È grazie all’ossigeno, se abbiamo un’atmosfera adatta a noi?

Scritto da:
Leonardo Debbia
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Niente è più importante dell’ossigeno, per lo sviluppo della vita animale. L’ossigeno permette le reazioni chimiche che gli animali utilizzano per trarre energia dai carboidrati immagazzinati con il cibo.

Così, potrebbe essere un caso che gli animali siano comparsi e si siano evoluti  nel corso della ‘esplosione Cambriana’, il grande evento che coincise con un picco di ossigeno nell’atmosfera terrestre, circa 500 milioni di anni fa. Ma forse, no.
Nelle piante verdi la fotosintesi separa l’anidride carbonica in carbonio, che finisce immagazzinato nei carboidrati, e ossigeno molecolare (O2), che viene immesso poi nell’atmosfera.

Scisto nero, formatosi 450 milioni di anni fa contenente fossili di trilobiti e altro materiale organico che, togliendo il carbonio dalla superficie terrestre, ha contribuito all’incremento di ossigeno nell’atmosfera (credit: Jon Husson e Shanan Peters / UW-Madison)

Ma 500 milioni di anni fa, la fotosintesi non era un processo nuovo. Aveva già fatto la sua comparsa attorno ai 2,5 miliardi di anni.

Allora, come si spiega questo picco improvviso di ossigeno durante il Cambriano?

Uno studio, che sarà pubblicato nel mese di febbraio sulla rivista on line Earth and Planetary Science Letters, collega questo aumento di ossigeno ad un incremento del seppellimento nel suolo di sedimenti contenenti grandi quantità di materia organica ricca di carbonio.

La causa, secondo Shanan Peters, professore di Geologia presso l’Università del Wisconsin-Madison e co-autore dello studio, fu questo seppellimento di sedimenti a bloccare l’ossidazione del carbonio.

Se non si verifica l’interramento, la reazione di ossidazione del carbonio permette al materiale vegetale morto e abbandonato sulla superficie terrestre di poter prendere fuoco e lasciare che il carbonio contenuto vada a legarsi con l’ossigeno atmosferico per formare anidride carbonica.

Per permettere che l’ossigeno aumenti nell’atmosfera, la vegetazione in disfacimento deve quindi essere protetta dall’ossidazione.

Questa protezione è stata sicuramente assicurata dal seppellimento della materia organica – materia prima per carbone, petrolio e gas naturale – avvenuto attraverso processi geologici.

 

Per verificare queste reazioni, Peters e il collega Jon Husson sono ricorsi all’ausilio di Macrostrat, un database ‘unico’, consistente in una raccolta enciclopedica di informazioni geologiche sul Nord America, cui Peters si è dedicato per dieci anni.

La comparazione tra il grafico del contenuto di ossigeno nell’atmosfera e il grafico sul seppellimento di sedimenti organici, desunto dalla formazione delle rocce sedimentarie, indica l’esistenza di un rapporto tra ossigeno e sedimenti ed entrambi i grafici mostrano un picco più basso sui 2,3 miliardi di anni fa e uno più alto attorno ai 500 milioni di anni fa.

“Esiste una correlazione. Sono intercorsi collegamenti fisico-chimici tra l’evoluzione geologica e l’aumento dell’ossigeno nell’atmosfera”, dice Husson. “I sedimenti contenevano materiale organico formatosi dalla fotosintesi, che ha convertito l’anidride carbonica in biomassa e rilasciato ossigeno nell’atmosfera. Il seppellimento ha rimosso il carbonio dalla superficie terrestre, impedendogli così di legarsi all’ossigeno atmosferico”.

Alcuni picchi sulla curva del seppellimento dei sedimenti, identificati da Peters e Husson, coincidono con la formazione di vasti giacimenti di combustibili fossili, che si estraggono tuttora, quali il Bacino Permiano in Texas, ricco di petrolio, e i campi di carbone degli Appalachi, in Pennsylvania.

“Il seppellimento di sedimenti, divenuti poi combustibili fossili, è stato la chiave per il successo della vita animale sulla Terra”, spiega Peters, sottolineando che la vita pluricellulare si formò, per la maggior parte, nel Cambriano.

Oggi, bruciando miliardi di tonnellate di carbonio immagazzinato nei combustibili fossili, si sottrae grandi quantità di ossigeno all’atmosfera, invertendo il processo che ne aveva consentito l’aumento.

Così, nella nostra atmosfera, il livello di ossigeno diminuisce, mentre la concentrazione di anidride carbonica cresce.

Tornando ai due grafici, è opportuno evidenziare che questi sono riferiti al solo Nord America, mentre mancano ancora i database completi per il restante 80 per cento delle terre emerse.

Sulla causa geologica che ha accelerato il deposito di sedimenti espressi dai due picchi di ossigeno, non si possono azzardare ipotesi. Al momento, rimane un mistero.

“Si potrebbe ipotizzarne l’attribuzione a cambiamenti profondi nel movimento delle placche tettoniche o nelle correnti convettive del calore nel mantello, ma una spiegazione certa non l’abbiamo ancora”, ammette Husson.

Dinanzi ad un campione di scisto con incluse trilobiti dell’Ordoviciano, di  450 milioni di anni fa, Peters si domanda: “Perché c’è ossigeno nell’atmosfera? La risposta ufficiale che viene data è: ‘la fotosintesi’. La nascita dell’ossigeno presuppone, tuttavia, che si siano formate rocce come questo scisto nero, che può essere abbastanza ricco di carbonio per bruciare ancora.

Il carbonio organico in questo scisto è stato fissato dall’atmosfera attraverso la fotosintesi, ma è attraverso il suo seppellimento e la conservazione in questa roccia che si è potuto liberare ossigeno molecolare”.

Secondo Husson, la peculiarità dello studio è aver verificato, con l’aiuto del database Macrostrat, l’ipotesi della necessità del seppellimento continuo di carbonio per mantenere l’atmosfera ricca di ossigeno.

“Molti processi sulla superficie terrestre”- afferma Husson – “quali l’ossidazione del ferro (la ruggine) sottraggono ossigeno libero. L’escamotage per avere più ossigeno nell’atmosfera sarebbe rimuovere una piccola porzione di ossigeno dalla biomassa e immagazzinarlo in depositi sedimentari. Questo è quello che è accaduto in passato quando sono nati i combustibili fossili”.

 

Leonardo Debbia