Danni ormonali e rischio di degradazione cellulare nelle sostanze presenti nei capi di abbigliamento di 20 brand famosi

Scritto da:
Giulia Orlando
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Attivisti Greenpeace davanti una sede della multinazionale Zara. Immergono tessuti normali all’interno di sostanze chimiche dannose per dimostrare ciò che si sta acquistando.

Lanciata da Pechino la denuncia di Greenpeace ai grandi marchi dell’abbigliamento. Secondo il rapporto della Associazione ambientalista i capi di abbigliamento che sono stati indossati contengono  nonilfenoli etossilati (NPE), sostanze che una volta rilasciate nell’ambiente, possono di nuovo  venire degradate in alchifenoli (AP), che sono tossici,, persistenti e bioaccumulabili per gli organismi acquatici.

I nonilfenoli etossilati vengono utilizzati nell’industria tessile, da qui la ricerca di Greenpeace che ha esaminato i capi di abbigliamento di 20 brand famosi.

Le analisi chimiche effettuate rilevano che tutti i brand presentano alcuni capi con presenza di NPE, i cui rischi sulla salute umana sono ancora in fase di studio ma, al momento, sufficientemente significativi da destare preoccupazione.

La valutazione dei rischi effettuata dalla Unione Europea  ha evidenziato pericoli significativi sia per il terreno, che per l’ambiente acquatico, che per gli organismi più complessi. Il pericolo evidenziato è quello di avvelenamento secondario, ovvero dovuto all’accumulo tramite la catena alimentare, mentre i rischi per l’uomo derivanti dalla esposizione diretta sono ancora in fase di studio alla commissione Ecotossicità ed Ambiente dell’UE, in quanto mancano ancora dati sufficienti per fare una valutazione certa.

Il rischio principale, si legge nel rapporto di Greenpeace, riguarda l’attività estrogenica, ovvero la capacità di imitare gli ormoni estrogeni naturali, cosa che potrebbe portare ad una alterazione dello sviluppo sessuale. Di tale alterazione, è noto un l’esempio di “femminizzazione” dei pesci rilevato dallo studio di Joblin et al. condotto nel 1995-96 e che nel 2002 hanno pubblicato ulteriori studi che collegano questo  anomalo sviluppo sessuale alla variazione significativa della fertilità dei pesci nei fiumi del Regno Unito

I pericoli più direttamente collegabili alla salute umana, vengono dallo studio di Chitra et al del 2002 che descrive effetti sulla funzione spermatica dei mammiferi, e dallo studio di Harreus et al. Del 2002, che descrive danni nel DNA dei linfociti umani.

Giulia Orlando
25 novembre 2012