Il lungo viaggio del televisore inglese

Scritto da:
Giovanni Critti
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1 minuto

E’ di questi giorni la notizia che tonnellate di rifiuti tossici, provenienti da discariche municipali della Gran Bretagna vengono regolarmente spedite in Africa, in flagrante violazione dell’obbligo che il paese s’è dato di smaltire in maniera sicura vecchi televisori, computer, congegni elettronici ed elettrodomestici dismessi.
È quanto risulta da un’indagine condotta dal quotidiano The Independent, Sky News e l’associazione ambientalista Greenpeace. Centinaia di migliaia di questi ormai ingombranti simboli di sviluppo e benessere (ogni anno, la Gran Bretagna ne scarta 940 mila tonnellate), che per legge dovrebbero essere smantellati e riciclati da ditte specializzate, vengono messi in container e spediti in nazioni africane, quali Nigeria e Ghana. Qui non sono consegnati a ditte specializzate nella gestione di rifiuti pericolosi, ma abbandonati in immense discariche. Discariche che sono il “posto di lavoro” di migliaia di ragazzi e bambini, che sbarcano il lunario nel recuperare da questi oggetti le parti metalliche, per rivenderle sul mercato locale.
Gli autori dell’inchiesta, dopo aver installato un dispositivo di navigazione satellitare (Gps) in un televisore rotto, hanno portato l’apparecchio presso il servizio di riciclo di Basingstoke, gestito dal consiglio di amministrazione della contea di Hampshire.
L’azienda di riciclo, la BJ Electronics, invece di smantellare la tv in Gran Bretagna (o almeno in Europa, come vorrebbe il regolamento europeo), l’ha esportata. Grazie al sistema Gps, hanno potuto seguire il lungo viaggio del televisore. Un viaggio che ha dell’inverosimile. Il televisore, acquistato da un rivenditore di elettrodomestici usati di Londra, è stato messo in un container, portato al porto di Tilbury (Essex), caricato su una nave diretta a Lagos (dove ogni giorno giungono circa 15 container pieni di apparecchiature elettroniche usate provenienti dall’Europa e dall’Asia) e rimesso in vendita nel mercato di elettronici di Alaba, un quartiere della città nigeriana.
Ovviamente, non tutte le apparecchiature spedite via container in Nigeria sono riparabili. Oltre un terzo di esse è degno soltanto di una discarica, facilmente reperibile alla periferia di una qualsiasi grande città del paese. Pertanto, il cosiddetto “mercato dell’usato” si rivela un ottimo metodo di smaltimento dei rifiuti tossici.
Martin Hojsik, di Greenpeace, ha commentato: «Le aziende britanniche possono fermare questo traffico illegale di sostanze tossiche soltanto facendo in modo che i loro prodotti non contengano componenti pericolosi. È importante che sia le imprese sia il governo si assumano la piena responsabilità di un riciclaggio controllato e sicuro di ciò che viene prodotto nel paese e pongano fine a questa nefasta tendenza di scaricare i nostri rifiuti all’estero. Evitando così che giovani lavoratori – spesso bambini – continuino a essere esposti a pericolosi cocktail di sostanze nocive per la loro salute».
E dove finiscono i nostri apparecchi tecnologici? Ce lo siamo mai chiesto? Sono convinto che facciano la stessa fine. La nostra tanto declamata civiltà, non solo ha sfruttato in passato, e continua a farlo tuttora, gli esseri umani e le risorse naturali del continente nero, ma usa MamaAfrica come la discarica dei nostri residui tossici.

Giovanni Critti