Il cervello dei Neanderthal: più istinto e meno socializzazione

Scritto da:
Leonardo Debbia
Durata:
1 minuto
 A sinistra: Cranio di Neanderthal (La Ferrassie); a destra: cranio di Cro-Magnon (primo moderno)   (fonte: Musée de l’Homme, Paris)
A sinistra: Cranio di Neanderthal (La Ferrassie); a destra: cranio di Cro-Magnon (primo moderno)
(fonte: Musée de l’Homme, Paris)

Secondo una recente ricerca congiunta dell’Università di Oxford e del Museo di Storia Naturale di Londra, il cervello degli uomini di Neanderthal si era adattato per avere una visione migliore dell’ambiente circostante e per coordinare al meglio la robusta massa corporea.

Non solo il cervello dei Neandertaliani era di dimensioni più grandi di quello degli esseri umani moderni loro contemporanei, ma dalle ultime analisi dei dati fossili ne è scaturita anche una struttura cerebrale alquanto diversa.

Lo studio è stato condotto da Eiluned Pearce e dal professor Robin Dunbar, dell’Università di Oxford, e dal professor Chris Stringer, del Museo di Storia Naturale di Londra.

I risultati sono stati pubblicati nella versione on line della rivista Proceedings of the Royal Society B.  

  Per valutare meglio le dimensioni e l’organizzazione del cervello dei Neanderthal, gli studiosi hanno confrontato i crani di 32 esseri umani anatomicamente moderni e di 13 Neandertaliani, datati tra i 75mila e i 27mila anni, provenienti sia dall’Europa che dal Vicino Oriente.

Nel confronto, si è potuto osservare chiaramente che i Neanderthal avevano orbite molto più grandi degli esseri umani moderni e, conseguentemente, si è supposto che anche gli occhi dovessero essere più grandi.

I ricercatori hanno calcolato le dimensioni standard dei cervelli in relazione alla massa corporea e all’elaborazione visiva e, una volta prese in considerazione le relative differenze, sono stati in gradi di confrontare anche la quantità di cervello che rimaneva a disposizione per svolgere altre funzioni cognitive.

E’ opportuno ricordare che la capacità cranica media di un uomo attuale si aggira attorno ai 1350 cc, ovviamente una misura media, tenendo conto delle variazioni legate al sesso, all’età e ai gruppi etnici viventi.

Dal punto di vista evolutivo, le dimensioni del cranio – e con questo la massa cerebrale – sono cresciute in grandezza dai 415-520 cc degli Australopiteci ai circa 1000-1100 cc di Homo erectus, per raggiungere i 1520 e oltre dell’Homo Neanderthalensis, limitandosi invece ai circa 1350-1400 dei Sapiens.

Il cranio dei Neandertaliani era quindi più grande anche del nostro. Di forma allungata, a base cranica piatta, con toro sopraorbitale prominente, marcata protuberanza occipitale, ha pecularietà probabilmente legate alla rigidezza dell’ambiente.

Ma a cosa serviva un cervello più grande?

Gli studiosi britannici hanno ritenuto che grandi aree del cervello dei Neanderthal, confrontato con il cervello umano moderno, fossero deputate alla visione e al movimento e questi caratteri avrebbero ridotto il resto della massa cerebrale a scapito dei livelli di pensiero più elevato, richiesto, ad esempio, per relazionarsi in grandi gruppi sociali.

A quale scopo, ci si chiederà, favorire allora le caratteristiche fisiche?

Precedenti ricerche da parte degli stessi scienziati avevano dimostrato che gli esseri umani moderni che vivono a latitudini più elevate hanno sviluppato nel cervello aree per una più ampia visione allo scopo di far fronte ai bassi livelli di luce. Quest’ultimo studio tiene conto di questa ricerca e suggerisce che probabilmente i Neanderthal avevano occhi più grandi degli esseri umani loro contemporanei  perché si erano evoluti, adattandosi all’ambiente, mentre gli esseri umani loro contemporanei, emigrati più tardi dalle più basse latitudini dell’Africa, non avevano ancora acquisito questo carattere evolutivo.

“Dal momento che gli uomini di Neanderthal si erano evoluti a latitudini elevate e avevano anche corpi più massicci dei Sapiens, una parte più ampia del loro cervello sarebbe stata deputata alla visione ed al controllo del corpo, lasciando una minor porzione di cervello per altre funzioni, quali la comunicazione sociale”, spiega l’autore principale Eiluned Pearce, dell’Istituto di Antropologia Cognitiva ed Evolutiva presso l’Università di Oxford.

Ma allora il cervello dei Neanderthal era più voluminoso solo come adattamento ambientale o era anche indice di maggior intelligenza?

Gli scienziati ritengono che il cervello umano non è il risultato evolutivo di un semplice cambiamento della massa encefalica, ma è piuttosto il risultato di una maggiore connettività tra le cellule nervose.

A tal proposito il professor Dunbar si era già espresso in precedenza asserendo che l’intelligenza è un prodotto della vita sociale in grandi gruppi. Per vivere in società, si sono dovute sviluppare capacità superiori, quali la comprensione delle intenzioni e delle emozioni dell’altro, un processo evolutivo non breve, che ha richiesto decine di migliaia di anni per compiersi.

Dunbar aggiunge quindi: ”Avere meno cervello a disposizione per gestire il mondo sociale deve aver avuto profonde implicazioni per l’uomo di Neanderthal, per la capacità di mantenere rapporti commerciali estesi con altri gruppi. Questo è anche probabile che abbia portato i Neanderthal ad avere una cultura materiale meno sviluppata, che può averli esposti molto più degli esseri umani moderni alle sfide ecologiche delle ere glaciali”.

“Organizzati in piccoli gruppi sociali”- osserva Dunbar – “i Neanderthal sarebbero stati meno in grado di far fronte alle difficoltà dell’ambiente perché più isolati, con meno alleati che avrebbero potuto aiutarli nei momenti del bisogno. Nel complesso, le differenze di organizzazione del cervello e della cognizione sociale possono anche spiegare perché i Neanderthal si siano estinti, mentre gli esseri umani moderni sono sopravvissuti”.

“I grandi cervelli dei Neanderthal sono stati fonte di dibattito a partire dalle prime scoperte fossili di questo gruppo, ma ogni idea reale sulla “qualità” del loro cervello è stata molto problematica”, dice Chris Stringer, ricercatore delle Origini Umane presso il Museo di Storia Naturale e co-autore dello studio. “Quindi la discussione si è incentrata sulla loro cultura materiale e sul presunto stile di vita come segni indiretti del livello di complessità del loro cervello in confronto con il nostro”.

“Il nostro studio fornisce un apporto più diretto per valutare quanto del loro cervello è stato  allocato alle funzioni cognitive, compresa la regolazione del gruppo sociale; una dimensione inferiore per questo secondo scopo avrebbe avuto conseguenze per il loro livello di complessità sociale e la loro capacità di creare, conservare e costruire innovazioni”.

Il rapporto tra le dimensioni assolute del cervello e le capacità cognitive superiori è stata a lungo controversa e questo nuovo studio potrebbe spiegare perché la cultura Neanderthal si presenta meno sviluppata di quella dei primi esseri umani moderni, per esempio in relazione al simbolismo, alla decorazione e all’arte.          

Leonardo Debbia
28 marzo 2013