Giardini verticali e sostenibilità ambientale

Scritto da:
Massimo Gigliotti
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1 minuto

Nell’ultimo decennio si è distinta una tipologia di architettura eco-sostenibile e naturale: i giardini verticali o muro vegetale. L’idea di Patrick Blanc, botanico francese e appassionato di piante tropicali, ha raggiunto il successo nel 2006 con la realizzazione, assieme all’architetto Jean Nouvel, del giardino verticale sulla facciata del Musée du Quai Branly -Museo di arti primitive non occidentali- nel cuore di Parigi, a due passi dalla Tour Eiffel. Blanc ha realizzato i suoi progetti in tutta Europa e nel Mondo, e ad oggi diversi progettisti hanno attuato opere verdi grazie al suo brevetto. Noi italiani non siamo da meno, anzi!

Il giardino verticale realizzato sulla facciata del centro commerciale Fiordaliso di Rozzano, alle porte di Milano, è stato riconosciuto dal Guinness World Record come il più esteso al mondo. Questo muro vegetale ha una superficie di quasi 1.263 metri quadri e ospita 44.000 piante di oltre 200 essenze, lungo un’altezza di otto metri. Il nuovo record batte il precedente detenuto dalla Caixa Forum di Madrid, anch’essa opera di Patrick Blanc e degli architetti Herzog & de Meuron.

Il progetto di Rozzano è dell’architetto Francesco Bollani e del gruppo Sviluppo & C. Le piante sono rette da piccole cassette metalliche assemblabili in modo da facilitarne la manutenzione. La parete è irrigata da un impianto che raggiunge ogni cassetta ed è alimentato da acqua piovana raccolta da cisterne interrate.

Oltre alla struttura metallica, i giardini verticali sono costituiti da un telo di PVC che otre ad aumentare la rigidezza della struttura, la rende impermeabile; sopra a questo uno strato di cartonfletro garantisce la distribuzione uniforme dell’acqua su tutta la superficie. Le piante non avranno bisogno di terreno di crescita. Ma in fatto di sostenibilità, quanto può essere valido un progetto del genere?

Oltre ad avere un forte impatto estetico perlopiù positivo, i giardini verticali introducono essenze vegetali nelle città dove manca spazio orizzontale. La sue funzioni utili sono molteplici e vanno dall’assorbimento di CO2 e filtrazione e depurazione dell’aria delle polveri inquinanti, alla valorizzazione degli edifici e alla psicologia che può indurre la visione del verde.

Dal punto di vista naturale però è fortemente sbagliato pensare che inverdire i muri possa essere una soluzione alla cementificazione. Un progettista può pensare che la sua funzione si equivalga a quella di un bosco, ma quest’ultimo, e nemmeno un semplice prato, non è solo uno scambio chimico di ossigeno con anidride carbonica. Esistono complicati equilibri energetici di ecosistema che non possono reggere in un contesto architettonico.

La speranza è che progetti di questo tipo possano aprire la strada alla sensibilità naturale che si è persa nelle città e nei cittadini. Il mondo naturale esterno non si riduce a spiagge e mare, baite e sci, funghi e castagne; è anche necessaria una consapevolezza dell’importanza del mantenimento di aree naturali in quanto tali, senza sfruttamento antropico, nemmeno di tipo turistico.

In progetti green come in quello delle pareti vegetali, troppo spesso la tendenza dei progettisti è quella di utilizzare il materiale vegetale come un arredo scordando di avere di fronte un sistema vivente; è positivo che architettura ed economia si stiano evolvendo verso un’ottica sostenibile ma l’importante è ricordare che il vero mondo naturale è fuori dalle città e nulla lo potrà mai sostituire.

Massimo Gigliotti
28 ottobre 2012