oggi non è difficile infatti vedere fenicotteri rosa, folaghe, marzaiole e soprattutto l’anatra marmorizzata che non veniva più avvistata in Italia dalla fine dell’ottocento e che invece da qualche anno, dopo aver svernato in Africa, torna regolarmente in questo specchio d’acqua in provincia di Trapani, tra la fine di Aprile ed i primi di Maggio.

Il Pantano Leone, che ha già ottenuto il titolo di “zona umida di interesse internazionale” secondo la convenzione Ramsar, ha tutte le carte in regola per diventare riserva naturale. Ironia della sorte, l’esistenza stessa del Pantano Leone è costantemente messa alla prova da quando, nel 2008,
Campobello di Mazara si è dotato di un nuovo depuratore comunale che, se da un lato, provvede ad una moderna depurazione delle acque reflue cittadine, dall’altro impedisce l’approvvigionamento idrico del pantano stesso poichè alla fine del processo di depurazione, scarica direttamente a mare. Il pantano non ricevendo più acqua si prosciuga, soprattutto, nei mesi estivi mettendo seriamente a rischio sia la vegetazione sia gli animali migratori.

Se si riuscisse a realizzare una condotta di risalita che porti l’acqua filtrata attraverso il depuratore, che si trova a valle, nuovamente verso il Pantano Leone si risolverebbero tre importanti problemi ambientali: da un lato si eviterebbe di scaricare acque reflue, seppur trattate, direttamente in mare, dall’altro si assicurerebbe un approvvigionamento idrico costante al Pantano Leone anche nei mesi estivi e in più le acque già trattate dal depuratore e in seguito ulteriormente filtrate dal processo di fitodepurazione naturale, avrebbero le caratteristiche per poter essere utilizzate anche per l’irrigazione”.

Giovanni Critti