Acqua e conflitti

Scritto da:
Giulia Orlando
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1 minuto

acquaComplice il cambiamento climatico ma non solo, la carenza d’acqua che si prevede nel futuro rischia di diventare una vera e propria minaccia per l’umanità.

A Cipro, i ricercatoli internazionali che studiano il problema, provenienti da 14 diverse istituzioni, hanno presentato i nuovi risultati delle ricerche riguardanti clima, acqua, conflitti e sicurezza.

Il cambiamento climatico e la sua relazione con la sicurezza dell’umanità sono al centro del Progetto CUCO,  Climate Change Hidro Conflict, il cui obiettivo è stato quello di mettere a fuoco con precisione le relazioni di causa-effetto tra il cambio del clima ed i conflitti, sociali e bellici, che hanno l’acqua come cardine fondamentale o che ne utilizzino la gestione in modo bellico.

Un ruolo importante all’interno di questo complesso quadro internazionale è di sicuro quello degli enti di Cooperazione Internazionale, che non sono stati solo oggetto di studio ma sono anch’essi fra i destinatari delle raccomandazioni e dei risultati di questa ricerca, presentati durante la conferenza finale del CUCO, a Nicosa, il 10 ed 11 dicembre.

Il progetto, finanziato dall’ Unione Europea, ha studiato le relazioni fra clima, scarsità di acqua, conflitti e Cooperazione Internazionale in 35 Paesi in diverse parti del mondo. Per l’Italia, l’oggetto di studio è stato il bacino del fiume Sarno.

I risultati dello studio forniscono gli strumenti per adottare, in futuro, le soluzioni politiche adeguate ad una maggior tutela e sicurezza delle popolazioni, proponendo anche nuove idee su politiche pubbliche e sulla gestione e strutturazione dei meccanismi  istituzionali coinvolti nella gestione del problema, a partire dalle reti di distribuzione.

Lo scopo dello studio è ampiamente illustrato proprio nei risultati presentati alla conferenza di chiusura: promuovere la sicurezza delle popolazioni anche in condizioni di instabilità climatiche, idrogeologiche, belliche e sociali e di promuovere una maggior partecipazione delle fasce più deboli delle popolazioni ai processi decisionali, per promuovere la maggior stabilità necessaria ad affrontare al meglio anche eventi climatici drammatici come siccità od inondazioni.

Giulia Orlando
17 dicembre 2012