Il perché della forma a “S” del cavalluccio marino

Scritto da:
Paola Nucera
Durata:
1 minuto

Ha la testa di un cavallo con il muso di un oritteropo, le spine come il pesce palla e la tasca di un canguro, gli occhi come lucertole e la coda prensile di una scimmia, il corpo blindato dello stegosauro e la possibilità di cambiare colore come un camaleonte: così può essere descritto il curioso corpo del cavalluccio marino che per secoli ha affascinato l’uomo.

I cavallucci marini, che appartengono alla famiglia dei Singnatidi insieme ai pesci ago, vivono nei fondali a praterie di Posidonie o ricchi di alghe, alle quali si ancorano tramite la coda e trascorrono la maggior parte della giornata in attesa di prede.
Il caratteristico muso tubolare, all’interno del quale sono presenti una mascella superiore e una anteriore prive di denti, agisce come una sorta di “aspirapolvere”, risucchiando piccoli crostacei, zooplancton e altri microscopici invertebrati quando questi si trovano ad una certa distanza dal pesce.
L’armatura esterna è costituita da una serie di piastre ossee che formano degli “anelli”, presenti in numero variabile tra i diversi membri del genere Hippocampus. Questa corazza, insieme alla presenza di spine, fornisce una protezione dai predatori e la rigidità che essa conferisce al corpo del cavalluccio, viene compensata da una rapidissima pinna dorsale trasparente, che battendo 20-30 volte al secondo (talmente veloce che è quasi invisibile) gli consente di “scivolare” lentamente nell’acqua senza alcuno sforzo visibile.

La caratteristica più peculiare di questo animale è senz’altro la curiosa forma a “S” che è stata recentemente spiegata da una ricerca effettuata dall’Università di Antwerp, in Belgio. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications e condotto da Sam Van Wassenbergh, ha analizzato i meccanismi di controllo motorio nella cattura delle prede dei Singnatidi, al fine di comprendere il motivo per cui questo insolito pesce si è evoluto con una testa da equino e una forma a “S”.

I cavallucci marini si sono evoluti da una forma ancestrale simile ai pesci ago, con un corpo molto più affusolato e senza curve. Sia i pesci ago che i cavallucci si nutrono di piccoli animali marini, ma a differenza della maggior parte dei pesci ago, i cavallucci non nuotano attivamente verso la preda, ma attendono “seduti” sulla vegetazione, aspettando che la loro vittima passi da li. Entrambi catturano la preda tramite una rapida torsione dorsale della testa; in questo modo, la bocca si trova in una posizione più vicina alla preda, che viene così risucchiata con la bocca grazie ad una rapida accelerazione della testa. Il movimento di cattura della preda si basa su un meccanismo di “cattura e rilascio” della testa, costituito da due fasi: nella prima, la testa si trova impedita nel movimento e l’energia elastica viene conservata nei tendini dei muscoli epassiali (i muscoli dorsali che vanno dalla testa all’estremità) e del blocco dei muscoli ipoassiali (i muscoli ventrali della cintura pettorale che si attaccano all’osso ioide); nella seconda fase, il sistema di “blocco” si interrompe improvvisamente e la testa viene catapultata verso la preda ad una velocità davvero alta. È interessante notare come i singnatidi mostrino una grande variabilità nella distanza a cui possono muovere le loro bocche.

Utilizzando i dati biomeccanici, i ricercatori hanno dimostrato che la particolare testa del cavalluccio, il suo collo e la postura del tronco permettono la cattura di piccoli invertebrati ad una distanza maggiore rispetto ai pesci ago. I risultati dei modelli matematici sono stati confermati dai dati cinematici: comparando i pesci ago dal corpo lungo e dritto con i cavallucci marini, è emerso che questi ultimi percorrono tratti più lunghi dalla bocca alla preda. Una maggiore distanza significa un volume di acqua maggiore che questi animali possono esplorare per il cibo, condizione particolarmente utile per predatori come i cavallucci marini che rimangono aggrappati con la coda e seguono la strategia del “siedi e aspetta”.

La biomeccanica della cattura della prede, quindi, fornisce un vantaggio selettivo che potrebbe spiegare la curvatura del tronco dei cavallucci. Le curve sinuose del corpo, infatti, si sarebbero evolute per aiutarli a catturare le prede e nutrirsi.
La teoria del Dr. Wassenbergh è che da una forma ancestrale di pesce ago, più simile ai comuni pesci, si sia evoluto uno stile di vita più criptico: questo cambiamento nel comportamento ha reso il cavalluccio marino un tipo di cacciatore da “siedi e aspetta” e può essere scaturito dalla necessità di catturare prede più lontane, sviluppando così una forma ad “S” del corpo da utilizzare essenzialmente per l’attacco.

Paola Nucera