Cambiamenti climatici in Groenlandia tra ghiaccio e oceano

Scritto da:
Leonardo Debbia
Durata:
1 minuto

Negli ultimi due decenni la perdita di ghiaccio della calotta glaciale che copre la Groenlandia è aumentata di quattro volte e contribuisce per un quarto al complessivo aumento di livello globale del mare.

Tuttavia, la catena di eventi e di processi fisici responsabili di questo scioglimento non è ancora stata completamente messa in luce.

Un probabile innesco dell’aumento di velocità nella ritirata dei ghiacciai interessati da questa perdita di ghiaccio va ricercata sicuramente nel riscaldamento dell’oceano.

Fusione della calotta glaciale in Groenlandia conseguente all’azione                            combinata dell’ oceano e del riscaldamento atmosferico         (credit: Fiamma Straneo, Woods Hole Oceanographic Institution)
Fusione della calotta glaciale in Groenlandia conseguente all’azione combinata dell’ oceano e del riscaldamento atmosferico
(credit: Fiamma Straneo, Woods Hole Oceanographic Institution)

Un recente studio statunitense, condotto dagli oceanografi fisici Fiamma Straneo, del Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI) e Patrick Heimbach, ricercatore del Massachusetts Institute of Technology (MIT), e pubblicato su Nature, spiega che, sulla Groenlandia, gli scienziati hanno approfondito le conoscenze solo grazie agli studi condotti negli ultimi vent’anni.

La calotta della Groenlandia è una enorme copertura di ghiaccio di due miglia di spessore, estesa su una superficie di 1,7 milioni di chilometri quadrati. I margini della massa ghiacciata raggiungono i fiordi della costa, che sono profondi 600 metri, ponendo così il ghiaccio a diretto contatto con l’oceano Atlantico.

Attualmente, le acque che bagnano le coste della Groenlandia meridionale hanno raggiunto le temperature più calde in assoluto degli ultimi 100 anni, riscaldamento dovuto sia alla variabilità naturale del clima che ai cambiamenti climatici indotti dall’uomo.

Stando ai modelli climatici, pare che queste acque tendano a divenire sempre più calde, e quindi è importante capire se questo riscaldamento abbia contribuito alla perdita di ghiaccio della calotta glaciale della Groenlandia e come possa causare, in futuro, una perdita ancora maggiore.

Lo studio descrive i meccanismi che causano la fusione della calotta di ghiaccio e in particolare i suoi margini che si estendono nell’oceano. Questa cosiddetta “fusione sottomarina”, dato che avviene anche sotto la superficie dell’oceano, è aumentata mano a mano che l’oceano e l’atmosfera incrementavano le rispettive temperature nel corso degli ultimi due decenni.

“Una ricerca accurata lungo le coste e i fiordi della Groenlandia ha mostrato che, riscaldandosi l’Atlantico settentrionale, le acque più calde possono raggiungere i fiordi e quindi i bordi più interni della massa ghiacciata”, afferma Straneo.

La situazione, tuttavia, è più complessa di una generica constatazione che “un oceano più caldo scioglie più ghiaccio”.

Va considerato, ad esempio, un altro fattore fondamentale: la temperatura atmosferica.

Un’atmosfera più calda provoca una fusione più veloce della superficie della coltre di ghiaccio, favorendo ulteriormente la fusione sottomarina.

L’acqua di fusione superficiale percola, attraverso le crepe, nella massa ghiacciata, alimentando un fiume d’acqua dolce che si riversa nell’oceano alla base del ghiacciaio, talvolta 600 metri sotto il livello del mare.

L’acqua dolce di questo fiume si mescola con l’acqua di mare densa e salata, contribuendo così al trasferimento di calore dall’oceano al ghiaccio e generando ancor più acqua di fusione sotto la superficie del mare.

“Se si mette un cubetto di ghiaccio in un bicchiere d’acqua e nessuno lo tocca, ci vorranno alcuni minuti perché questo si sciolga”, esemplifica Straneo. “Ma se l’acqua viene rimescolata, si porta una maggiore quantità d’acqua calda a contatto dell’intera massa di ghiaccio, e il risultato sarà che il cubetto si scioglierà più rapidamente”.

“In un clima che va riscaldandosi, il riscaldamento interessa sia l’atmosfera che l’oceano” – dice Straneo – “Si tratta di un doppio intervento sul flusso sottomarino, che aumenta non solo perché il mare si sta riscaldando, ma anche perché aumenta la fusione superficiale del ghiaccio a contatto con l’oceano che, a sua volta fa aumentare ancora di più la fusione sottomarina”.

Continuando la perdita di ghiaccio in Groenlandia, aumenta la quantità d’acqua più fredda nel Nord Atlantico. Gli oceanografi sono preoccupati che questo aumento di acqua dolce negli strati superficiali dell’oceano possa agire come una sorta di ‘coltre’, impedendo, nel sistema di circolazione oceanica, il trasferimento di calore dall’oceano all’atmosfera.

Finora gli oceanografi erano più interessati agli apporti di acqua dolce che provengono dal Mar Glaciale Artico. Ma ora l’acqua fredda in eccesso della Groenlandia sta raggiungendo livelli paragonabili agli apporti artici.

“La fusione della calotta di ghiaccio in Groenlandia influenzerà non solo l’innalzamento di livello del mare ma avrà anche un impatto climatico, arrivando, con l’aggiunta di acqua dolce nel Nord Atlantico, a modificare la circolazione oceanica”, prevede Straneo.

In carenza di dati concreti di misurazione, le domande su quanto velocemente la calotta di ghiaccio possa sciogliersi e quanta massa possa andare perduta, rimangono, al momento, senza risposta.

Infatti, anche se gli oceanografi come Straneo hanno studiato il Nord Atlantico sub-polare per oltre 20 anni, sono pochi i dati storici sulle acque intorno alla Groenlandia. E questo vale anche per la copertura ghiacciata.

Prima delle osservazioni satellitari, circa 20-30 anni fa, le osservazioni dei ghiacciai erano molto scarse e gli scienziati si affidavano per lo più ad un numero limitato di documentazioni fotografiche per dedurre il ritiro dei ghiacciai nel corso del tempo.

“Abbiamo faticato a comprendere quanto le condizioni dell’oceano potessero influenzare i ghiacciai, anche perché un tempo erano pochissime le misurazioni nelle vicinanze dei ghiacciai”,

afferma Straneo. “Anche oggi abbiamo poche misurazioni effettuate nei punti in cui il ghiaccio incontra l’oceano. Esistono attrezzature apposite e sonde che attraversano il ghiaccio. Solo, si tratta di strumentazioni costose e i finanziamenti sono limitati”.

La studiosa ritiene che si debba raccogliere misure sul lungo periodo, perché “Se non cominciamo questa raccolta, ci porteremo dietro per lungo tempo le stesse domande che ci poniamo oggi”, avverte.

Iniziando ad affrontare la questione, Straneo ed il co-autore Heimbach stanno lavorando, in accordo con altri oceanografi, climatologi e glaciologi, all’allestimento di un programma idoneo, con l’obiettivo di osservazioni e registrazioni abbastanza lunghe che aiutino a prevedere come mare e cambiamenti atmosferici influenzino i ghiacciai della Groenlandia e come questi cambiamenti si ripercuotano sul clima.

Leonardo Debbia
15 febbraio 2014